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Come non incartarsi con i regali di Natale

Si profila un Natale come gli altri, almeno sulla carta. Nel senso di carta da regalo. Il nostro assessore all’Ambiente, per ora, non ha imitato la collega romana Sabrina Alfonsi, che nei giorni scorsi ha invitato la cittadinanza ad astenersi dall’impacchettare i doni natalizi per non ingigantire i mucchi di spazzatura accanto ai cassonetti, emergenza che nemmeno la nuova giunta è riuscita ad arginare malgrado le promesse.

Quindi a Rimini si incarta, si confeziona e si imballa come se non ci fosse un domani; dove non ci pensa il personale del negozio o un apposito addetto, provvede il donatore, dopo aver fatto scorta in cartoleria di rotoli variopinti, coccarde luccicanti e scatole decorate che a volte costano più del regalo stesso e fanno sì che il più umile paio di calzini destinato al cugino di secondo grado assuma l’aspetto e le dimensioni di una palla da discoteca.

In rete abbondano i tutorial sull’incarto creativo, che insegna a produrre le proprie carte da regalo col découpage, a personalizzare ogni pacchetto con la tecnica dell’origami o ad acconciare il nastro da regalo con boccoli e tirabaci tipo parrucca di Maria Antonietta; il fiocco poi va impreziosito a sua volta con bigliettini autoprodotti, biscottini minuscoli ed etichette ad acquerello.

Per carità, c’è chi adora perdere il proprio tempo così, e devo ammettere che poche cose dànno soddisfazione come confezionare un pacco regalo che non somigli a un incidente stradale. Ma quando i regali da incartare sono più di tre e i pomeriggi liberi meno di due, la tentazione è avvolgere con un giro di nastro la scatola di cartone di Amazon senza nemmeno togliere l’etichetta.

Nei negozi sono sempre più rare le commesse ti preparano quei pacchetti impeccabili di cui solo loro sembrano avere il segreto. Oggi di solito ti mettono in mano l’occorrente, compresa l’etichetta per nascondere il prezzo, e tanti saluti. Oppure ti indirizzano seccamente verso un banchetto predisposto all’incarto regali (che poi “incarto” è una parola grossa, spesso si tratta di infilare frettolosamente l’oggetto in una busta di carta), già presidiato da una fila tipo tampone molecolare.

Ma vale la pena di resistere, perché il regalo confezionato nel negozio, specie se un negozio figo e di moda, ha un plus. Il logo sulla busta o sulla carta è già un regalo di suo. In più c’è la sicurezza che l’oggetto sia nuovo e appena comprato, non riciclato o acquistato all’outlet in tempo di saldi. Minuzie, ma c’è chi al caval donato non solo guarda in bocca, ma esamina pure i finimenti.

Vabbè, ma qualunque sia la foggia e la qualità del confezionamento, è destinato a fare una brutta fine. Tutti gli sforzi, nostri o dei commessi, il 26 dicembre intaseranno il cassonetto dell’indifferenziato. Quella che chiamiamo “carta” in realtà è plastica, l’oro e l’argento che la rendono così natalizia le tolgono ogni speranza di redenzione ecosostenibile. E anche quando è carta vera, va ripulita di ogni traccia di nastro adesivo per poter essere conferita nel relativo cassonetto. Quanto a fiocchi e nastri, sono sì di plastica, ma non riciclabile, quindi pure loro vanno a finire nell’indifferenziato.

Altro che “polvere sei e polvere ritornerai”, il monito più severo contro le nostre vanità è il cassonetto dell’indifferenziato nei giorni dopo Natale, bloccato come il nostro stomaco dopo una sequenza di cenoni e pranzoni, e zeppo di fronzoli scintillanti diventati spazzatura nel giro di poche ore.

Anche se da noi la raccolta dei rifiuti funziona meglio che nella capitale, forse possiamo fare qualcosa per limitare questo spreco. Ad esempio, c’è chi incarta i regali nei vecchi giornali. Sarebbe una buona idea, ma non è facile trovare pagine di quotidiani senza articoli e notizie che fanno passare la voglia di festeggiare. Forse la soluzione più pratica è bendare gli occhi al destinatario del regalo, e mettergli in mano l’oggetto com’è. Si toglie la benda e l’effetto sorpresa è assicurato. Almeno sulla carta.

Lia Celi

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