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Enrico Rotelli lascia il Pd. “Fraterni Saluti”

Enrico Rotelli giornalista, copywriter, da sempre appassionato di tecnologie informatiche, ha affinato esperienza nelle redazioni giornalistiche, applicandola alla comunicazione istituzionale, politica, d’azienda e sociale. Ha scritto sulla sua pagina Fb una testimonianza sul suo travaglio e restituisce la tessera del Pd

“Cari compagni,
so bene, dopo tanti anni di frequentazione della politica e del giornalismo, che le cose non sono mai troppo nette. Anzi. E che con gli assoluti in tasca si diventa un po’ come il Cavaliere inesistente, esemplari e inutili, un’armatura vuota davanti alla vita reale.

L’ho imparato tra voi, mica con altri, che è la capacità di sintesi (e la preparazione e l’ingegno) quel che fa la differenza, nei leader come nei partiti come nelle famiglie. Far quadrare le esigenze della gran parte, senza per questo ignorare con l’imperio chi si trova in minoranza. Ora, a 53 anni già suonati, faccio fatica a dimenticare del tutto le lezioni nemmeno giovanili apprese nel partito. E non mi basta più borbottare lo scontento affidandolo a chi parte paladino e a malapena arriva sopravvivendo. Ho avuto la fortuna (e il mio cuore malandato la sfortuna) di conoscere insieme a voi leader veri: ho a ragione delle aspettative sulla mia gente.

Per questo mi scoccia non poco dover barattare una militanza tutto sommato ingenua con un genuino imbarazzo, diventato insopportabile al punto da dovermi “rottamare”. Si dirà: ma come tu che hai fatto campagne elettorali degli Ulivi e dei cespugli, ti scanti per Pizzolante? E’ vero, abbiamo eletto col maldipancia anche altri, ma se li mettiamo sul piatto della bilancia politica si sa da che parte penderebbe, per peso e soprattutto curricula.

Oggi mi pare che per pareggiare il peso (della bilancia) il Fiorentino ci abbia messo la spada di Brenno, senza che nemmeno un’oca del Campidoglio facesse qua qua. Posso comprendere la contingenza qui, ma a Roma quel che è successo proprio no: è dolo. Per cui, Pizzolante non lo voto e per non far torto a compagni e a me stesso, mi sciolgo dal vincolo che porto in tasca: mi rottamo.

Intendiamoci, non lascio la casa col rancore degli ex amanti. Queste righe di saluto sono dovere per quel che in comune c’è stato – le idee, le emozioni, alcuni compagni che non sono più e non ultima L’Unità – non certo perché mi sposto un po’ più in là.

Anzi, perché proseguo sul solco dove siamo cresciuti, di una sinistra che non aveva bisogno di trasformisti per conquistare il ceto medio, gli bastava il buon governo. E che guardando un po’ più in là, oltre l’orizzonte e le bandierine, sapeva già condurre la striscia tracciata da Emilio in Europa, un po’ spingendo un po’ seguendo. Non ci trovo nulla di vecchio e di rottamabile in questo, semmai credo sia necessaria una nuova versione, una upgrade. Per cui ricomincio da capo e, curiosamente, con chi sono partito.
Con affetto,
Kikko”

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