Interessanti sentenze del TAR Lazio pubblicate ieri, 1° giugno 2022 (n.7157-2022 e n.7173-2022), aventi ad oggetto l’impugnazione dei pronunciamenti dirigenziali (Determine e Bando di Gara) attraverso i quali “Roma Capitale” affidava “provvisoriamente e per non più di 12 mesi 9 Concessioni Demaniali Marittime con finalità turistico ricreative site sul litorale del Municipio X di Roma Capitale in scadenza al 31.12.2020 – Stagione balneare 2021”.
I motivi di impugnazione oggetto dei due distinti procedimenti erano in parte gli stessi ed alcuni autonomi ed è interessante analizzare sia gli uni che gli altri per gli aspetti inerenti al tema scottante delle “concessioni demaniali marittime a scopo turistico ricreativo” rapportato alle “sentenze gemelle” dell’ Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 9 Novembre 2021 e alla discussione politica di questi giorni sul DDL Concorrenza che come sempre è accaduto in questa materia, ipocritamente, ritiene di non fare i conti con “l’ oste” e cioè con la giurisprudenza granitica ormai consolidatasi e con i principi eurounionali.
Le società ricorrenti, concessionarie di stabilimenti balneari e risto-bar, contestavano “la messa a gara” del proprio titolo concessorio ricompreso nella determinazione dirigenziale impugnata in quanto, a contrario, ne volevano vedere riconosciuta l’estensione della durata al 31.12.2033 “ai sensi dell’art. 1, commi 682 e 683 della l. n. 145/2018, dell’art. 182, comma 2, del d.l. n. 34/2020 (motivo comune ai due procedimenti ) e, in ogni caso, motivo particolare per un solo procedimento, si chiedeva la conservazione della validità ed efficacia della concessione ex art. 103, comma 2, del d.l. n. 18/2020, sino alla definitiva cessazione dell’emergenza sanitaria in corso e per i 90 giorni successivi a tale cessazione”.
Nel merito, la questione di fondo comune alle due decisioni, concerne la legittimità, o meno, della decisione di Roma Capitale di procedere all’ affidamento temporaneo delle concessione balneari per cui è causa mediante l’indizione di una procedura ad evidenza pubblica, sul presupposto che il titolo concessorio reclamato dalle parti ricorrenti dei due procedimenti – in scadenza al 30 dicembre 2020 (art. 1, comma 18, del d.l. n. 194/2009, come modificato dall’art. 34 duodecies del d.l. n. 179/2012) – non sia ulteriormente prorogabile “alla luce della giurisprudenza amministrativa, costante nel ritenere illegittima ogni ipotesi di proroga automatica in materia, in quanto in contrasto con la direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (c.d. direttiva Bolkestein)”. Tale contrasto normativo, ad avviso del Comune, comporterebbe la non applicazione della normativa nazionale -invero invocata nell’istanza di proroga avanzata all’amministrazione comunale a sostegno della dedotta perdurante efficacia della propria concessione (art. 1, commi 682 e 683, della l. n. 145/2018 e art. 182, comma 2, del d.l. n. 34/2020, convertito in legge n. 77/2020) – in quanto confliggente con il diritto dell’Unione.
Su questo punto il TAR Lazio nelle due pronunce richiama integralmente le motivazioni espresse dalle richiamate sentenze dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 17 e n. 18 del 2021. Essa, ricordiamolo, ha autorevolmente ribadito come la direttiva 123/2006/CE:
- sotto il profilo ontologico, ha natura di “direttiva di liberalizzazione” (e non già di armonizzazione ai sensi dell’art. 115 T.F.U.E.) in quanto “tesa ad eliminare gli ostacoli alla libertà di stabilimento e di servizio, garantendo l’implementazione del mercato interno e del principio concorrenziale ad esso sotteso”;
- sotto il profilo dell’ambito di applicazione, riguarda (anche) la concessione demaniale marittima con finalità turistico-ricreativa che va qualificata quale “autorizzazione” di servizi riguardante una risorsa naturale attualmente caratterizzata (sia in ambito locale che nazionale) da “notevole scarsità” (concetto “da intendersi in termini relativi e non assoluti”) “a maggior ragione alla luce della già evidenziata capacità attrattiva delle coste nazionali e dell’elevatissimo livello della domanda in tutto il periodo estivo”;
- sotto il profilo effettuale, ha carattere “self executing”, avendo “un livello di dettaglio sufficiente a determinare la non applicazione della disciplina nazionale che prevede la proroga ex lege fino al 2033 e ad imporre, di conseguenza, una gara rispettosa dei principi di trasparenza, pubblicità, imparzialità, non discriminazione, mutuo riconoscimento e proporzionalità”.
Su tali premesse, l’Adunanza Plenaria ha, dunque, ribadito – in continuità con la prevalente giurisprudenza comunitaria e nazionale amministrativa, sia di primo che di secondo grado “con l’unica isolata eccezione del T.a.r. Lecce” – “il principio secondo cui il diritto dell’Unione impone che il rilascio o il rinnovo delle concessioni demaniali marittime (o lacuali o fluviali) avvenga all’esito di una procedura di evidenza pubblica, con conseguente incompatibilità (per contrasto sia con gli artt. 49 e 56 T.F.U.E. sia con l’art. 12 della direttiva 2016/1237CE) della disciplina nazionale (art. 1, commi 682 e 683, l. n. 145/2018 e art. 182, comma 2, d.l. 19 n. 34/2020) che prevede la proroga automatica ex lege fino al 31 dicembre 2033 delle concessioni in essere”, chiarendo che “tali norme, pertanto, non devono essere applicate né dai giudici né dalla pubblica amministrazione” nonché, peraltro, evidenziando come “non vi è dubbio …, che nell’inerzia del legislatore, l’art. 12 della direttiva 2006/123 e i principi che essa richiama, tenendo anche conto di come essi sono stati più volti declinati dalla giurisprudenza europea e nazionale, già forniscono tutti gli elementi necessari per consentire alle Amministrazioni di bandire gare per il rilascio delle concessioni demaniali in questione, non applicando il regime di proroga ex lege”. La Corte di Lussemburgo ha, poi in particolare, chiarito che il rimedio della non applicazione della norma interna ha come suo presupposto unicamente l’“efficacia diretta” della norma europea che, ove si tratti di una direttiva, è tale se è “sufficientemente chiara, precisa e incondizionata” (self executing), da cui consegue la disapplicazione tout court della norma interna che deve lasciare il posto a quella europea, a prescindere dal grado di dettaglio di quest’ultima (cfr. Corte di giustizia, 24 giugno 2019, causa C-573/17, caso Popławski II) e quindi senza distinzione tra disapplicazione in senso assoluto (comportante l’effetto ostativo della norma interna) e disapplicazione in senso relativo (comportante l’effetto sostitutivo della norma interna).
Interessante, invece, è la motivazione per cui il TAR Lazio abbia, nella sentenza 7173/2022, accolto l’istanza della società ricorrente e annullato, sia le determinazioni dirigenziali di “Roma Capitale”, che il conseguente “Bando di gara”. La Regione Lazio ha, infatti, emanato un’articolata serie di disposizioni – le più rilevanti delle quali sono contenute nella l.r. n. 13 del 6 agosto 2007, come modificata dalla l.r. n. 8 del 26 giugno 2015 ed ulteriori successive modificazioni, e nel Regolamento regionale 12 agosto 2016, n. 19 di “Disciplina delle diverse tipologie di utilizzazione delle aree demaniali marittime per finalità turistico-ricreative” – che, nel quadro della “Organizzazione del sistema turistico laziale”, hanno disciplinato compiutamente la “Utilizzazione del demanio marittimo per finalità turistiche e ricreative” (cosi è rubricato il Capo VI della citata l.r. n. 13/2007). In buona sostanza Il Tar Lazio ha affermato che l’affidamento dei titoli concessori debba avvenire nel rispetto della pianificazione regionale e comunale concernente il litorale laziale e come, all’evidenza, l’adozione del PUA comunale costituisca, pertanto, presupposto indispensabile per l’avvio della procedura ad evidenza pubblica, sancita dall’art. 53 bis della p.r. n. 13/2017, volta al rilascio dei titoli concessori insistenti sulle aree appartenenti al demanio marittimo.
Nel caso di specie, emerge – invece – agli atti di causa, che, come correttamente evidenziato dalla parte ricorrente, Roma Capitale non si sia ancora provvista di un PUA comunale, come confermato da quanto si legge nelle premesse della contestata determinazione dirigenziale prot. 131531/2020, in cui il Municipio X dà atto di procedere all’indizione della procedura “nelle more dell’approvazione da parte dell’Assemblea Capitolina del nuovo Piano di Utilizzazione Arenili comunale di cui alla Decisione di Giunta Capitolina n. 76 del 22.11.2019, recante “Adozione preliminare della Proposta di Piano di Utilizzazione degli Arenili (PUA) del Litorale di Roma Capitale””, nonché – da ultimo – nelle premesse della determinazione dirigenziale prot. n. 40711/2022 in cui riferisce del “posticipo del termine per l’Adozione del PUA Comunale al 31.12.2022”.
Ebbene, la mancata adozione di tale Piano comunale comporta l’illegittimità della procedura ad evidenza pubblica indetta dal Municipio X di Roma Capitale, per violazione degli artt. 46, 47 e 53 bis della l.r. n. 13/2017.
Per quanto riguarda, invece, i motivi che hanno comporto il rigetto del ricorso del secondo procedimento (Sentenza n. 7157-2022) emerge con la sua autorevolezza non solo giuridica, ma soprattutto dal rilievo politico il motivo del “legittimo affidamento”.
La “curia amministrativa capitolina” afferma in modo perentorio, che non può “ravvisarsi” in capo alla ricorrente una situazione di legittimo affidamento, atteso che la proroga, di cui la ricorrente si duole di non fruire, risale al 2018.
Soccorrono al riguardo le considerazioni da ultimo svolte sempre dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nelle già richiamate recenti pronunce n. 17 e n. 18 del 2021, ove, innanzitutto si afferma come “l’affidamento del concessionario dovrebbe trovare tutela (come chiarito da Corte di giustizia e anche dalla Corte costituzionale) non attraverso la proroga automatica, ma al momento di fissare le regole per la procedura di gara (par. 3 dell’art. 12 della direttiva e sentenza Promoimpresa par. 52-56)” (peraltro ritenendo “indispensabile” a tal fine “ove ne ricorrano i presupposti … (il) riconoscimento di un indennizzo a tutela degli eventuali investimenti effettuati dai concessionari uscenti”) per, poi, chiarire come, con riferimento alle concessioni demaniali balneari di cui si discorre, non possano ritenersi soddisfatte quelle condizioni rigorose in presenza delle quali secondo la Corte di giustizia europea del 14 ottobre 2010 (causa C-67/09) un siffatto affidamento può sorgere atteso che:
- “ancor prima e a prescindere dalla direttiva 2006/123, il Consiglio di Stato aveva già affermato che per le concessioni demaniali la sottoposizione ai principi della concorrenza e dell’evidenza pubblica trova il suo presupposto sufficiente nella circostanza che con la concessione del bene pubblico si fornisca un’occasione di guadagno a soggetti operanti sul mercato, tale da imporre una procedura competitiva ispirata ai suddetti principi di trasparenza e non discriminazione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 25 gennaio 2005, n. 168, Id., sez. V, 31 maggio 2007, n. 2825)”;
- “la prima procedura di infrazione risale al 2008” (la n. 2008/4908, iniziata in seguito della segnalazione dell’AGCM del 20 ottobre 2008 e poi chiusa nel 2012, confidando sul fatto che l’art. 11 del d.l. n. 194/2009, conv. in l. n. 25/2010, aveva delegato il Governo ad emanare un decreto legislativo avente ad oggetto la revisione e il riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime);
iii) “anche la Corte costituzionale, a partire dal 2010, è più volte intervenuta sulla questione, dichiarando costituzionalmente illegittime alcune disposizioni regionali – per mancato rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento U.E. (art. 117, primo comma, Cost.) – che prevedevano proroghe delle concessioni demaniali marittime in favore dei titolari delle concessioni” (sentenze n. 180/2010 e n. 213/2011). Questo costituisce un monito importante, ed una chiave di interpretazione preventiva di come si comporterà in tema, sia la giurisprudenza italiana che quella comunitaria se dovessero essere interpellate sul tema degli indennizzi così come “sanzionati” (in totale contrasto con i principi eurounitari) dal legislatore italiano.
Roberto Biagini