Anche se la notizia è passata in sordina, è bene riprendere l’ennesima pronuncia del Consiglio di Stato (Sezione V, Sentenza n. 6688 del 26.11.2018) che conferma il consolidato indirizzo giurisprudenziale sia in tema di “non conformità al diritto euro-unitario delle proroghe automatiche e generalizzate in via normativa alle concessioni demaniali marittime a scopo turistico ricreativo”, che in tema di “ attribuzione al giudice ordinario delle questioni meramente patrimoniali concernenti il pagamento dei canoni di concessione”.
I giudici di Palazzo Spada hanno rigettato l’ appello proposto dalla “Embarcadero Vacanze S.r.l.” avverso la sentenza del TAR della Calabria che aveva “dichiarato il ricorso inammissibile, in parte per mancanza di interesse e in parte per difetto di giurisdizione”.
Il ricorso verteva “sull’ annullamento della nota prot. 12160 del 29 aprile 2016 con la quale il Comune di Scalea le aveva intimato il pagamento dei canoni relativi alle concessioni demaniali marittime n. 40/2011 e 42/2011 per un totale di €. 35.610,95, avvertendola che la proroga delle predette concessioni sarebbe stata subordinata al pagamento del predetto debito” .
La ricorrente lamentava la violazione degli artt. 3 e 7 della l. 241 del 1990, eccesso di potere per difetto di istruttoria relativamente al metodo di calcolo seguito per il conteggio dei canoni; la disapplicazione della proroga ex lege delle concessioni demaniali marittime in scadenza al 31 dicembre 2015 nonché la violazione dell’art. 47 codice della navigazione.
Il Consiglio di Stato, in premessa, ritenendo elemento in essenziale per la definizione della controversia, ribadisce che “ le proroghe automatiche in via normativa delle concessioni demaniali marittime sono state dichiarate illegittime dalla sentenza della Corte di Giustizia Europea, V sezione, 14 luglio 2016, n. 458 (con la conseguenza che le relative disposizioni legislative devono essere disapplicate, in termini Cons. Stato, sez. VI, 12 febbraio 2018, n. 873; Cass. Pen., sez. III, 16 marzo 2018, n. 21281)” .
La motivazione poi aggiunge che, “una volta scaduta la concessione demaniale, il (precedente) concessionario non vanta alcun diritto al rinnovo e neppure alcuna posizione di preferenza nella necessaria procedura che deve essere instaurata dalla amministrazione per il rilascio della nuova concessione” .
Le concessioni di cui era titolare l’appellante erano pacificamente scadute l’una il 31 dicembre 2013, l’altra il 4 novembre 2015, con la conseguenza che la nota del 29 aprile 2016, con la quale il Comune aveva richiesto il pagamento di €. 35.610,94 per canoni demaniali marittimi ormai pregressi, oltre agli interessi “aveva un contenuto ad effetto immediatamente lesivo”, perché concretamente ostativo all’eventuale rilascio di nuove concessione anche ove lo stesso appellante fosse stato individuato come concessionario all’esito della nuova procedura.
Il Consiglio di Stato ha condiviso la tesi dell’appellante circa l’ammissibilità del ricorso di primo grado, “sussistendo effettivamente l’interesse alla contestazione di quella nota” ; tuttavia ritiene infondate le censure sollevate in primo grado (e sostanzialmente riproposte in grado d’appello) non potendo ammettersi “l’esistenza di concessioni implicite ovvero un diritto al rinnovo delle stesse e tanto meno una loro proroga automatica ope legis (ciò senza contare, sotto altro concorrente profilo, che il mancato pagamento del canone ben può costituire causa di revoca o decadenza della concessione demaniale) “ .
E’ chiaro che questa ennesima ed autorevole sentenza anticipa l’ inevitabile “bocciatura” che la proroga al 2034 predisposta dalla “Finanziaria 2019”, subirà al primo vaglio giurisdizionale.
Per quanto riguarda il canone, i supremi giudici amministrativi, ribadiscono che “non vi è infatti ragione di discostarsi dal consolidato indirizzo giurisprudenziale che attribuisce al giudice ordinario le questioni meramente patrimoniali concernenti il pagamento dei canoni di concessione, qual è quello in esame”.
Roberto Biagini