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Coronavirus: ancora poche le informazione per l’interazione tra PM e particelle virali

Se da una parte alcuni studi scientifici suggeriscono un possibile ruolo del PM nel trasporto a lunga distanza dei virus influenzali animali, dall’altra si evidenziano diversi elementi di contraddizione che non consentono di trarre conclusioni definitive.

Si tenga presente, che diversi argomenti depongono a sfavore di un ruolo del particolato atmosferico nella diffusione dei virus e del SARS-CoV-2, in particolare la carica infettiva dei virus di provenienza umana o animale; infatti difficilmente può conservarsi trasportata dal particolato su lunghe distanze e per tempi prolungati. Generalmente, sia per i virus influenzali che per i coronavirus, una volta fuoriuscite dall’apparato respiratorio le droplets tendono ad evaporare portando, insieme alle altre condizioni tipiche dell’ambiente outdoor (es. irraggiamento solare), ad una inattivazione dei virus presenti (Tseng CC, 2005; Parienta D, 2011).

È importante sottolineare che alcuni autori hanno anche avanzato l’ipotesi che diversi inquinanti e componenti chimiche del particolato di origine ambientale possano addirittura fungere da inattivatori delle particelle virali, aggredendo l’involucro del capside virale (Chen PS, 2010; Sooryanarain H, 2015).

Per comprendere le possibili interazioni tra PM e particelle virali, è stata recentemente sviluppata una piattaforma virtuale che ha dimostrato come l’incremento di PM2.5 possa determinare una consistente riduzione della vitalità dei virus incapsulati. In questo studio sono stati utilizzati il batteriofago Φ6, esempio di virus incapsulati come i coronavirus, e il batteriofago non incapsulato ΦX174 dimostrando come l’incremento di PM 2.5 riduca l’infettività del batteriofago Φ6, ma non quella del batteriofago ΦX174, probabilmente per un’azione di lisi dell’involucro proteico, con conseguente esposizione e degradazione del materiale genetico (RNA) (Groulx N, 2018).

È possibile, quindi, dire che allo stato attuale delle conoscenze le evidenze su un possibile ruolo del particolato atmosferico nella diffusione del SARS-CoV-2 siano decisamente limitate e frammentarie. Riscontri più solidi ha invece l’ipotesi, ancora tuttavia da verificare, che il bioaerosol possa avere un ruolo nella trasmissione del contagio in ambienti confinati (o indoor), in particolar modo nelle strutture sanitarie (WHO, 2020).

https://www.scienzainrete.it/articolo/inquinamento-e-covid-due-vaghi-indizi-non-fanno-prova/stefano-caserini-cinzia-perrino?fbclid=IwAR11UoGtboNdhUYmYZc0u3uB4KBE6UnH_9DYTvj-sFWfzjJmxESiFfA8xMI

https://repo.epiprev.it/index.php/2020/04/17/valutazione-del-possibile-rapporto-tra-linquinamento-atmosferico-e-la-diffusione-del-sars-cov-2/

 

 

Roberto Nanni Tecnico Meteorologo Certificato e divulgatore scientifico di AMPRO Associazione Meteo Professionisti

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