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Il cuore biancorosso di Adrian Ricchiuti: “Ero già del Napoli, ma con Bellavista c’era un patto”

Recordman assoluto di presenze e gol nella storia del club (rispettivamente 344 e 71), difficile far capire a un non riminese cosa significhi Adrian Ricchiuti per la città di Rimini. Difficile anche per un riminese comprendere quanto forte è stato il suo legame con il patron Bellavista.

“La lealtà è un debito, e il più sacro, verso noi stessi, anche prima che verso gli altri”.
Luigi Pirandello

Un mesetto fa, quando mi sorse in mente l’idea di proporre un’intervista a Ricchiuti, mi resi conto che la mia vera curiosità era quella di capire che persona mi sarei trovato di fronte. Idolo d’infanzia del sottoscritto, non era più il Ricchiuti calciatore ad interessarmi. Di quel Ricchiuti sapevo tutto. La vera sfida era cercare di intuire le qualità e i valori di colui che tra i 13 e i 18 anni era stato uno dei miei totem sportivi.

La sensazione, a prescindere da pregiudizi vari, è stata quella di essermi trovato faccia a faccia con una persona fin troppo umile, fin troppo vera e fin troppo leale.

L’intervista risale ad una settimana fa e non vi sarà difficile notare la figura dominante della chiacchierata. Figura mai nominata dal sottoscritto, ma continuamente richiamata dal “chico”.

Allora Adrian, partiamo dagli inizi e dal tuo arrivo in Italia. Com’è stato per un ragazzo di Lanus approdare nel nostro paese ed avvicinarsi al nostro calcio?

«Approdare in Italia è stato traumatico perchè, come puoi ben immaginare, per un ragazzino di 12 anni spostarsi da una continente all’altro non è facile. Lasciare gli affetti è stata la parte peggiore. Fatto sta che sono arrivato in un paese, Forano (comune di 3170 abitanti n.d.r.), per motivi di lavoro di mio padre. E’ un paesino dove ancora i miei genitori vivono e in cui si può dire sia iniziata la mia carriera calcistica in Italia. Proprio a Forano infatti, dopo aver fatto un provino, son stato preso subito nella squadra del posto e solo dopo è arrivata Terni, dove a 13 anni mi sono trasferito».

Dopo Terni, la tua carriera prevede un lungo pellegrinaggio tra Genoa, Carpi, Pistoiese, Livorno ed Arezzo, per arrivare poi a Rimini. I ricordi delle tue annate in biancorosso sono troppi, ma credo di non essere mai andato vicino all’infarto come al tuo 2 a 1 a 3 minuti dalla fine, in un Cesena-Rimini Stagione 2007-2008, dove hai regalato a noi tifosi una gioia difficilmente descrivibile. Quanto mancano ad Adrian Ricchiuti sfide del genere? Quanto mancano alla città di Rimini?

«Sì, i primi anni della carriera sono stati un girovagare continuo per l’Italia. Io probabilmente prima di Rimini non ero ancora maturo, ma grazie a Dio qua ho trovato una società seria e il presidente Bellavista che credeva molto in me. Ricordo molto bene la partita che mi citi perché avevamo una curva che per gran parte del derby ci ha urlato contro in quanto stavamo facendo una pessima figura. Poi il gol di Greco e il mio, uno dietro all’altro, sono stati una gioia immensa. Tra l’altro il ricordo più bello di quella partita non riguarda il campo, ma il dopo: portare il pullman con tutti i giocatori sotto casa del patron Bellavista è stata una cosa che ricorderò per sempre come unica e bellissima.

Riguardo a quanto mi mancano partite tipo questa, non ti sto neanche a dire: mi mancano da morire. Per carità dobbiamo essere fieri e grati alla società per quello che sta facendo, ma adesso, con tutto il rispetto, quando sento parlare del derby con la Sammaurese mi viene male. Penso comunque che tutto torna e presto tornerà anche il derby con il Cesena.

All’85esimo Greco e all’87esimo Ricchiuti. Che la festa abbia inizio.

Visto che tu stesso mi hai detto “tutto torna”, pensi che i grandi palcoscenici possano tornare con il presidente Grassi alla guida della società?

«Sicuramente abbiamo trovato un presidente che ha tanta voglia di fare e tanta voglia del calcio che conta, quindi mai dire mai.

Ora che ci siamo scaldati, è arrivato il momento di metterti un po’ in difficoltà. Ripenso al gol di cui sopra, ripenso al gol alla Juventus, ripenso a tanti altri momenti e il dubbio mi sorge spontaneo. Magari sbaglierò io, ma a posteriori la mia impressione è che Adrian Ricchiuti abbia dato di più a Rimini, di quanto Rimini abbia dato ad Adrian Ricchiuti. Sono fuori strada? Mi spiego meglio: nel momento in cui eri al massimo livello in carriera, restare qua non ti ha un po’ tappato le ali verso una carriera più importante?

«No, assolutamente e adesso ti spiego il perché. Qua c’era un patto che avevamo io e il presidente Bellavista: dovevamo guadagnarci la Serie A insieme. Non avrei mai potuto lasciare Rimini con lui alla presidenza, avevo dato la mia parola. Per quel che riguarda la città, mi ha sicuramente dato tanto, perché per un giocatore la cosa più bella è essere riconosciuto e ancora adesso la gente, e in particolar modo i bambini, vedono un qualcosa in me che lì possa ispirare. Essere un esempio positivo e una persona da imitare per il sottoscritto va oltre alla fama, al successo e ai soldi: non c’è niente che mi renda più felice.

Come immaginavo. Qua mi piace riportarti un commento su di te fatto da Fabio Caressa ed estrapolato dal libro “Adrian Ricchiuti. Leggenda Biancorossa” di Nicola Strazzacapa. Fabio dice “Ricchiuti è sempre stato un giocatore di talento che forse ha fatto un po’ meno di quanto avrebbe potuto e dovuto, credo perché non è uno di quelli che si esalta pubblicamente”. Prosegue poi “… si è forse sentito meno forte di quanto dovuto”. Senza fare tanti giri di parole, ti ci rivedi anche in minima parte?

«Sicuramente io son stato una persona che nella vita quello che ha promesso ha sempre mantenuto. Sono sempre stato molto sincero, diretto e da quando son nato dico quello che penso. Quindi, come ti ho già detto, il patto che avevo fatto con Bellavista io lo volevo mantenere. Costi quel che costi. Probabile fossi stato un’altra persona, con altri valori e un’altra educazione avrei potuto fare scelte diverse e magari avere una carriera migliore, ma nessuno lo potrà mai sapere con certezza.

Questo ti fa sicuramente onore, però pensando anche alla tua esperienza a Catania in Serie A, quando sei stato chiamato in causa hai sempre risposto presente e dimostrato che nella massima serie potevi starci benissimo. Adesso la sparo volutamente grossa, ma prendendo ad esempio il tuo amico Papà Gomez, era veramente così tanta la differenza di rendimento/gioco tra voi due in quegli anni? Mi spiego meglio, tolta un’esplosività ed una forza nelle gambe in lui superiore e che comunque non era quella che il Papu ha oggi e se vogliamo il tiro, dal punto di vista tecnico ti ci sentivi inferiore?

«Partendo dal presupposto che lui è arrivato in Italia a 21 anni già pronto per giocare, non mi va di confrontarmici. Con riguardo al Papu posso solo dire che son molto contento che il primo gol in Italia glielo abbia fatto fare io in un Catania-Napoli. Lui penso che a Bergamo abbia trovato una maturità tale che gli permette di fare grandi cose: ormai gli esterni che saltano l’uomo sono sempre meno e questo, apro parentesi, è un grosso problema anche dei settori giovanili. Gli allenatori adesso ti riempiono la testa di concetti, ma dai 30 metri in su ci vuole fantasia nel calcio e la stiamo perdendo. Purtroppo proprio recentemente sono andato a vedere i ragazzini della rappresentativa dei giovanissimi (dai 13 ai 15 anni n.d.r.) e dal punto di vista tecnico non ci siamo. Lo ha detto anche Allegri, con cui tra l’altro ho giocato e posso assicurarti fosse fortissimo, che dovremo tornare prima di tutto a formare giocatori validi da un punto di vista tecnico. Concordo in pieno con lui.

Visto che io ti ho citato Gomez e tu Allegri, qual’è stato il giocatore più forte con il quale hai avuto il piacere di giocare insieme? Quale quello invece più impressionante che hai avuto la sfortuna/fortuna di giocare contro?

«Barrientos! Cioè per farti capire, nell’under 20 argentina Barrientos era il numero 10 e Messi l’11. Parliamo di un fuoriclasse che poi per sfortuna è stato operato tipo venti volte… Tra quelli che ho affrontato direi Cassano. Ti potrei fare altri nomi, perché ho veramente giocato contro tanti campioni: ho giocato contro Ronaldinho che mi ha fatto il tunnel, contro Seedorf, Ibrahimovic e altri ancora, ma secondo me Cassano negli anni alla Sampdoria con Pazzini era speciale. Vedeva le cose un secondo prima rispetto agli altri. Specifico che io posso sbilanciarmi solamente su trequartisti e simili. Purtroppo una razza di giocatori in via d’estinzione. Soprattutto in Italia.

“El Pitu” Barrientos ❤

Curiosità personale che prima o poi dovevo togliermi: sei mai stato veramente vicino al Napoli?

«Credo più di una volta. Addirittura, e questa è una chicca che ti lascio, nel 1995 son stato venduto al Napoli. Mi chiama il presidente Fedeli che adesso è alla Sambenedettese ed era il mio presidente alla Ternana, e mi disse “Adrian ti ho venduto al Napoli di Ferlaino”. Dopo un’ora non so cosa è successo, ma cambio di programma e sono stato venduto al Genoa. Poi quando abbiamo fatto le varie partite Rimini-Napoli ai tempi della B c’è stato di nuovo un loro forte interesse e Marino voleva portarmi a Napoli. Però il punto è sempre quello: avevo un patto con Bellavista. Lui non mi avrebbe mai venduto e io non avrei mai lasciato Rimini con lui a capo della società.

Siamo alle solite: il vostro legame andava veramente oltre a tutto. Ti ho già rubato abbastanza del tuo tempo, ma per concludere, passiamo al presente. Oggi il Rimini dopo anni burrascosi sembra aver trovato una certa stabilità economica e di risultati. L’anno scorso la promozione in D e quest’anno il il primato in classifica a +9 sulla seconda. Ti piace questo nuovo ruolo da Team Manager? Non avesti voglia ogni tanto di scendere in campo e lottare coi tuoi ex compagni?

«Io dico sempre che ho smesso al momento giusto. Son contentissimo del gruppo di lavoro che si è creato: tutti si lavora per uno stesso traguardo e c’è molta comunicazione tra di noi. Siamo una grande famiglia e per esperienza personale, ormai posso dirti che quando c’è una grande famiglia, anche se non ci sono grandi soldi, si possono fare grandi cose. I complimenti vanno fatti in primis al presidente Grassi e al direttore sportivo Pietro Tamai che è due anni di fila che scelgono come meglio non potrebbero i giocatori e tutti i componenti dello staff.

Grazie mille Adrian, speriamo allora che tra qualche mese si potrà festeggiare la Lega Pro. A presto.

«Speriamo bene Lorenzo. Grazie a te.

Lorenzo Lari

www.sportellate.it

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