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Consiglio di Stato dà ragione ad AGCOM: “Le società di allestimento non possono essere pubbliche”

A dicembre 2020 il Tar dell’Emilia-Romagna aveva dato ragione al Comune di Rimini “nel ricorso presentato attraverso l’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, respingendo l’annullamento del piano di razionalizzazione periodica delle partecipazioni societarie del Comune per il 2019, approvato in Consiglio Comunale”.

La delibera era stata impugnata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm) perché “il ‘piano di razionalizzazione’ approvato, non occupandosi di Italian Exhibition Group, di fatto ne ammetteva, implicitamente, il mantenimento da parte del Comune, e, attraverso la stessa società, autorizzava implicitamente anche la detenzione delle partecipazioni nel settore dell’allestimento di stand e di organizzazione di eventi in generale”. Secondo il parere dell’Agcm queste partecipazioni dovevano viceversa essere dismesse, perché il loro mantenimento avrebbe potuto comportare “vantaggi concorrenziali a favore delle società partecipate dagli enti pubblici”.

Il Tar aveva dato ragione al Comune di Rimini. Nella sentenza, infatti, i giudici avevano evidenziato che la norma in materia “ammette testualmente la partecipazione delle amministrazioni pubbliche a società aventi per oggetto sociale ‘prevalente’ e non già ‘esclusivo’ la gestione di spazi fieristici e l’organizzazione di eventi fieristici”. Per il Tar, quindi, la norma “consente a tali società di perseguire anche altri oggetti, purché non in via prevalente, e la lettura restrittiva sostenuta dall’Autorità appare irrimediabilmente cozzare contro la norma stessa”.

Ora la sentenza del Consiglio di Stato che ribalta la sentenza del Tar. Questo significa, come scritto nel dispositivo della sentenza che “il Comune di Rimini, la Provincia di Rimini e la Camera di Commercio della Romagna – Forlì, Cesena, Rimini provvederanno, entro trenta giorni dalla notificazione della presente decisione, alla riadozione degli atti annullati, nelle parti interessate, alla luce dei pareri dell’Autorità del 4 febbraio 2020 e tenendo conto delle statuizioni che precedono, provvedendo a comunicare all’Autorità le determinazioni conclusive.”

Secondo il Consiglio di Stato “il punto è che alle amministrazioni pubbliche è consentito detenere partecipazioni solo in società che operano nei settori indicati dall’art. 4, cioè quelli strettamente necessari per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, e l’attività di allestimento degli stand fieristici non può ritenersi avere la suddetta finalità, e non rientra tra le attività consentite dall’art. 4, comma 7, del TUSPP.”

“L’art. 4 scrivono i giudici del Consiglio di Stato, è invece una norma che ha come destinatari le amministrazioni pubbliche; pertanto il fatto che una partecipazione societaria si riferisca ad una “società quotata” non può consentire alle stesse amministrazioni pubbliche di eludere i limiti imposti da tale norma, acquisendo partecipazioni in società attive in settori non strettamente funzionali al perseguimento delle finalità istituzionali dell’ente. A questo va aggiunto come la quotazione della società risalga al 2019, quindi ben dopo la data del 31 dicembre 2015 di cui alla disposizione transitoria racchiusa nell’art. 26 del T.U.”

La sentenza del Consiglio di Stato 

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