Chi a vario titolo è interessato alle questioni relative al demanio marittimo e alla dibattuta questione delle “proroghe generalizzate delle concessioni demaniali marittime a scopo turistico ricreativo”, sa perfettamente che il giorno 20 Ottobre p.v. i giudici del Consiglio di Stato, convocato in “Adunanza Plenaria”, dovranno pronunciarsi sui tre quesiti in materia a loro sottoposti dal Presidente Filippo Patroni Griffi, quesiti che traggono spunto dagli appelli pendenti rispettivamente presso la Sez. V, per la riforma della sentenza n. 73/2021 del Tar Lecce e davanti al Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Sicilia per la riforma della sentenza del Tar Catania n. 504/2021.
Il Presidente ha interrogato l’Adunanza Plenaria ritenendo che la proroga legislativa di tali concessioni costituisca una “questione di massima di particolare importanza”, da un lato per il rapporto tra l’ordinamento UE e quello degli stati membri, sì autonomi ma “coordinati e comunicanti” (Corte Cost. 11 Luglio 1989, n. 389); dall’altro per la rilevanza economico-sociale che rende opportuna una pronuncia della Plenaria finalizzata ad assicurare certezza ed uniformità di applicazione da parte sia della Pubblica Amministrazione che del Giudice Amministrativo.
Emerge con evidenza dal decreto presidenziale di rimessione che la finalità ultima di questa presa di posizione non sia quella di eliminare i contrasti giurisprudenziali in quanto in questa specifica materia si è da tempo raggiunta una sostanziale conformità di vedute tra pronunce degli organi di merito di giustizia amministrativa, ordinaria, della Suprema Corte e della Consulta.
Sembrerebbe che l’obiettivo sia quello di definire una volta per tutte il ruolo che in questa vicenda debbano assumere gli organi degli apparati amministrativi, i funzionari, le articolazioni dello Stato chiamati, o no, a “disapplicare” anche loro, come doverosamente e correttamente stanno facendo gli organi giurisdizionali, le leggi statali o regionali che prevedono “proroghe automatiche e generalizzate delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico ricreative”.
Si può correttamente affermare senza rischiare di incorrere in una sorta di “ultra petita” narrativa, che a “stimolare” il Presidente dei giudici di Palazzo Spada sia stata la terza di una serie di sentenze definite dalla “dottrina demanialista, (Prof. Ambrogio De Siano, da Federalismi.it), “eccentriche ed intrise di protagonismo giudiziario”, pronunciate dal Tar Lecce (n.71-75 del 2021) il quale, con motivazioni e sillogismi giuridici tutti suoi e totalmente isolati dal resto del panorama giurisprudenziale italiano in materia, ha ritenuto, in buona sostanza, che la Pubblica Amministrazione, cioè l’ apparto amministrativo statale, non possa disapplicare la legge italiana contrastante con il diritto eurounitario, in quanto tale prerogativa, come detto sopra, spetterebbe, a dire del Tar salentino, solo “ai giudici”.
Non è tema da affrontare in questo scritto il percorso “creativo” e spesso “non intellegibile” neppure per i giuristi esperti in materia (es: differenza tra disapplicazione in senso assoluto e relativo; efficacia vincolante di una direttiva solo se la sua natura self-executing risulti dichiarata con provvedimento giurisdizionale efficacia erga omnes; si violerebbe una legge nazionale se si lasciasse alla discrezione di un dirigente la qualificazione di una direttiva come autoesecutiva, ecc.) seguito dal Tar Lecce nelle sua pronuncia n. 73/2021.
Il perfetto esempio, sostiene detta dottrina, di un “protagonismo giurisprudenziale che si risolve nell’eccesso di soggettivismo interpretativo, nella deriva della interpretazione creativa di cui le sentenze del Tar Lecce si propongono come perfetto esempio”.
In ogni caso, quello che interesserà alla pubblica opinione della decisione alla cognizione dell’Adunanza Plenaria di mercoledì 20 Ottobre sarà il modo con il quale il Consiglio di Stato eserciterà per l’ennesima volta “la funzione suppletiva” alla totale inerzia ed incapacità della politica (legislatore) di affrontare la materia delle concessioni demaniali. L’obiettivo è tanto ambizioso quanto palese: imprimere una svolta nella vicenda con lo scopo principale di orientare l’ attività della P.A. in modo che, almeno dal potere giudiziario, viste le lacune e l’ inaffidabilità in cui versano sia l’ esecutivo che il legislativo, vi possa essere una qualche certezza in più per il cittadino-imprenditore che vede rimettersi non solo la tutela, ma anche la conoscenza preventiva, della propria posizione giuridica esclusivamente nella mani del giudice amministrativo e solo nel momento in cui chiede giustizia.
Magra consolazione e completamente al di fuori dagli schemi ordinari di uno Stato di Diritto che dovrebbe vedere, invece, “il consociato” adire i tribunali nel momento della lesione di una sua situazione soggettiva preventivamente conosciuta e consolidata e non per andarsi a cercare la norma, la regola, che un ordinamento politico per inettitudine, incapacità ed insolenza, non è ancora in grado di attribuirgli.
Siamo di fronte ad una situazione conclamata di scontro frontale tra Europa e legislatore nazionale che ha comportato, come è notorio, “la lettera di costituzione in mora” all’ Italia del 3 Dicembre 2020 ex art. 258 del T.F.U.E. in merito al rilascio delle “autorizzazioni” relative all’ uso del demanio marittimo per il turismo balneare e servizi ricreativi, lamentando, per la seconda volta dopo il 2008, il contrasto tra la proroga al 2033 e la sentenza della Corte di Giustizia 2016 interpretativa delle disposizioni del diritto eurounitario.
Lo Stato italiano ha da tempo rinunciato ad un progetto di riforma del settore esclusivamente per consolidare il monopolio degli attuali concessionari nello sfruttamento a fini imprenditoriali di un bene di tutti limitandosi a deliberare proroghe continue ed inaccettabili delle concessioni vigenti in assenza di gara. In questo modo non solo vengono lesi i principi concorrenziali, di libera impresa, di pari opportunità, di stabilimento; ma questa situazione è devastante per tutti gli operatori del settore che rischiano, come in effetti è, di essere sopraffatti dal disordine e dall’incertezza normativa ed amministrativa che impedisce ogni programmazione e certezza sul futuro.
Anticipare l’esito di una sentenza è sempre azzardato ma, a parere di scrive, è estremante difficile che il Consiglio di Stato, stando ai suoi precedenti pronunciamenti e alla giurisprudenza della Corte di Giustizia e della Corte Costituzionale si distacchi da quanto da esso sostenuto, quanto meno in ordine al primo quesito sulla doverosità da parte della P.A. di disapplicare la disciplina nazionale in contrasto con quella eurounitaria, che è il tema dirimente e principale al vaglio della “Plenaria”.
IL PRESIDENTE DEL CO.NA.MA.L (Coordinamento Nazionale Mare Libero)
Avv. Roberto Biagini