Fine settembre.
Un capriolo attraversa, in un lampo lo stretto sentiero tra i boschi dell’Alta Valmarecchia che sto percorrendo in sella a un cavallo vecchio come me.
E’ stato davvero un attimo, ma forse proprio per questo, vivo questo istante come un dono straordinario offertomi dalla Natura. Alzo gli occhi al cielo dove una poiana galleggia nell’aria come una barchetta. E sento di doverla ringraziare ancora…
Le giornate si accorciano. L’inverno è vicino. Gli operatori turistici là in fondo, dove Rimini sta emergendo dalla foschia, stanno facendo il bilancio della loro stagione.
Lo faccio anch’io.
Già. Sono stato, da bambino, uno che cercava di capire come i giocattoli sono fatti dentro. Il che mi ha creato non pochi problemi. Avevo nove anni, quando, sulla strada di Covignano che porta al Convento delle Grazie, mio padre chiese a un frate che avevamo incrociato durante la nostra passeggiata, di rispondere alla domanda che gli avevo appena rivolto. E cioè come potesse essere buono un Dio che con il diluvio universale aveva affogato milioni di bambini come me. La risposta del frate fu immediata: “I bambini no!”.
Come capii molto tempo dopo, studiando il fenomeno della ‘dissonanza cognitiva’, egli si era inconsciamente ‘censurato’, negando l’evidenza, per non subire il crollo psicologico di chi vede pregiudicato il sistema di valori al quale ha improntato la sua vita. E alla mia obiezione che a salvarsi erano stati solo Noè e famiglia come mi avevano insegnato, cominciò a sbraitare che gli eretici vanno all’inferno e che mio padre avrebbe dovuto raddrizzarmi a schiaffoni prima che fosse troppo tardi.
A quel frate non l’ho mai perdonata. Eh, no! Perché mio padre, un credente, c’era rimasto veramente male. E forse fu proprio quel lontano episodio a indurmi a smontare e rimontare per tutta la vita tanti ‘giocattoli’ ideologici. Per comprendere infine che ciò che cercavo esisteva, semplicemente, nella meravigliosa Natura che ora mi circonda.
Giuliano Bonizzato