La pittura
da cavalletto costa sacrifizi
a chi la fa ed è sempre un sovrappiù
per chi la compra e non sa dove appenderla.
Per qualche anno ho dipinto solo ròccoli
con uccelli insaccati,
su carta blu da zucchero o cannelé da imballo.
Vino e caffè, tracce di dentifricio
se in fondo c’era un mare infiocchettabile,
queste le tinte.
Composi anche con cenere e con fondi
di cappuccino a Sainte-Adresse là dove
Jongkind trovò le sue gelide luci
e il pacco fu protetto da cellofane e canfora
(con scarso esito).
È la parte di me che riesce a sopravvivere
del nulla ch’era in me, del tutto ch’eri
tu, inconsapevole.
Eugenio Montale (Genova, 1896 – Milano, 1981)