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Delitto alla Agatha Christie a Borgomarina

Enrico Franceschini: “Un’estate a Borgomarina” Rizzoli.

Avevamo lasciato il nostro giornalista in pensione, “Mura”, aspirante detective dilettante, agli ozi di Borgomarina dopo la risoluzione dei casi riguardanti la ricerca e il salvataggio della figlia sedicenne di Sasha, escort russa, nonchè mistress dominatrice di vari maschi (“Bassa marea” edito da Rizzoli nel 2019) e l’uccisione di un fotografo noto per il via vai di ragazze nel suo studio (“Ferragosto” sempre edito da Rizzoli nel 2021).

L’avventura estiva questa volta vedrà “Mura” impegnato a risolvere il caso dell’uccisione dell’uomo più ricco di Borgomarina, l’imprenditore Amos Zoli, ripescato cadavere nelle acque del porto canale. L’uomo con l’albergo più grosso, il conto in banca più grosso, lo yacht più grosso. E’ la figlia di Zoli, Katia, bellissima ragazza ventenne, a chiedergli di fare luce sulla scomparsa del padre, e quando mai “Mura” saprà resistere ad una richiesta di una bella donna? “La sua seconda vita di detective è cominciata per via delle donne. Non sa dire di no alle damigelle in pericolo”.

Nelle indagini questa volta però parteciperanno attivamente tutti gli amici di una vita di Andrea Muratori, per tutti “Mura”, ad iniziare dalla sua “scopamica” Cate, corrispondente di guerra: il dott. Danilo Baroncini, alias il Barone, e la sua donna la brasiliana Raffa, Sergio Baldazzi detto l’Ingegnere con la Mari, Pietro Gabrielli (il Professore, professione bibliotecario) con la fidanzata letterata Carla. “Si conoscono da più di quarant’anni. Non hanno mai smesso di frequentarsi, neppure per tutto il tempo che Mura ha girato il mondo. Ogni volta che rientrava alla base, tra Bologna e la riviera romagnola, organizzavano una lunga notte di chiacchiere, cibo e pugnette, intese non come masturbazione vera e proprie ma come il genere di cazzate senza importanza, di scherzi, facezie, battute trite ritrite già sentite migliaia di volte, che sono il succo della loro amicizia e forse della maggior parte delle amicizie. Seghe mentali, in sostanza”.

L’assassina di Zoli per il maresciallo dei carabinieri Giancarlo Amadori, detto Gianca, è dapprima la giovane e bella barista, presunta amante del miliardario, Ines Rossi. Poi, dopo il suicidio, il colpevole diventa Libero Mengozzi, pescivendolo, reo confesso con un messaggio vocale lasciato sul suo telefono ritrovato in cima al faro del porto da cui si è buttato.

L’esito delle indagini, con la conclusione della morte del colpevole, non convince “Mura”. Sotto c’è altro. In questo piccolo immaginario borgo romagnolo, affacciato al Mare Adriatico, “è facile riconoscersi, poche migliaia di abitanti, cresciuti insieme, diventati adulti insieme e che insieme invecchieranno, in un’armonia che pare seguire il corso della natura”. Ma così non è.

Zoli non era certamente l’uomo più amato del piccolo borgo. “Chi lo conosceva da sempre lo ricordava così: ragazzino rissaiolo e scorbutico, animato dal continuo desiderio di emergere, di potersi vantare di qualcosa. E ben presto aveva capito che il mezzo migliore per acquisire sicurezza era il denaro. Ne aveva fatto più di quanto si sarebbe mai immaginato”.
E per farlo non aveva guardato in faccia ad alcuno, distruggendo vite, speranze, sogni senza pietà.

“Mura” questa volta deve ricorrere alla sapienza e conoscenze del Professore, accedere al sancta sanctorum della Biblioteca Malatestiana di Cesena, l’aula del Nuti, quella che contiene “numerose opere manoscritte di grande valore, che venivano incatenate a una serie di balaustre di legno perché nessuno potesse portarle via”, farsi inviare dal figlio fotografie da Londra del “Codice L” di Leonardo da Vinci di proprietà della Regina Elisabetta (contiene i disegni del porto di Borgomarina realizzati per Cesare Borgia). Insomma deve ricorrere alla storia per comprendere misteri e segreti del piccolo borgo marinaro.

Ma non sarà sufficiente. Occorrerà una lettura notturna del giallo “Assassinio sull’Orient Express” di Agatha Christie per aprire la mente a “Mura” sulla possibile vera soluzione del giallo della morte di Zoli. Come il celebre detective Hercule Poirot, “Mura” deve indagare su una dozzina di sospetti, di possibili assassini. Mangiando la piada al chiosco della Marisa la accusa: “Te lo dico io di cosa parlavate [con tua nipote]. Del complotto con cui tua nipote e altri nove bravi cittadini di Borgo marina hanno assassinato Amos Zoli”. Lei non nega. “E anche se fosse? Se anche avessero ucciso un bruto, un imbroglione, uno sfruttatore, dovrebbero per forza essere puniti?”. Ma duro “Mura” ribatte: “Sono i tribunali a emettere le sentenze, Marisa. In Italia non abbiamo la pena di morte”.

“Mura” aveva sempre pensato che “Borgomarina fosse il microcosmo perfetto, il posto dove nascere, crescere, invecchiare insieme. Ma a vivere così tutti insieme, quante inimicizie, quanti torti, quanti misfatti si sono consumati nelle vie del porto? Quanto odio covato per decenni. Zoli era una mela marcia: ma dodici brave persone non hanno esitato ad uccidere, per punirlo dei suoi peccati (…). Borgo marina non è diversa o migliore del resto del mondo. E’ soltanto più piccola”.

“Mura”, come del resto Hercule Poirot, lascerà andare gli assassini, senza denunciare alcuno: “ha fatto tutto da solo il pescivendolo Libero Mengozzi. Zoli era veramente un farabutto, la sua condotta morale era condannata dalla società locale, cioè dalla comunità del paesello in cui è nato, è cresciuto ed è morto ammazzato. E come Poirot a questo punto anche il mio compito è dunque terminato”. Piega la testa con un gesto da attore e fa un bell’inchino agli amici e alle amiche che lo hanno ascoltato e che lo applaudono come se fossero a teatro, in un coro di “Bene!”, “Bravo!”, “Bis!”.

Due piccole citazioni tratte dal libro di Enrico Franceschini, classe 1956, bolognese, giornalista giramondo, innamorato da sempre della Romagna: “Delle volte Mura pensa che gli italiani non vengano in Romagna per andare al mare, ma per il cibo. Del resto, non si possono biasimare: perfino nelle pensioncine da queste parti si mangia benissimo”. Mia mamma Rosa, per decenni grande cuoca della Pensione Maurizia a Marina Centro, docet.

“Mura entra all’edicola. Una cartolibreria, in realtà, dove si trova di tutto: giornali, libri, quaderni e materiali scolastici, giocattoli, biglietti del bus, caramelle, bibite, panini. L’unico modo dei giornalai per sopravvivere: trasformarsi in minimarket. Da qualche parte espongono ancora anche la stampa”. Franceschini ha dimenticato le macchinette del superenalotto.

Ma per il resto voglio unirmi al suo grido di allarme: salviamo le edicole rimaste! Noi maniaci della carta abbiamo bisogno di loro: non ci piace leggere il giornale sul telefonino (anche se lo facciamo). Non vogliamo girare la domenica mattina mezza città per trovare un’edicola aperta. Rivendichiamo il diritto di continuare ad avere una copia cartacea del nostro giornale preferito.

Paolo Zaghini

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