Sono 12.977 i giovani riminesi, compresi tra i 18 e i 35 anni, che vivono ancora insieme ai propri genitori. A rimanere più a lungo nella famiglia di origine sono i maschi -7.070 – mentre le femmine si fermano a 5.907.
Questo è quanto emerge dall’ultimo report annuale demografico del Comune di Rimini, in cui sono indicati, suddivisi per classi di età, i cittadini che ancora vivono in famiglia.
Se esteso anche ai quarantenni, una fascia di età che, anche se non considerabile più giovane da punto di vista anagrafico, condivide con questi più di una caratteristica socio-economica, il numero supera i 14 mila cittadini.
Pur tendendo naturalmente ad assottigliarsi al crescere delle fasce di età, il numero di persone non autonome dal punto di vista abitativo rimangono ancora 1.871 allo scoccare dei trenta anni.
“Il dato riminese – commenta Gloria Lisi, assessore alla protezione sociale del Comune di Rimini – conferma un trend nazionale che pone alcuni interrogativi su cui è doveroso confrontarsi. Si, perché sempre più, dietro queste permanenze in famiglia, si cela un disagio economico, una precarietà lavorativa che rende difficile, quando non impossibile, qualsiasi progetto di autonomia per i nostri giovani. Son i figli di una generazione ignorata, e non solo dalla politica. Esclusi o precari nel lavoro ma anche ‘invisibili’ per il sistema della protezione sociale del Paese. Ecco allora che l’unico sistema reale di protezione sociale rimane quello dei genitori o, in certi casi, addirittura dei nonni. Rimanere in famiglia allora, più che una scelta, rimane l’unica possibilità. Una risposta, anche questa volta, non può essere buttata solo sulle spalle degli enti locali ma, vista la portata nazionale di questi dati, deve essere finalmente affrontata a livello centrale, con una riforma dei servizi per l’impiego e del welfare in grado di sostenere con convinzione e mezzi le giovani coppie e l’autonomia di vita dei nostri ragazzi”