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Fondazione Carim, tornano al comando i soci più soci degli altri

I miei “colleghi di sventura” Raffaella Balzi e Antonio Galli sono stati eliminati d’emblée dal Consiglio di Amministrazione della Fondazione Carim, mentre io – per usare una metafora calcistica – ho avuto il piccolo privilegio di venire fatto fuori nei tempi supplementari.

Il risultato finale è di un chiarezza lampante: “salvataggio” della consigliera Brighi, la sola a non aver votato “l’azione di responsabilità” nei confronti di alcuni ex amministratori di Carim, richiesta del CdA della banca; “epurazione” di tutti e tre noi reprobi che ci siamo invece macchiati dell’infamia di aver votato sì; prendendoci quella non facile responsabilità in sofferta coscienza e facendo doverosamente prevalere l’etica istituzionale sulle relazioni personali, in piena sintonia con la Presidente Linda Gemmani. La quale, per espiare la sua colpa, è ora chiamata a presiedere un CdA i cui componenti (tranne, forse, Polselli) sono notoriamente in sintonia con l’ostilità a lei costantemente manifestata dal Vicepresidente Spigolon.

Con un’altra metafora, questa volta scolastica, verrebbe da dire che, “finita la ricreazione”, in Fondazione si sia tornati alla “logica padronale” dei bei tempi andati, ben sintetizzata dall’esternazione a caldo di Richard Di Angelo, uno dei più agguerriti neo-vincitori. Vale a dire, il ritorno sulla tolda di comando di un nutrito drappello di “soci…più soci degli altri”, che magari si accapigliano volentieri fra di loro per futili motivi, ma che se c’è da far prevalere qualche “atavica prerogativa” diventano un corpo solo.

Spero che almeno la mia defenestrazione faccia venir meno a qualcuno di costoro l’assillante interrogativo che l’ha tormentato in questi quattro anni: “Ma com’è possibile che un comunista sia venuto a comandare in casa nostra?”

Nando Piccari

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