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Dal barman al mixologist, Charles Flamminio: “Ragazzi il cocktail è un’arte, non fate stupidaggini bevendo male”

Creare un cocktail è un’arte. E quelli che noi chiamiamo baristi o barman sono, in realtà, dei veri e propri artisti. Eh sì, perché per maneggiare e mischiare insieme gli ingredienti necessari a realizzare un drink esplosivo bisogna avere una creatività fuori dal comune. Proprio come il grande barman e mixologist Charles Flamminio, 48 anni, molisano di origine ma romagnolo di adozione, che da 23 anni propone i suoi drink innovativi. Ma come si diventa un artista del cocktail? Facciamocelo spiegare direttamente da lui.

Charles Flamminio

Charles, da quando stai dietro a un balcone?

«Ho iniziato a fare il barman e cameriere nel 1984, a soli 14 anni, nel mio paese che si chiama Campomarino nel Molise. Ho mosso i miei primi passi in questo mondo in un pub che adesso non c’è più, gestito allora da Rino Basanese e Amedeo Biccari, che da poco è venuto a mancare. Questo mestiere un po’ si impara e un po’ lo si ha dentro. Bisogna avere tanta passione, tanta voglia di apprendere e crescere con umiltà. È necessario non fermarsi mai e continuare sempre a studiare, a ricercare e a girare il mondo per trovare nuove idee e nuovi prodotti».

Mi puoi spiegare che differenza c’è tra il bartender e il barman?

«Non c’è nessuna differenza tra bartender e barman, significano la stessa cosa. E’ solo un modo nuovo di chiamare questa figura».

E il mixologist invece chi è? Tu lo seiì?

«Sì sono un mixologist, cioè un bartender che ha tanti prodotti e che riesce a unire sapori concordanti o discordanti con il tema del drink che vuole proporre, creando anche cose sue personali come i famosi “Homemade”».

E che cosa sarebbero?

«Sono degli sciroppi, distillati e tanto altro».

Che cosa deve avere un cocktail per essere definito buono?

«Deve avere la sostanza forte, quella debole, il dolce, l’aspro e lo speziato, insomma deve essere completo».

Mi puoi dire il nome di una tua creazione?

«Beh, ne ho create tante, ma una che ricordo bene era il mio 43. Un drink fatto con sciroppo di cannella, succo di mela, infuso ai frutti rossi, lime e vodka».

Cosa ti sentiresti di consigliare ad un giovane a cui piacerebbe intraprendere la sua strada?

«Gli direi di fare esperienze in giro per il mondo. Apprendere il più possibile e poi aprirsi il suo locale come avevo fatto io, tempo fa».

E invece cosa diresti invece a quei ragazzi cui piace esagerare con l’alcol?

«Dico che fanno una grande stupidaggine, l’alcol non aiuta, magari disinibisce un po’, ma non risolve i problemi. Bere poco vuol dire bere meglio e poi ci sono tanti ottimi cocktail con un basso grado di alcool. Io sono contro il bere di scarso livello, vorrei che tutti imparassero ad apprezzare la qualità. E che lo facessero dopo i 18 anni: si diventa grandi con la testa, non con il bicchiere».

Nicola Luccarelli

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