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Così i poeti di Santarcangelo raccontavano la Resistenza ai nipotini

Francesco Ciotti: “L’isola dei poeti. Racconti per tutte le età. La Resistenza e i poeti del Circolo del Giudizio” – 
Il Ponte Vecchio.

Ogni tanto, con invidia, ricordo al mio amico bibliotecario di Santarcangelo, Pierangelo Fontana (anche lui ormai in pensione), che non è possibile che nella sua città, sotto ogni pietra, spunti fuori un poeta (in dialetto o in italiano), un pittore, un uomo del cinema, un pedagogo, un grande cuoco, un costruttore di musei, un attore. O un Sindaco che sappia immaginare la cultura come strumento per la crescita della sua città e della sua popolazione (Romeo Donati).

Santarcangelo è una città straordinaria, tra le più belle e le più vive della nostra provincia. Ricca di appuntamenti, di mercati, di mostre. Capace di attrarre grandi folle e di sapere accoglierle. Offrendo loro occasioni di ristorazione per tutti i gusti, oltre che spazi ed eventi culturali. Basta, finisco questo spot promozionale. Sono già stato accusato di dedicare nelle mie recensioni sin troppo spazio alle segnalazioni di libri su Santarcangelo: ma cosa posso farci se da anni la produzione libraria di autori santarcangiolesi è la più ricca e continua del riminese?

Ora questo nuovo libro di Francesco Ciotti, medico pediatra con la passione della scrittura, ci riporta nella Santarcangelo degli anni ’60, in un giorno di primavera, al Caffè Trieste, gestito dalla famiglia di Lello Baldini, ubicato nella piazza delle Erbe. Qui sono radunati i poeti del Circolo del Giudizio (Tonino Guerra, Gianni Fucci, Giuliana Rocchi, Flavio Nicolini, Nino Pedretti, Raffaello Baldini), ciascuno di ritorno da un luogo diverso – si ritrovano intorno a un tavolo per parlare di poesia. “Oggi, nel sole di primavera seduti in cerchio intorno a un tavolino ci sono quasi tutti, ciascuno tornato dal suo viaggio nei continenti lontani. Tonino dalla Russia, Rina [Macrelli] dalla Francia, Lello dalla Lombardia, Nino dalla Germania, Flavio dalla città del Papa. Solo Gianni è rimasto sempre lì pazientemente ad aspettare che tornassero tutti all’isola, come se fosse ieri. Poi forse arriveranno anche la Giuliana, che lei lavora da operaia per guadagnarsi il pane, e Federico [Moroni] che fa ancora scuola al Bornaccino, al confine dell’isola sul Marecchia”

L’Autore, ricorrendo a libri da loro pubblicati, costruisce racconti sulla loro vita e sulla città: “Questi racconti nascono dall’incontro tra una idea letteraria e la testimonianza storica di una comunità”. Il filo rosso di questa narrazione è data dallo splendido storico volume di Gianni Fucci e Serino Baldazzi “La notte delle bandierine rosse” edito dall’ANPI santarcangiolese nel 1994.

L’arrivo nel gruppo di poeti al bar di Fausto, il giovane nipote di Tonino, li costringe, sotto un fuoco di fila di sue domande, a ripercorrere gli eventi della loro gioventù avvenuta sotto il fascismo e gli anni della guerra. E nei loro racconti emergono le storie dei partiti, dei protagonisti cittadini negli anni del fascismo e di quelli della lotta antifascista che condussero alla liberazione di Santarcangelo di Romagna il 24 settembre 1944. “La sorpresa ancora più straordinaria è stata che tra questi protagonisti vi erano proprio le famiglie antifasciste dei grandi poeti santarcangiolesi e gli stessi poeti che, nati tra il 1920 e il 1930, e allora poco più che ragazzi, durante la guerra parteciparono alla lotta e ne pagarono un prezzo, e che dopo la guerra diedero vita a una delle stagioni più belle e originali della poesia italiana in lingua e in dialetto”.

Così Tonino Guerra, nato nel 1920 e il più vecchio, racconta della sua cattura e della sua prigionia in un campo tedesco ove nacque la sua poesia dialettale. Fausto: “Nonno voglio sapere dove sei stato via di nuovo tutto questo tempo. Sei stato ancora in un campo di concentramento in Germania dove mangiavi le farfalle?”. Tonino: “Boia d’un burdèl, ma cosa dici? Peggio, molto peggio. Sono stato in Russia dove mangiano i bambini”. Fausto: “Ma va là, nonno, guarda che non sono mica scemo, lo so che non è vero, perché quando mia mamma lo dice per far arrabbiare mio babbo, mio babbo spacca un piatto per terra e ci dice che là mangiano solo i preti e le bigotte come lei”.

Nino Pedretti difende l’attivismo culturale del padre fascista (Edoardo Maurizio Turci: “Luigi Renato Pedretti” Il Ponte Vecchio, 2021) sempre in lotta col rozzo podestà Alfonso Giorgetti.

Giuliana Rocchi è la proletaria del gruppo: “Non sono mica come voi che non fate niente tutto il giorno e fate finta di lavorare di cinema e di sceneggiatura. Intellettuali con la sinistra e nullafacenti con la destra. Bróta ràza ch’a sói. Il mio lavoro vi mantiene anche a voi e la mia poesia è una passione non un mestiere come il vostro, un obbi con la acca come si dice. Non sarò brava come voi, però io lavoro sul serio”. E sui fascisti: “Dico che oggi ci sono dei partiti che sotto sotto sono fascisti e vorrebbero tornare al governo con la democrazia fatta col sangue, Dico che basta, che di quelli del ’22 ne abbiamo avuto abbastanza. Dico bene, ragazzo?”.

E poi si aggiungono al gruppo il medico Achille Franchini, primario dell’ospedale dal 1911 al 1941, assessore socialista prima di Mussolini e dopo la sua morte (“nonostante il suo antifascismo noto e dichiarato, era troppo amato dal popolo per essere toccato dal duce”), il giornalista Sergio Zavoli (il “socialista di dio”) e Ezio Giorgetti, di Bellaria, primo italiano “Giusto fra le Nazioni” a Gerusalemme che, grazie ad una catena di solidarietà, salvò 38 ebrei da morte sicura.

E tutti raccontano a Fausto storie, ma lui “di quella lunga discussione tra i grandi non ha capito quasi niente. Ha soltanto intuito che tutti quei grandi che discutono hanno una gran testa e che vogliono stare dalla parte dei deboli e degli oppressi ma che sul come starci non si sono mai trovati d’accordo e perciò pochi prepotenti per un po’ hanno avuto la meglio”.

Ciotti dedica questo suo libro ai ragazzi, con la speranza che in molti possano leggerlo. Del resto i poeti del Circolo del Giudizio sono stati maestri di poesia, ma anche di civiltà. Figli di una comunità unica ricca di valori e di tradizioni. “Come diceva Enzo Biagi, che fu partigiano, insieme alla memoria si può perdere la libertà che va ogni volta difesa e riconquistata. Perciò sentivo la necessità di raccontare del ventennio fascista e della Liberazione in una comunità romagnola con un linguaggio semplice ai ragazzi e agli studenti di oggi”.

Paolo Zaghini

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