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E a Riccione torna il sorriso della piccola Lara che la malattia voleva spegnere

Una bambina che non poteva aprire la bocca. Lara, piccola riccionese di 4 anni, soffre di una malattia genetica che ha il nome di “Sindrome di Alagille” e che racchiude varie patologie, tra cui stenosi polmonare e colecisti. E l’anchilosi della mandibola, che, altrettanto rara, non è collegata alla sindrome, ma sembra sia anch’essa una malformazione genetica. La storia di questa bambina è, soprattutto, la storia di un’intera famiglia: babbo, mamma e una sorella più grande. Si tratta della famiglia Ronci Jacovelli di Riccione . La mamma Claudia, 35 anni, il babbo Gian Franco di 43 e la sorella maggiore di Lara, che si chiama Carolina e di anni ne ha 8. Questa vicenda è arrivata sulle pagine del settimanale “Oggi” e anche noi abbiamo voluto provare a raccontarla, ascoltando l’esperienza vissuta da mamma Claudia che, grazie all’intervento effettuato del Dottor Luca Guarda Nardini, medico chirurgo specializzato in Chirurgia Maxillo-Facciale dell’Ospedale di Treviso, è di riuscita a vedere sua figlia di nuovo sorridere e, soprattutto, mangiare.

Claudia, nell’intervista uscita su Oggi ha parlato dell’Ora della vite, ci vuole spiegare in che cosa consisteva esattamente?

«Nel disinfettare quotidianamente la ferita, girare la vite e coprire con una nuova garza. Lo facevo sempre più o meno alla stessa ora, così anche Lara si preparava».

Quando è iniziato questo, che per voi immagino sia stato un calvario…

«È cominciato tutto a fine 2017. Lara aveva da poco 2 anni, quando ci siamo resi conto che la sua bocca si stava chiudendo, quindi il tutto è durato più di un anno. Il periodo iniziale è stato il più duro, perché scoprire che c’era sicuramente da intervenire chirurgicamente ma che, soprattutto, bisognava indagare se fosse presente un tumore dell’osso mandibolare che poteva aver ridotto la bocca così, è stato davvero massacrante. Però, dal momento che abbiamo scoperto che non era un tumore ci siamo sollevati e fatti forza, pensando che, in un modo o nell’altro, le cose si sarebbero sistemate».

Come siete venuti in contatto con il dottor Guarda Nardini e l’Ospedale di Treviso?

«Su internet abbiamo iniziato a cercare e abbiamo trovato informazioni su questo dottore e successivamente lo abbiamo contattato. Da lì è partito tutto…».

In che cosa consisteva l’operazione?

«Il chirurgo è intervenuto con due operazioni: la prima per mettere la vite e allungarle l’osso e la seconda per rimuovere la vite e il blocco anchilotico. Sta facendo dei controlli periodici e li dovrà fare fino a quando finirà di crescere. È tuttora seguita da lui».

Come siete riusciti a sostenere il costo dell’operazione?

«Non abbiamo pagato l’operazione, solo le visite dal dottore».

Adesso Lara come sta?

«Ora apre la bocca il giusto, per mangiare e fare tutto quello che deve fare una bambina, ma se devo essere sincera lei era così anche prima: solare, allegra e la solita di sempre, diciamo che è lei a sostenerci».

Vi aspettavate di finire su un magazine a tiratura nazionale?

«Assolutamente no, ma ci rendiamo conto che quello che ha passato Lara è stato abbastanza unico: dalla vite,a mangiare con la bocca chiusa. Lara con la bocca semichiusa non mangiava civili liquidi, si sarebbe spaccata lo stomaco. Mangiava solo cibi che gli tagliavo io, come pasta o morbidi come spianate. Non ha mai mangiato cibi frullati, li detesta. Comunque, quello che conta è che quel periodo è finito bene e di questo siamo contenti e sollevati. Lara, nonostante tutto quello che ha passato, è una bambina come le altre. Ride, piange, fa i capricci, non ha tanti ricordi sull’ intervento, vive alla giornata come fanno tutti i bambini, però da grande ha detto che vuole fare la cantante e la dottoressa, staremo a vedere».

Si parla tanto di malasanità in Italia, ma le eccellenze le abbiamo anche noi e l’operazione a cui si è sottoposta Lara ne è l’esempio, vero?

«Sì. L’Ospedale di Treviso ne è la prova, sia per quanto riguarda la competenza, ma anche a livello umano. Il reparto di pediatria è stato uno dei più belli e organizzati che io abbia mai visto, tra volontarie, corsi e infermiere sempre disponibili. È stato veramente un gran bell’esempio e noi non possiamo che essere infinitamente grati per tutto quello che hanno fatto per nostra figlia».

Nicola Luccarelli

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