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Coldiretti Rimini: “Da anni attenti a cinghiali, caprioli e volpi. Ora anche i lupi. Che fare?”

«Siamo giunti a questo punto, con gli agricoltori-allevatori che devono scegliere tra il male minore: cinghiali o lupi, qual è il problema dei problemi?», si chiede Coldiretti Rimini.

Paradossalmente, se gli allevatori chiedono che venga incentivata la riduzione dei cinghiali per limitare i danni alle colture (ormai in numero fuori controllo come dichiarato non dagli agricoltori, ma dalla Regione) allora devono accettare le predazioni dei lupi ai quali viene tolto “il pane di bocca”.

Una scelta difficile considerato che i fondi regionali per il risarcimento dei danni (che ogni volta vengono invocati come una panacea per gli agricoltori-allevatori) non coprono, come più volte evidenziato, quelli indiretti, che peraltro non vengono mai citati ed evidenziati.

Inoltre anche i fondi per la prevenzione di colture e animali sono insufficienti e in alcuni casi è impossibile dal punto di vista logistico e burocratico realizzare questi interventi dissuasivi o mantenerli in efficienza (si pensi ad esempio all’utopia di recintare km di pascoli).

Di seguito un breve estratto dell’ultimo bando relativo ai vincoli per i presidi di prevenzione per un contributo massimo di 2.500,00 euro:

– mantenere in condizioni di benessere i cani affidati, provvedere alla copertura assicurativa di responsabilità civile e per danni a terzi, provvedere all’iscrizione all’anagrafe canina o al passaggio di proprietà nonché alle spese sanitarie necessarie al benessere animale nel rispetto della normativa in vigore, impegnarsi a limitare qualunque disturbo questi possano arrecare a terzi e comunicare eventuali decessi;

Giustamente se si prende un cane da guardia questo deve essere tenuto in condizioni di massimo rispetto del benessere animale, ma i costi del veterinario, dell’alimentazione, dell’assicurazione chi li paga? L’allevatore. Così come deve impegnarsi affinché i cani non arrechino qualsiasi disturbo. Ma come? Forse tenendoli al guinzaglio e imbavagliandoli?

Inoltre per la realizzazione di recinti:

– rispettare le normative vigenti in materia edilizia applicabili per la realizzazione delle recinzioni di tipo fisso, nonché le eventuali normative di settore se previste (es. Autorizzazione Paesaggistica, Nulla Osta dell’Ente Parco, Valutazione d’Incidenza).

Occorre evidenziare che dai dati forniti dal servizio veterinario dell’Asl gli attacchi ufficiali di lupi al bestiame negli ultimi due anni sono stati 23 nel 2017 (36 ovini uccisi e 8 bovini); 27 nel 2018 (32 ovini e 11 bovini) e 9 nel 2019 al 24 di agosto (12 ovini e 7 bovini). Occorre tenere conto che non sono conteggiati gli attacchi in Valconca e gli animali feriti.

Se dai monitoraggi fatti il numero dei lupi è stabile o in lieve calo, un dato certo, numeri rilevabili dalla Banca Nazionale degli Allevamenti, è il calo allarmante delle aziende zootecniche la cui causa non è evidentemente da attribuire unicamente agli attacchi dei lupi al bestiame, ma è innegabile che questo fattore abbia avuto e avrà, se non si prendono provvedimenti, la sua incidenza.

Gli allevamenti aperti sul territorio provinciale a gennaio 2017 erano 747, poi diminuiti a fine anno sino a 703 e scesi ulteriormente a 600 al 31 dicembre 2018. Quindi un calo allarmante del 20% in due anni a fronte del quale l’incidenza degli attacchi di lupi è aumentato del 1,5%.

Gli agricoltori si stanno domandando cosa stiano facendo le istituzioni per risolvere questa pesante criticità che mina la libera imprenditorialità.

«Sono anni – ricorda Coldiretti Rimini – che la gente di montagna combatte ogni giorno per difendere i propri raccolti da moltitudini di cinghiali che devastano le colture, caprioli che liberamente brucano i germogli nei frutteti, volpi che razziano i pollai: adesso a tutto ciò si aggiungono anche branchi di lupi, in grado di attaccare e uccidere il bestiame al pascolo anche durante il giorno».

«A nostro avviso – conclude Coldiretti Rimini – non si tratta di questioni di poco conto; certamente c’è, lo denunciamo pubblicamente, un forte ritardo nella presa di consapevolezza di queste criticità in un momento particolarmente difficile come quello che stanno attraversando le aziende agricole in collina e montagna. I nostri allevatori devono fare quotidianamente i conti (e i conti non tornano!) con gli elevatissimi costi e disagi legati alla presenza di cinghiali, lupi e altre specie di selvatici che invece pare siano quasi un vantaggio per la collettività. A questo punto, senza retorica, ci chiediamo dove si voglia andare a parare, forse gli ultimi agricoltori rimasti in montagna devono “togliere il disturbo” e lasciare questi territori al degrado e ai selvatici. Per la soddisfazione dei protagonisti della pianificazione faunistica e venatoria».

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