Cerca
Home > Conferenza programmatica PD > Fisco: è spremuto sempre lo stesso limone

Fisco: è spremuto sempre lo stesso limone

Con questo intervento di Alberto Ravaioli, già sindaco di Rimini, apriamo uno spazio dedicato alla Conferenza Programmatica in vista del prossimo congresso provinciale del Partito Democratico. Un forum aperto dove esprimere opinioni e soprattutto proposte, per un confronto libero e, ci auguriamo, costruttivo. 

Prendiamo questa iniziativa non in quanto “organo di partito” – per il semplice motivo che non lo siamo – ma perché continuiamo a intendere questa testata esattamente come un anno fa, quando ha aperto i battenti: “uno spazio di approfondimento e di dibattito culturale, politico e di costume, collocato nel mondo del centrosinistra riminese, laico e liberale”.

FISCO: E’ SPREMUTO SEMPRE LO STESSO LIMONE?

Si è aperta da poche settimane la campagna elettorale. Non si capisce come e dove si andrà a parare, manca una legge elettorale adeguata alla situazione del Paese Italia (che permetta la formazione di una maggioranza solida e un programma di governo adeguato) e lo scenario delle forze politiche non appare certo chiaro (coalizioni e non coalizioni), con molte incertezze per la frammentazione del quadro politico stesso.

Ma quello che appare ancora più preoccupante è la mancanza di idee e di un programma chiaro e comprensibile per la guida del Paese.
In questa stagione in cui il PD e il suo Segretario, Matteo Renzi, hanno aperto il dibattito convocando una Conferenza Programmatica da tenersi nel mese di Ottobre, apro anche io a Rimini questo dibattito sulle idee, per vedere di discutere e mettere sul tavolo un progetto per il nostro Paese.
E nel farlo partirò da un argomento scottante e insidioso: il fisco.

Esaminerò per prima cosa i risultati della lotta all’evasione fiscale, recentemente comunicati dal Ministro Pier Carlo Padoan e alla Direttrice della Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi.

In maniera provocatoria ho titolato: E’ SPREMUTO SEMPRE LO STESSO LIMONE?

Parliamo dei 19 miliardi di recupero di evasione fiscale nel 2016 , un record rispetto agli anni passati. Ma come ha ben sottolineato Il Foglio, il 72% per cento della cifra, circa 14 miliardi, derivano da saldi di errori o dimenticanze dei contribuenti. Come a dire che la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione (che è un gran bene) ha portato i suoi frutti, permettendo un incrocio dei dati e quindi un recupero così importante… forse anche con poca fatica. Modelli precompilati, digitalizzazione, il limone da spremere però è sempre lo stesso. Se poi si aggiungono i 4.1 miliardi arrivati dalla cosiddetta voluntary disclosure (la “collaborazione volontaria” nel far rientrare i capitali dall’estero, Svizzera in testa e San Marino compresa) il cerchio si chiude. In definitiva, scarsissimo il contributo dei grandi evasori o degli sconosciuti al fisco.

Eppure sono anni che sentiamo dire che in Italia l’evasione e il sommerso ammontano a circa 110 miliardi di euro; addirittura qualcuno arriva a 190 miliardi, che diventano oltre 211 se ci mettiamo anche attività illegali come prostituzione e contrabbando.
Ma se in tanti anni che lo affermiamo, ma non raggiungiamo risultati riguardevoli sulla grande evasione, mentre per recuperare risorse spremiamo sempre lo stesso limone, qualche ragione ci sarà.

Provo a ipotizzarle e illustrarle :
1° – Il popolo italiano è industrioso e fantasioso. I piccoli operatori ( artigiani, commercianti, operatori dei servizi ecc.) non reggono più questo sistema fiscale così esoso; se emergessero con i loro introiti reali sarebbero costretti a chiudere o a lavorare in perdita. Ecco allora il lavoro in nero, che secondo gli ultimi dati della CGIA di Mestre coinvolge oltre 3 milioni di lavoratori per un’evasione di tasse e contributi di 77,2 miliardi di euro.
Numerosissimi piccoli artigiani, commercianti, professionisti (ma anche pensionati e lavoratori pubblici e privati che “arrotondano”), si sono rifugiati nel lavoro in nero per le loro prestazioni, specie al centro-sud, secondo la logica di “fare spendere meno al cliente e non pagare le tasse”, presentandosi quasi come una difesa per il cittadino che vuole prestazioni a buon mercato e anche per i lavoratori che intascano qualcosa, arrotondano, si arrangiano.

Ridurre la pressione fiscale è la strada maestra per fare emergere questo mondo in nero.

2° – La finanziarizzazione del capitale e del lavoro. In altre parole, meglio lavorare sul capitale finanziario, che è meno soggetto ai controlli, lo puoi spostare con una certa facilità e ti garantisce in ogni caso un reddito piccolo (si fa per dire) ma che certamente costa poco sudore, che impegnarsi in questo mondo di complicazioni legislative, burocratiche, giuridico-giudiziarie, di controlli frequenti e spietati che portano alla fine alla disperazione o meglio alla esasperazione ( vedi “La fabbrica della crisi: finanziarizzazione delle imprese e declino del lavoro”, bel libro di Angelo Salento e Giovanni Masino).
A riguardo, oltre alle grandi compagnie finanziarie che sanno bene cosa fare, ho conosciuto ormai troppi imprenditori di successo che hanno ‘finanziarizzato’ la loro azienda e il loro capitale all’apice del successo, per godersi, dicono, “una vita più ragionevole e umana”.

Favorire gli imprenditori che reinvestono nelle loro aziende e nel lavoro  (ammortamenti e superammortamenti del Governo Renzi ) è sempre la strada maestra per contrastare la finanziarizzazione del capitale industriale e.. umano.

3° – Le grandi compagnie, le multinazionali, sanno bene come comportarsi e dobbiamo anche dir loro grazie, in quanto forniscono per molta parte l’occupazione. Però tendono irresistibilmente a spostare le sedi sociali nei Paesi a minore aliquota fiscale; non nei vecchi “paradisi fiscali”, ormai confinati nelle “black list”, ma in Paesi comunitari come Irlanda, Portogallo, Olanda, nel rispetto di leggi e ordinamenti.

Un accordo europeo con un progressivo cammino per uniformare i sistemi fiscali appare la strada maestra per sfavorire queste migrazioni aziendali.

Difronte a questi comportamenti e situazioni, occorre certamente continuare ancora la lotta all’evasione, ma si deve anche renderla molto più “tecnica” e entrare nel dettaglio dei sistemi.
Mi sarebbe piaciuto che l’Agenzia delle Entrate, ad esempio, ci avesse illustrato i dati dalla lotta all’evasione proprio nei paradisi fiscali, i risultati degli accordi con la Svizzera e così via. Questi accordi vengono fatti, poi magari cadono nell’oblio. In ogni caso, almeno agli occhi del comune cittadino, i veri grandi evasori sfuggono da sempre al fisco.

Per tornare al dibattito politico italiano, fanno sorridere allora le affermazioni di leader come Salvini che asserisce di voler portare l’aliquota fiscale al 15 o 25%.
Difficile farlo con un debito pubblico in Italia così alto, se non con la ricetta  di uscire dall’Europa e farne pagare il prezzo al popolo italiano attraverso un’inflazione da record e la sostanziosa svalutazione di tutti nostri beni, mobili e immobili. Con l’ingresso dell’Italia nell’euro, fu compiuto un duro sacrificio di cui oggi certamente raccogliamo i frutti (che tendiamo a dimenticare, come appunto la scomparsa dell’inflazione che erodeva famelicamente i salari): adesso Salvini propone il modello opposto. Il bello che a guadagnarci sarebbero soprattutto, se non esclusivamente, il grande capitale e la lobbies finanziarie, che farebbero a buon mercato man bassa delle nostre nostre risorse.

A mio parere invece appare giusta la politica impostata dal Governo Renzi, che così si può riassumere: diminuire progressivamente la pressione fiscale in misura compatibile con il bilancio delle Stato, revisionare la spesa pubblica, su di cui ho recentemente scritto, concertazione con l’Europa per una diversa politica economica che favorisca la crescita e gli investimenti, e una azione che uniformi progressivamente i regimi fiscali dei Paesi Europei.

LA DIMINUZIONE DELLE TASSE COL GOVERNO RENZI

I giudizi possono essere tanti, ma negli ultimi anni la pressione fiscale è passata dal 43.6 del 2013 al 42.1 del 2016 (dati Istat) con un risparmio di 7.1 miliardi per le famiglie e 8.3 per le imprese (dati CGIA di Mestre).
Non è molto, si deve continuare su questa strada; ma durante questi anni si è’ mantenuta questa linea politica senza esitazioni e con risultati incoraggianti, evitando l’andamento altalenante dei precedenti governi di Centro-Destra.

Devo ancora per una volta riassumere i provvedimenti ?
Il bonus di 10 miliardi, strutturale degli 80 euro; abolizione dell’IMU sulla prima casa per 20 milioni di italiani, escluso le abitazioni A1 (signorili), A8 ( di lusso), A9 (castelli e altro);  taglio dell’Irap alle imprese (4.3 miliardi); diminuzione dell’IRES dal 27.5 al 24% sempre per le imprese; sgravi sulle nuove assunzioni per 3.9 miliardi; “bonus bebé” per 1.2 miliardi; diminuzione spese sugli affitti per circa un miliardo e tanto altro.

I LITIGI A SINISTRA

Fanno sorridere i cosiddetti litigi a sinistra (?) del PD.
“La tassazione – dicono ‘a sinistra’ (Articolo 1 ecc.) deve essere progressiva, in particolare quella dell’IMU sulla prima casa”.

Risposta: è già così, la progressività esiste. Il l tema è però che la politica di questa sinistra tenderebbe a spremere sempre lo stesso limone, il ceto medio.

“Occorre reintrodurre l’articolo 18 nella legge sul lavoro del Governo Renzi”, il cosiddetto Jobs Act.

Risposta: di fronte a uno scenario industriale così complesso e globalizzato, questa a me pare una richiesta difensiva e soprattutto molto parziale, perfino “poco di sinistra” vista la scarsissima incidenza reale che hanno i reintegri nel lavoro dopo un licenziamento senza giusta causa. Non è certo un prendere di petto i problemi più grandi e affrontare gli avversari davvero più forti. Il grande capitale sposta centinaia di miliardi con grande facilità da un Paese all’altro, e a me sembra che ben altre debbano essere le risposte; cose che peraltro Renzi propone e ha realizzato in parte con un aumento delle tutele dei lavoratori (flex security) e un riequilibrio dei regimi fiscali europei che non faciliti lo spostamento delle Aziende.

“La politica dei bonus deve finire”.

Risposta: ma quali bonus? Gli 80 euro sono strutturali, come molte altre misure introdotte. La politica dei bonus non strutturali invece vuole essere un segnale di attenzione del Governo verso alcune componenti sociali (giovani, bebè, donne, lavoratori con mansioni usuranti, pensionati) verso cui si orienterà nei prossimi mesi-anni l’azione del Governo. Quello della critica ai bonus appare un fariseismo loquace senza proposte alternative.

“Bisogna fare nuovi e maggiori investimenti”.

Risposta: proprio quello che ha fatto il Governo Renzi con la programmazione degli stessi per molti anni. Certo vanno aumentati, con la compatibilità di bilancio.

Quando sono stato Sindaco ho appreso informazioni molto precise riguardanti gli investimenti.
Le risorse per fare investimenti, un Comune le può ricavare dalla vendita di proprietà dell’Ente (se ci sono), finanziamenti regionali o statali (su progetti precisi, e se ci sono i soldi, e se si riesce a catturarli), o mutui derivati dalla parte corrente del bilancio, cioè gli incassi del Comune, sostanzialmente le tasse dei cittadini.

Ma se un Comune ha debiti, la quota dei mutui cala progressivamente e proporzionalmente e quindi calano gli investimenti. A meno che non si crescano le tasse e si aumenti il bilancio di parte corrente.

Per lo Stato è la stessa cosa.
Con un debito così alto come quello dello Stato Italiano, vedo poche chances per gli investimenti.
La ricetta della “sinistra” è sempre quella: si aumentano le tasse; ai ricchi, dicono. Ma il limone spremuto è sempre quello (reddito fisso e beni “alla luce del sole”), e poi si fanno investimenti.

Non troppi, purtroppo, come abbiamo potuto constatare nel corsi degli ultimi anni. Perché molti “investimenti” sono stati in realtà assistenza. Il che va bene, a patto di chiamarla con il suo nome. Dobbiamo infatti avere un welfare efficiente e di ampia copertura, ma non ci serve a nulla il lavoro finto, nella pubbliche amministrazioni come nel privato che vive di contributi pubblici. Il che, come la storia ci ha insegnato, molto facilmente scivola nel clientelismo e nella corruzione.

E il risultato finale è quello di un ceto medio impoverito e così imbufalito che negli ultimi anni o non è andato a votare, o ha cambiato tutte le casacche il più delle volte per pura avversione a chi in quel momento “comandava”.
E ci vorranno anni di politiche serie per fargli cambiare idea.

Come si può evincere dai ragionamenti che vi ho fatto, i problemi sono complessi e a me pare che la linea politica del Segretario del PD, Matteo Renzi, sia corretta.

La posso riassumere cosi :

  • ridurre progressivamente la pressione fiscale su imprese e famiglie, continuare il lavoro di revisione della spesa pubblica senza forzature o strappi ma con intelligenza e decisione
  • concertare con l’Europa misure atte a favorire la crescita piuttosto che l’austerity, pur nel rispetto delle regole europee
  • aumentare gli investimenti attraverso migliori accordi con l’Europa.

Le ricette fiscali della “sinistra” a me paiono farlocche, quelle del Centro-Destra improponibili; quelle dei Grillini le vedremo alla pubblicazione del loro programma. Qui a Rimini, fra l’altro.

Albero Ravaioli

Ultimi Articoli

Scroll Up