Al termine del 2020, secondo il report sulla demografia delle imprese di Unioncamere, la flessione di quelle attive (-1.989 unità, -0,5%) risulta più contenuta rispetto a quella dell’anno precedente (3.173 unità). La pandemia, spiegano gli analisti, ha originato un “deciso rallentamento” delle iscrizioni e, in misura ancora più ampia, delle cessazioni.
Nascono e chiudono poche imprese, una dinamica piatta in attesa di capire l’evoluzione della crisi pandemica. Il saldo tra natalità e mortalità è al minimo degli ultimi cinque anni ma c’è da considerare – sottolineano gli analisti – che normalmente molte comunicazioni di chiusura dell’attività pervenute al registro delle imprese negli ultimi giorni dell’anno vengono statisticamente conteggiate nel successivo ed è quindi nel primo trimestre 2021 che si attendono le maggiori ripercussioni della crisi determinata dalla pandemia.
La più ampia flessione è delle imprese del commercio (-1.167), segue quella dell’agricoltura (-1.014). Ben minori le perdite nella manifattura, nel trasporto e magazzinaggio, negli altri servizi e nell’alloggio e ristorazione. Il complesso dei servizi contiene la flessione (-0,3%) e dal suo interno giungono gli unici segnali positivi, in particolare dell’aggregato dei servizi di supporto alle imprese, immobiliare, attività professionali, scientifiche e tecniche, finanziarie e assicurative.
(ANSA)