L’unico Oscar 2023 che almeno in parte va all’Italia è quella conquistato dallo staff di cui fa parte Dora Morolli. La 36enne viserbese lavora per la Weta Digital di Wellington, in Nuova Zelanda, che ha curato gli effetti visivi digitali del kolossal da 250 milioni di dollari “Avatar 2 – La via dell’acqua”. E l’unica statuetta vinta dall’ultimo film di James Cameron è proprio quella per gli effetti speciali; aveva ricevuto tre nomination e finora ha incassato 2,2 miliardi di dollari. Dora aveva già assaggiato l’Oscar nel 2017, quando il suo team era stato premiato sempre per gli effetti speciali de “Il Libro della giungla” per una società di Londra.
Dora, nata a Viserba, si è trasferita da sette anni agli antipodi. Figlia dell’albergatore Paolo Morolli e della giornalista Maria Cristina Muccioli, appassionatissima di matematica e informatica fin da quando ha visto in casa il primo pc – “e le bollette del telefono sono schizzate alle stelle” – si è laureata a Roma in Scienze dei nuovi media per poi lavorare per la Rainbow CGI di Iginio Straffi, il creatore delle Winx. Dalla capitale si è quindi traferita a Bruxelles per lavorare in un’altra società di animazione. Dopo un anno ha ricevuto un’offerta dalla VFX MPC a Londra: “Qui ho contribuito a realizzare Il libro della giungla”.
Poi risponde a un annuncio della Weta, celebre per aver realizzato gli effetti per la serie de “Il signore degli anelli”. Accetta di trasferirisi dall’altra parte del mondo e non si pente della sua scelta: “Adoro la Nuova Zelanda! Il ritmo lento della vita, la qualità dell’aria, l’oceano e le montagne ovunque. Adoro anche l’atmosfera di Wellington e il suo senso di comunità”. Però l’Italia le manca: “E mi mancano i miei amici, la mia famiglia e le connessioni che puoi creare solo con persone della tua stessa cultura e lingua. Ma soprattutto mi manca l’Europa: la diversità linguistica, il cibo e la possibilità di visitare così tanti posti incredibili in un paio d’ore di volo”. E’ tornata quest’estate a Viserba dopo tre anni di assenza: “Colpa della pandemia”.