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Dialogo sopra i due minimi sistemi del mondo

Protagonisti: Maurizio Filippo Salviati, Matteo Simplicio, Nando Sagredo.

Parte prima.

Matteo Simplicio: «Ordunque Maurizio, giunta è l’ora tua, muoviti verso le terre ignote su cui brillano le Stelle della notte, misura la tua saggezza nel confronto con i selvaggi e conducili per mano alla civiltà».

Nando Sagredo: «Sappi, o tenero Maurizio, che quel popolo immenso vive ormai lontano dalla civiltà. Non due ma tre narici formano il loro naso, obbediscono ciecamente ad un capo barbuto e baffuto e sono dediti a cibarsi dei loro fanciulli. Mi raccomando alla tua prudenza e alla tua fermezza nel trattare con simili barbari».

Maurizio F. Salviati: «Ma se tale è quel popolo immenso, perché m’inviate presso di loro in ambasciata? Forse voi amate quel popolo perché, secoli addietro, prima di tornare allo stato di natura, egli si faceva da voi governare?».

Matteo Simplicio: «E’ giusta la tua curiosità. Quel popolo ci amava e ci ha abbandonato per tornare allo stato di natura. Non accettò le decisioni, da noi assunte, sui Banchi di pegno, sul lavoro dei servi, sulle ottime scuole. Noi gli davamo soldi ed essi chiedevano lavoro. Non capì l’importanza delle nostre decisioni ed emigrò nella terra desolata delle Stelle, privo ormai di patria e di religione. Ora tu hai possibilità di mostrare il tuo valore. Vai e torna vittorioso!».

Parte seconda.

Nando Sagredo: «Matteo tu sai di certo che quel popolo selvaggio ci ha abbandonato per sempre. Lo ha fatto coprendoci di innominabili insulti, considerandoci nemici assoluti, ladri, assassini. Come puoi pensare che Maurizio riporti alla civiltà quelle belve?».

Matteo Simplicio: «Non hai capito, mio fedelissimo Nando. Il giovane Maurizio nutriva il desiderio di salire sul gradino più alto della scienza astronomica, cioè di prendere il posto che spetta a me in natura. Perciò ho voluto che si mettesse alla prova. Prova che certamente fallirà».

Nando Sagredo: «Se non dovesse fallire? Se riuscisse a tenere fervido un dialogo fra popoli ormai diversi? Sono percorso da freddo sudore solo al pensare di sedere allo stesso desco di quei barbari cannibali, ma nel contempo nutro una breve speranza!».

Matteo Simplicio: «Fallirà e se non dovesse fallire lo faremo fallire togliendogli da sotto i piedi la scala su cui è salito per scrutare le Stelle. La lezione servirà non solamente a lui ma anche al custode della Carta, il già saggio Pazzerella, che ha osato costringerci ad un confronto con i barbari, pur sapendo come la penso io. Già anni addietro osò costringermi a non chiedere al popolo il voto per me, portando al governo il flaccido Garbatoni».

Nando Sagredo: «Ma avevamo appena perso il referendum di modifica della Carta. Forse il popolo non avrebbe votato per noi…».

Matteo Simplicio: «Conosci alcuno più furbo e intelligente di me? È naturale che il popolo, se sta attento, voti per me. Il popolo mi ama e se non mi ama è perché sbaglia!».

Parte terza.

Maurizio F. Salviati: «Sono tornato perché ho dimenticato il salvacondotto nella bisaccia. Matteo, ti vedo sorridere. Sei forse speranzoso che la mia missione porti buoni auspici?».

Matteo Simplicio: «A vederti partire mi viene da sorridere. Mi colpisce la speranza che ti anima di ritrovare il tuo popolo ormai disperso. In realtà sono triste perché non ho più popolo, dovrò andare a cercarlo fra gli adoratori di Silvius, il vecchio santone ormai prigioniero nella caverna oscura dove l’ha rinchiuso il discepolo Salvinius. Ma intanto tu vai, ché a me viene da sorridere».

Maurizio F. Salviati (borbottando fra sé e cercando di far luce nel buio con uno zolfanello in mano): «Dunque Matteo pensa al popolo di Silvius, il mio popolo è emigrato nella terra delle Stelle. Ed io? Io dove devo stare?».

Rudens

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