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Cyberbullismo e autolesionismo, la family coach: “Stima in se stessi invece di maschere virtuali”

Prime delusioni che portano a chiudersi in se stessi, perdita dell’autostima, sensazione di essere sbagliati. Tutti stati d’animo molto comuni, soprattutto durante il periodo dell’adolescenza. Quando vai a scuola e ti senti un po’ sfigato, quando ti catapulti in conoscenze nuove e hai il sentore di essere preso in giro, quando sei insofferente verso i professori, i genitori e la tua quotidianità, che tutto sommato non ti pare molto divertente. Quando ti paragoni costantemente agli altri, e ti sembra che siano tutti più ‘forti’ e belli di te. Problemi che devono affrontare tutti almeno in un periodo della propria vita, e su cui ha condotto studi approfonditi Nan Coosemans, olandese, da anni residente a Riccione, family coach e a capo di Younite, un ente nato nel 2010 che organizza campus, work shop e attività per migliorare la comunicazione e i rapporti tra adolescenti e genitori fornendo loro gli strumenti adatti per vivere con serenità le metamorfosi di questa fase della vita. Coosemans ha recentemente pubblicato anche un libro, Quello che i ragazzi non dicono (Sperling & Kupfer), in cui attraverso pagine di diario e racconti raccolti durante gli incontri con i ragazzi ci introduce nel mondo degli adolescenti.

Di che cosa si occupa una Family Coach?

«Nel 2010 ho fondato Younite, un’organizzazione di formazione che opera a livello nazionale e internazionale sviluppando programmi scolastici e campus dedicati agli adolescenti e alla famiglie. Insieme alla mia squadra ho lavorato con migliaia di ragazzi di età compresa tra gli otto e i diciotto anni, per conoscerne le paure, i bisogni, i desideri, per capire come vivono i fallimenti scolastici, le separazioni dei genitori, la violenza dei bulli e i disagi rispetto al proprio corpo. Il coaching è pensato per alleviare le tensioni adolescenziali e migliorare la comunicazione in famiglia».

Che differenza c’è rispetto a uno psicologo?

«Noi ci focalizziamo in particolare sull’autostima, abbiamo un approccio differente. Organizziamo attività sportive, e lavoriamo molto sul mondo emozionale e mentale in modo che il ragazzo non si concentri solo sul suo problema, ma tiri fuori quello che ha dentro e accresca la sicurezza in se stesso. Il 90% dei giovani che si rivolgono alla nostra organizzazione vuole diventare più consapevole delle proprie qualità. Oggi le persone sono abituate a ‘indossare’ una maschera quando escono di casa, hanno paura di essere se stessi, pongono delle barriere tra loro e chi li circonda, per timore di essere giudicati o di non piacere. Lavoriamo anche con i genitori, cerchiamo di offrigli gli strumenti più adatti per comunicare con i propri figli, i quali, spesso, prendono le distanze da loro. I genitori reagiscono con divieti e controlli più severi, oppure con il tentativo di decidere al posto dei loro figli. Bisognerebbe invece trovare il giusto equilibrio».

Il periodo della adolescenza, si sa, è una fase delicata della crescita. Quali sono le nuove problematiche d’oggi?

«Con l’avvento dei social network e l’ascesa della rete, ovviamente, le problematiche sono cambiate. Ad esempio il bullismo. Mentre una volta il bullo affrontava la vittima di persona, faccia a faccia, oggi il fenomeno è più subdolo, si è spostato sul web. Gli atti di prevaricazioni avvengono attraverso frasi sui WhatsApp e post sui vari social network. Spesso lo stesso bullo, non si accorge di quello che un commento o una foto possono scatenare in un ragazzo. Negli ultimi anni, inoltre, è aumentato il fenomeno dell’autolesionismo, che ha avuto il suo boom tra il 2016 e il 2017. E’ una sorta di trend, soprattutto tra le ragazze, che spesso si è rivelato un modo per cercare attenzioni».

Quando è nato questo suo interesse per il mondo adolescenziale?

«Sono uscita di casa presto, all’età di 15 anni, non avevo una bella situazione familiare. Sono poi entrata a far parte del gruppo di Tony Robbins (life coach statunitense, ndr) grazie a cui ho ritrovato quella forza e consapevolezza che stavo perdendo. Da allora ho sempre pensato di sviluppare qualcosa per gli adolescenti, fornire consigli per renderli più consapevoli del loro potenziale».

Nel corso di questi anno ci sono stati degli episodi che l’hanno colpita particolarmente?

«Sì, numerosi. Mi hanno colpito soprattutto due storie. Quella di un ragazzo vittima di bullismo che è stato costretto a spogliarsi per cinque anni davanti a tutti se non consegnava i soldi al ragazzo che lo vessava, e quella di una ragazza a cui hanno puntato la pistola in faccia. Mi toccano sempre anche i racconti dei ragazzi con i genitori separati, coppie che non riescono a trovare accordi tra loro e riversano i problemi sui figli».

E’ madre di due ragazzi, uno di 12 anni e l’altro di 14, come vive la loro crescita?

«Come una bellissima sfida, non solo per loro, ma anche per me. Attraverso i loro racconti e le loro esperienze imparo tanto, tutte cose che poi mi servono anche nel lavoro. Come ripeto sempre, sono i miei grandi maestri».

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