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Edgar Lee Masters: «Elsa Wertman»

Ero una contadina emigrata dalla Germania,
occhi azzurri, pelle rosea, allegra e robusta.
Il mio primo lavoro è stato da Thomas Greene.

Una sera d’estate che lei non c’era
lui è venuto in punta di piedi in cucina e mi ha preso
tra le braccia, e mi baciava sul collo, mentre
io cercavo di scostare la testa. Sembrava
che nessuno dei due si rendesse conto di quel che stava
accadendo. Ho pianto per la sorte che mi aspettava,
e sempre di più piangevo a mano a mano che il mio segreto
incominciava a mostrarsi.

Un giorno la signora Greene
mi ha detto di non preoccuparmi, che lei capiva, e non mi avrebbe
creato problemi, e che essendo lei senza figli l’avrebbe
adottato. (Lui per farla star quieta le aveva intestato
una fattoria.) Si è chiusa in casa e ha fatto spargere la voce
che la faccenda stesse succedendo a lei.

Tutto è andato come doveva e il bambino è nato – Con me non potevano
essere più gentili. In seguito ho sposato Gus Wertman e ne sono passati
di anni. Però – ai comizi, quando chi mi stava accanto pensava che a farmi
piangere fosse l’eloquenza di Hamilton Greene – niente affatto!

No! È che avrei voluto dire:
è mio figlio quello lì, è mio figlio!

Edgar Lee Masters (Garnett [Usa], 1868 – Melrose Park, 1950)

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