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Covid: a Rimini le donne che hanno perso il lavoro sono il doppio degli uomini

Le categorie più colpite dall’ emergenza covid sono state quelle che nel mondo del lavoro lo erano già: le donne, stranieri e giovani; nel 2020 le donne che hanno perso il lavoro sono quasi il doppio dei colleghi uomini. E’ quanto emerge dalla ricerca della consigliera di parità della Provincia di Rimini, Adriana Ventura, sull’impatto del covid sull’occupazione femminile in Italia e le dimissioni dal lavoro entro il terzo anno di vita del figlio convalidate nell’anno 2020 dall’Ispettorato territoriale del lavoro di Rimini.

“Le motivazioni – spiega la consigliera – sono da ricercare nel fatto che spesso le donne sono occupate in posizioni meno tutelate e nei settori più colpiti dalla crisi pandemica, il cui impatto ha creato nuove disuguaglianze”.

Il rapporto ISTAT “IL MERCATO DEL LAVORO 2020″ realizzato in collaborazione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Inps, Inail e Anpal sottolinea 5 punti che evidenziano i danni che hanno colpito il genere femminile:

Primo fra tutti la caduta del tasso di occupazione femminile, che è stata dell’1,3% contro lo 0,7% negativo fra gli uomini. Il divario occupazionale creatosi durante il lockdown non si è ancora colmato. Le donne ancora oggi risultano le più penalizzate nelle assunzioni (nel secondo semestre 2020 la riduzione delle attivazioni di rapporti di lavoro delle donne supera di 6,2 punti percentuali il calo osservato per la componente maschile).

Dal 4 maggio 2020 al 30 settembre 2020 sono rientrati nel mercato del lavoro 67mila persone che avevano perso l’occupazione durante il lockdown (1° febbraio 2020/3 maggio 2020), ma di queste solo il 42,2% ha riguardato personale femminile, che ha dovuto attendere il maggior numero di tempo per trovare nuova occupazione, in media circa 3 mesi in più rispetto al precedente anno 2019.

Un altro fenomeno “che sembra senza fine” sono le dimissioni delle neomamme e neopapà che lasciano il lavoro nei primi anni di vita dei figli neonati, nel 2019 erano stati a livello nazionale 37,611 le neomamme dimessesi, i papà erano stati 13,947. “Si tratta – è la spiegazione – di dimissioni volontarie ma alla cui base c’è sempre un problema, il solito che si riferisce alla difficoltà di conciliazione del lavoro di cura e attività lavorativa”.

“Analizzando i dati delle dimissioni presentate in periodo protetto, si osserva che la provincia di Rimini non si discosta, anzi riflette le stesse difficoltà; infatti, dalla relazione annuale che proprio nei giorni scorsi la presentato l’Ispettorato nazionale del Lavoro emerge che nella nostra provincia si sono dimessi  291 genitori”, rimarca Adriana Ventura –  Dalla lettura del report riemerge una difficoltà di conciliazione che ricade proprio sulle donne, quando non c’è una rete famigliare (nonni e altri parenti) che possano supportare i genitori nel lavoro di assistenza e cura dei piccoli, oppure dovuta al mancato accoglimento della richiesta di part time, segnale questo che le aziende spesso non vanno incontro ai bisogni dei genitori”.

Il mancato accoglimento di richieste di diversa modulazione della prestazione lavorativa “è una dolorosa conferma della ancora insufficiente sensibilità da parte dei datori di lavoro verso le esigenze di conciliazione tra il ruolo genitoriale e il proseguire dell’attività professionale”.

L’analisi dei dati sulle dimissioni in periodo tutelato in un anno vissuto in emergenza sanitaria ha probabilmente influito in misura maggiore sulle decisioni delle mamme di lasciare il lavoro, in quanto in maggior misura occupate nel settore dei servizi, commercio e domestico che spesso danno poca sicurezza e stabilità. Pertanto, “queste donne
lavoratrici sono le prime vittime sacrificali, un fenomeno a cui il blocco dei licenziamenti non è riuscito a mettere freno”.

Neanche lo smartworking in molte situazioni è stato un salvagente “perchè in molti casi si è sovrapposto al carico della cura della famiglia e della didattica a distanza, senza più poter avere la possibilità di una separazione degli spazi cura/lavoro”.

Il tema dell’occupazione femminile e della disparità di genere per superare la crisi post covid è tornato in questi giorni all’onore della cronaca grazie alle notizie circolate circa l’approvazione della nuova manovra di bilancio da parte del Consiglio dei Ministri: “Questo ci rassicura solo in parte perché il tasso di occupazione femminile in Italia raggiunge solo il 49,5%, uno dei livelli più basi d’Europa, una situazione di svantaggio su cui ha pesantemente influito la chiusura delle scuole e il confinamento domestico che ha messo in dura difficoltà tante lavoratrici mamme”.

“Le donne sono una risorsa che il mercato del lavoro difficilmente riconosce e valorizza, questo vuol dire che il Paese perde la possibilità di generare ricchezza in quanto le donne sono risorse essenziali per il nostro sistema sociale ed economico. Abbiamo una occasione se nel piano economico del Recovery Fund troveremo misure e risorse a favore dell’occupazione femminile, tese a combattere le disparità di genere e a implementare nuovi impianti di welfare, allora potremo guardare a un intervento inclusivo che riguarda le differenze di genere in grado di creare valore e innovazione per le aziende e per la società. Si resta quindi in attesa di esprimere le opportune considerazioni appena sarà pronta la manovra della legge Finanziaria 2022”, conclude la Consigliera di Parità Adriana Ventura.

 

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