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In Emilia-Romagna aumentano i morti sul lavoro. Preoccupazione e sciopero della Cgil

Nella nostra regione aumentano le morti sul lavoro. Lo certifica l’Osservatorio sicurezza sul lavoro di Vega Engineering, un centro studi di Mestre che elabora dati Inail, che ha contato 70 casi di infortuni mortali tra gennaio e settembre 2016, contro i 48 registrati l’anno scorso nello stesso periodo.

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Si tratta di un dato che potrebbe aumentare nel calcolo finale dell’Inail, in quanto in questa classifica vengono esclusi gli infortuni avvenuti durante i trasferimenti sui mezzi di trasporto, i cosiddetti infortuni in itinere.

L’Emilia-Romagna supera dunque per numero di casi sia il Veneto (59) che la Lombardia (57), anche se si trova al terzo posto se si considera l’incidenza delle vittime sul numero degli occupati.

A livello provinciale vi è da segnalare Bologna che incrementa rispetto al 2015 le morti bianche. Seguono per incidenti mortali la provincia di Ferrara, Reggio Emilia e Forlì Cesena.

In questa classifica Rimini si colloca ultima tra le province della Regione. Questa volta “ultimo” sta per dato positivo, avendo registrato 1 caso di infortunio mortale in tutto il 2016.

Intanto, per il 7 novembre, i sindacati di categoria degli edili, Feneal-Ui, Filca-Cisl e Fillea-Cgil, hanno proclamato uno sciopero nazionale del settore, di un’ora, per sensibilizzare e contrastare il dramma delle morti sul lavoro.

“Chiediamo più attenzione sul tema della sicurezza e salute sul lavoro – scrive Massimo Bellini
Segretario generale della Fillea-Cgil Riminia fronte di dati sempre più allarmanti e tragici che nel settore delle costruzioni, in un primo provvisorio bilancio 2016, presentano un incremento delle vittime, ad ottobre 2016, di oltre il 27%, su base nazionale, rispetto al 2015. In Regione Emilia Romagna parliamo di 2.454 infortuni nei primi 8 mesi del 2016 nel settore edile di cui 4 mortali. Quello che colpisce di più, oltre al dato complessivo, è che la maggioranza delle vittime di infortuni, anche mortali, riguardi gli over 60 anni, più che raddoppiato rispetto allo scorso anno. Possiamo parlare di una “strage di nonni”.
A Rimini le morti sul lavoro, comprendendo tutti i settori lavorativi, sono state, da gennaio ad Agosto 2016, 5 contro i 2 infortuni mortali dello stesso periodo 2015. (Ndr Compresi gli infortuni avvenuti durante i trasferimenti sui mezzi di trasporto, i cosiddetti infortuni in itinere.)

Bisogna intervenire subito. Con lo sciopero chiediamo al Governo e al Parlamento impegni ed azioni precise in merito al contrasto al lavoro nero e irregolare, condizione che accomuna molti incidenti proprio a causa della mancata applicazione delle regole. Vittime sono spesso lavoratori autonomi che autonomi non sono, lavoratori pagati con i voucher nei cantieri, lavoratori che operano senza la necessaria sicurezza.
Per noi è di vitale importanza riportare il Durc nella modalità originaria ed in breve tempo passare al Durc per congruità,estendere l’applicazione del contratto degli edili a tutti i lavoratori a qualunque titolo presenti in un cantiere e mettere definitivamente mano alla questione pensionistica.
Sull’Ape come organizzazione sindacale abbiamo espresso un parere negativo, chiediamo almeno che l’Ape agevolata si rivolga esplicitamente agli operai edili, il cui lavoro è pesante e rischioso. Questo per permettere di accedere alla pensione in anticipo a tutti quegli operai con pensioni inferiori ai 1.300-1.400 € netti al mese, perché solo in questo caso si darà una risposta concreta alle migliaia di operai edili con più di 60 anni, che stanno ancora sulle impalcature ed, inoltre, si potrà creare nuova occupazione, attraverso il tanto agognato ricambio generazionale nel settore.
Purtroppo il Governo non sta andando in questa direzione. I numeri dell’anticipo pensionistico, 36 anni di contributi e trattamento economico inferiore ai 1.500€ lordi al mese, fanno sì che dei circa 28.000 edili italiani over 63 anni, solamente 7.000 sono coloro che potrebbero/dovrebbero avere 36 anni di contributi e di questi ultimi, solo la metà, quindi circa 3.500 edili, potrebbero rientrare nel diritto.

Parliamo di persone che hanno fatto e che fanno un lavoro gravoso, esposti alla pioggia e al freddo, che spacca le mani, d’inverno e al caldo e al sole, che brucia la pelle, d’estate, per decine di anni, che molte volte, per tanti svariati motivi, vuoi la mancata regolarizzazione del rapporto di lavoro agli inizi di carriera (lavoro nero), vuoi la stagionalità, tipica del lavoro edile, li porta ad avere notevoli buchi contributivi.

Quindi la platea dei lavoratori edili, in queste condizioni, rimane fuori dall’Ape agevolata, perché abbiamo da un lato i dipendenti delle grandi imprese che hanno si 36 anni di contributi ma con uno stipendio superiore ai 1.500€ lordi mensili; dall’altro lato quelli che hanno un basso stipendio ma non hanno i 36 anni di anzianità per rientrarci.

Questa è una strage silenziosa che si potrebbe e si deve fermare. E per fermarla basterebbe un centinaio di milioni di euro destinati, come abbiamo visto, a poche migliaia di lavoratori”.

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