Dicesi cantarella una preparazione tipica romagnola fra le più semplici e povere.
Anche la cantarella, come gli altri cibi del territorio, cambia ricetta di famiglia in famiglia. Un po’ come il dialetto, dove inflessioni e cadenze hanno mille sfumature e passano, negli anni, da padre in figlio (o da madre in figlia, quando si parla di cucina).
“Féma dù cantarèli?”(facciamo due cantarelle?), era la proposta che a noi bambini faceva venire l’acquolina in bocca.
“Ui vò la tègia ròssa e la legna bòna”, diceva, convinta, la nonna, dall’alto dei suoi 97 anni.
La teglia rossa per dire che il fuoco, sotto alla padella o alla teglia da piada, deve essere fortissimo, fino ad arroventarla. La legna buona, perché il modo migliore per cucinare le cantarelle sarebbe sopra un bel fuoco vero, nel camino (sull’aròla) o sulla piastra della vecchia stufa a legna.
Dovendo arrangiarsi con l’attrezzatura presente nelle cucine moderne, possiamo usare una padella antiaderente posta sul fornello a gas aperto al massimo.
La ricetta è davvero semplice: si fa una pastella piuttosto densa con un bicchiere di acqua, ½ bicchiere di latte, 4 o 5 cucchiai colmi di farina (c’è chi preferisce miscelare 2/3 di farina bianca e 1/3 di farina gialla), un cucchiaino di sale, un cucchiaino di bicarbonato.
Si lascia riposare per circa un’ora.
Quindi, dopo aver scaldato la padella “a fuoco vivace”, con l’aiuto di un mestolo si versa un poco di pastella fino a formare un disco del diametro di circa dieci centimetri. Si lascia cuocere da una parte per un paio di minuti, finché si formeranno delle bolle. Quando la cantarella si stacca facilmente dalla padella, la si gira dall’altro lato, aiutandosi con una spatola o un grande coltello, e si cuoce ancora per un minuto circa. Si continua così finché si finisce la pastella.
Per mantenere tiepide le cantarelle, si dispongono in un piatto una sopra all’altra.
Quindi, tutti a tavola, per assaporare le cantarelle in compagnia di “quello che c’è” (questo, almeno, era il leit motiv di una volta).
Il condimento tradizionale – il migliore in assoluto, secondo noi – prevede una spruzzata di zucchero semolato e un filo di buon olio extra vergine di oliva.
Hmmm! Mangiare per credere! Morbide, profumate, il sapore ricorda l’infanzia, apre il cuore, la pancia, la memoria…
Un’altra versione, pure questa legata ai sapori di casa, prevede la farcitura con composte dolci fatte dalle brave arzdore di una volta: e’ savor (o savour), la saba, i fichi caramellati, le marmellate casalinghe.
Le cantarelle, nella loro semplicità, sono strettamente imparentate con i pancakes anglosassoni, i blinis russi e le crèpes francesi. Cioè, “tutto il mondo è paese”.
Per chi volesse cimentarsi nell’impresa, infine, ricordiamo che la merenda con le cantarelle è altamente indicata nelle brumose giornate autunnali o invernali.
Per chi volesse, invece, gustarle già pronte e in un bel clima di festa, suggeriamo la “Sagra della cantarella”, giunta alla settima edizione, che si tiene a Gatteo a Mare, alla foce del Rubicone, nei primi due week end di ottobre. Quindi, anche oggi , con replica il prossimo week end!
Buon appetito e… alla prossima!
Maria Cristina Muccioli