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De Santis: “Grazie Loris per la strada che abbiamo fatto assieme”

La vita del pugile riminese Loris Stecca è diventata un libro. Lo ha scritto Fabio De Santis (classe ’77), scrittore per passione. Infatti, De Santis lavora come manager per Italian Exhibition Group Spa, il gruppo leader nel suo settore che comprende la Fiera di Rimini e quella di Vicenza. Ma a diversi anni ha cominciato questa sua carriera parallela, pubblicando successi come “Io ce la potevo fare. Storie di eterni secondi dello sport, mediocri con il cuore, talenti sprecati”. La sua ultima fatica, invece, s’intitola “No Mas-La mia vita”, ovvero la controversa storia di un campione italiano ed europeo dei pesi piuma e numero uno al mondo dei supergallo WBA, fino alle traversie che lo hanno portato dietro le sbarre del carcere e alla lotta per i riscatto.

“No Mas”, “Ora basta” come le parole con cui si arrende il domenicano Leo Cruz il 22 febbraio 1984 a Milano, la notte in cui Loris diventa campione del mondo dei supergallo WBA, primo italiano a conquistare la prestigiosa cintura. E le stesse parole rimbombano nella mente del pugile quasi vent’anni dopo, il 27 dicembre 2013, quando accoltella all’addome, con una lama lunga 20 centimetri, la socia con cui aveva aperto nella sua città, Rimini, una palestra che portava il suo nome: due anni dopo il tribunale lo condannerà a 8 anni e 6 mesi di carcere. Un anno fa ha ottenuto la semilibertà, grazie alla buona condotta tenuta in carcere; ha iniziato a insegnare boxe sulla spiaggia. Ma gli restano tre anni da scontare.

Il libro verrà presentato dall’autore oggi mercoledì 25 luglio, alla Feltrinelli di Largo Giulio Cesare a Rimini, a partire dalle 18,30.

Fabio De Santis

De Santis, quando è cominciata la sua carriera da scrittore?

«Chiamarla carriera mi pare un tantino esagerato. Mi considero un buon dilettante, che di giorno indossa il colletto bianco e di notte si permette il piccolo lusso di diventare un mister “Hyde”, schiavo di una piccola passione. La mia prova risale a quasi dieci anni fa, era il 2009 e un matto quanto me, Elido Fazi, decideva di darmi fiducia come absolute beginner, spedendomi in libreria con 15 storie di sport inconsuete raccolte in quel “Io ce la potevo fare” che mi ha portato fortuna».

Quanti libri ha scritto fino ad oggi?

«“No Mas” è il quarto. Ma il primo in cui mi cimento con un lavoro che mi ha dato la possibilità di vivere a stretto contatto con l’anima e la storia vissuta di un personaggio sportivo, complesso come Loris. Ho iniziato pensando di essere un freddo strumento del racconto. Ho finito avendo fatto un percorso di riflessione assieme a lui. Lo ringrazierò sempre molto per questo».

Che cosa vuol dire per lei essere uno scrittore?

«Sostanzialmente poter avere una seconda esistenza, dove lasciar fluire liberamente la passione e le fantasie. Credo che sia la forma d’espressione artistica più completa, almeno lo è per me. Non ha i limiti della gabbia prospettica o della bidimensionalità del quadro per un pittore, non ha i limiti plastici della scultura. E poi ha un potere catartico che alle altre forme non è concesso, quello che avevano già intuito i greci nella tragedia classica. Ecco per me funziona così, mi permette di esorcizzare le paure, di esprimere le fantasie senza vergogna. Sono un bambino che torna ai suoi giochi direbbe Freud».

Perché ha sentito l’esigenza di raccontare Loris Stecca?

«Ad un cento punto, pur rimanendo nell’alveo confortevole del racconto sportivo, ho sentito il bisogno di scrivere di qualcosa di vero, di vissuto, di sanguigno. Qualcosa che passasse da un percorso, da un’esperienza personale e allo stesso tempo condivisa con “l’eroe” e non solo un esercizio filologico, di ricostruzione romanzata del mito. Molta della letteratura sportiva è costruita così e non c’è niente di male, ma il salto che consente la compromissione della biografia non ha paragoni. A patto di essere disposti però all’immedesimazione e non solo all’apologia fredda ed impersonale».

Posso chiederle se ha già in mente il suo prossimo libro?

«Sinceramente sono sempre molto dibattuto fra tante idee, profondamente diverse fra loro. Ma credo faccia parte del mio personale processo generativo. Da tutto questo caos, una mattina mi sveglierò e inizierò a scrivere di getto uno dei capitoli».

Nicola Luccarelli

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