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COSÌ MORÌ LA RIMINI CALCIO

Ore 16 e 36 di venerdì 15 luglio 2016. Rimini viene ufficialmente cancellata dal calcio professionistico. Ne dà notizia uno scarno comunicato della società stessa, recante la conferma che il ricorso per agguantare l’iscrizione in extremis non sarebbe stato fatto.
Era già capitato il 30 giugno 2010 per mano della Cocif, che interrompeva l’avventura biancorossa dopo anni di gioia e anni complicati.
Forse per capire i perchè del presente occorre anche andare ai fatti del recente passato.
Per esempio al 9 settembre 2006: il calcio a Rimini ha cominciato a morire in quel giorno, verso sera.
Proprio quella sera in cui la città di Rimini può toccare con mano cosa può dare il grande calcio. Fin dal giorno prima Rimini è invasa da tante persone festanti arrivate per l’evento: la prima partita della storia della Juventus in serie B.
In migliaia presenzieranno la gara al “Romeo Neri”, altrettanti si accontenteranno di uno scorcio, una visuale o di una foto dei bianconeri freschi di vittoria mondiale nei giardini del Grand Hotel. Apparentemente un grande successo. Nei fatti, l’inizio della fine.
Sapendo dell’arrivo dello squadrone e di tutti i media che lo seguono, si tenta di lenire l’impatto avvilente che il nostro stadio purtroppo trasmette (il presidente Bellavista chiedeva in quel  già da un po’ di poter intervenire), ma il vento notturno spazza via i palloncini montati in centrale, lasciando i calcinacci “a vista”.
Il giorno dopo il match del secolo, oltre 500 abbonamenti sottoscritti negli ultimi giorni verranno abbandonati e mai ritirati in sede. Contava solo la prima, contava vedere la juve, il resto interessava poco.
Colui che ci aveva portato a quel punto, il compianto patron Vincenzo Bellavista, chiede solo una cosa: lo stadio.
La politica sembra farsi carico del problema e cominciano le procedure, le opportune discussioni, ma purtroppo anche le opposizioni più o meno palesi a questo importante progetto che per fare calcio ad alti livelli risulta imprescindibile.
La storia recente sentenzia che lo stadio non verrà fatto, fiumi di parole suggellano la mancata occasione e non mancano attriti più o meno forti a livello politico dietro al calcio cittadino, che nel frattempo comincia a sgonfiarsi.
La scomparsa del presidente Bellavista chiude tutte le discussioni. Con la mancata iscrizione da parte di Cocif di sei anni fa, siamo quasi all’oggi.
Biagio Amati viene designato come base del nuovo progetto biancorosso, che però nel primo anno di attività si trova in rotta di collisione con la meteora Real Rimini di Danilo Pretelli. Questo dualismo non aiuta certo le già non eccelse potenzialità del sodalizio Amati e nell’estate del 2014, con Fabrizio De Meis già presidente da fine gennaio dello stesso anno, si consuma una telenovela snervante sui conti societari, che rischia di condannare il Rimini, appena retrocesso tra i dilettanti, alla sparizione definitiva.
Quel momento viene superato, la squadra stravince la serie D e siamo al campionato di quest’ anno. Un campionato fatto di situazioni sul campo e di situazioni fuori dal campo che sicuramente hanno segnato indelebilmente i tifosi biancorossi, almeno quelli che sono rimasti incollati alle tribune e non hanno mollato.
Resterà per sempre il ricordo della colletta dell’orgoglio e della salvezza inutile ottenuta sul campo. E resteranno anche, purtroppo, situazioni a metà tra il grottesco e il tragico, come il transito in tribuna di fantomatici acquirenti arabi. Ma siamo la città di Fellini e uno dei suoi capolavori si chiama “Il bidone”.
Inutile e dannoso secondo me adesso sarebbe dividersi sulle indubbie (a mio modo di vedere) colpe di questa dirigenza. Inutile e dannoso far volare stracci sull’onda emotiva di un progetto che di fatto è defunto il 16 febbraio scorso ed è vissuto negli ultimi mesi più della passione e della voglia di sognare dei tifosi che di altro.
Oggi si chiude un ciclo. Il ciclo dei progetti nati poco bene e proseguiti peggio.
Mentre scrivo, commento con gli amici la conferenza stampa tenuta ieri dal sindaco Gnassi e dall’assessore competente, che sembrano motivati e decisi nel dare a Rimini un progetto serio e trasparente, un progetto di cui poter essere fieri.
Pare che in tanti (almeno cinque sodalizi diversi) abbiano bussato alle porte di palazzo Garampi per farsi portatori di un valore quale è il centenario calcio cittadino. Valore a volte trascurato dalle grandi folle riminesi, ma sempre vivo e vegeto in città.
Per capire chi sarà il patron di questo nuovo corso bisogna aspettare ancora qualche giorno, non più di una settimana.
La storia continua…

Emanuele Pironi 

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