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Rimini, accusato di spacciare a minorenni ma al processo le prove non reggono

La notizia era finita su tutti i giornali nazionali e on line. Come si dice aveva “bucato lo schermo”.

La notizia, d’altra parte, era allettante: un genitore disperato per la tossicodipendenza del figlio con una telefonata anonima alla polizia municipale di Rimini ha permesso di arrestare uno spacciatore con l’accusa di spacciare ai minorenni. In questo modo è stata presentata e scritta sui media.

Era un 55enne disoccupato e percettore di una pensione di invalidità. E’ stato arrestato e poi agli arresti domiciliari per tre mesi.

Ora si è giunti al processo che ha ribaltato le ipotesi accusatorie. Il giudice monocratico lo ha assolto perché il fatto non sussiste. Il processo, infatti, ha fatto emergere particolari completamente diversi. La telefonata che metteva gli inquirenti sulle tracce del presunto spacciatore, infatti, era risultata essere anonima e non era stata fatta nessuna indagine per risalire chi c’era dall’altra parte della cornetta.

Le analisi sulla droga sequestrata hanno dimostrata che era un prodotto scadente e degradato e impossibile da spacciare al minuto.

Non sono state trovate impronte digitali sulla bustina della droga o tracce del Dna riferibili all’imputato.

Per queste ragioni il giudice ha deciso per l’assoluzione.

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