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Clima: “Fauna dell’Adriatico ha resistito 130mila anni, ora rischia di non farcela”

La fauna marina per 130.000 anni è riuscita ad adattarsi alle trasformazioni del clima. Tuttavia “l’impatto dell’attività umana sulle aree costiere rischia di superare i limiti di adattabilità degli ecosistemi”. È quanto emerge da uno studio pubblicato sulla rivista Global change biology e guidato da Daniele Scarponi, professore al dipartimento di Scienze biologiche dell’Università di Bologna.

Secondo l’analisi dunque, gli ecosistemi marini dell’Adriatico si sono dimostrati resilienti alle variazioni climatiche avvenute negli ultimi 130.000 anni e potrebbero quindi riuscire ad adattarsi a un aumento limitato delle temperature, se verrà ridotto e controllato l’impatto diretto dell’attività umana sulle aree costiere. I dati emersi dalle associazioni fossili, spiega Scarponi, “documentano la variabilità delle comunità in relazione ai mutamenti climatici del passato e sottolineano la capacità di adattamento che la fauna marina dell’Adriatico ha mostrato rispetto ai cambiamenti ambientali di lungo periodo avvenuti negli ultimi 130.000 anni”. Al tempo stesso, prosegue, “sono un riferimento per valutare l’impatto dell’attività umana sulle regioni costiere” che, tra inquinamento, pesca intensiva e introduzione di specie invasive, rischia di portare queste aree “al di fuori dei limiti di adattabilità degli ecosistemi marini”.

I ricercatori hanno deciso di basarsi sull’analisi di resti fossili della fauna marina dell’Adriatico e ricostruirne le dinamiche in relazione ai cambiamenti climatici del passato. Sono stati prelevati 223 campioni in diversi depositi costieri e ne è stato esaminato il loro contenuto fossilifero, costituito principalmente da bivalvi, gasteropodi e scapofodi, circa 71.300 esemplari, che popolavano zone di bassa profondità influenzate dalla presenza di sistemi fluviali.

I fossili risalgono a tre diversi periodi temporali. Il nucleo più antico appartiene al “precedente interglaciale”, circa 120.000 anni fa, quando le condizioni climatiche del Mediterraneo erano più calde delle attuali e potrebbero quindi rappresentare possibili scenari futuri legati al cambiamento climatico. Il secondo gruppo risale invece all’ultimo periodo glaciale, intorno a 20.000 anni fa, quando le temperature medie erano circa sei gradi più basse di quelle attuali. Infine, la terza serie di campioni fossili risale a circa 5.000 anni fa: un periodo con temperature simili a quelle attuali, ma precedente a un impatto significativo dell’azione dell’uomo sugli ambienti costieri studiati. Dal confronto tra questi tre gruppi è appunto emerso come la fauna della fascia costiera adriatica sia “resiliente”: nel corso del tempo ha saputo ristrutturare la propria composizione in modo da adattarsi in caso di perturbazione climatica e ricomporsi nuovamente quando le condizioni ambientali sono tornate simili a quelle precedenti.

Analizzando i resti fossili preservati nei sedimenti depositati nei tre intervalli climatici, continua Scarponi, “abbiamo scoperto che le associazioni a molluschi del ‘precedente interglaciale’ sono statisticamente indistinguibili da quelle che hanno popolato gli ambienti marini dell’Adriatico di qualche migliaio di anni fa, mentre quelle dell’ultimo periodo glaciale sono molto diverse rispetto agli altri due intervalli temporali”.

Quindi “le associazioni cambiano nella loro struttura a seguito della perturbazione climatica, ma si ricompongono quando le condizioni ritornano simili a quelle pre-perturbazione”. L’ipotesi è che “la resilienza mostrata in passato potrebbe permettere alla fauna marina dell’Adriatico di adattarsi a un aumento ridotto delle temperature medie. A patto però che insieme alle azioni per contenere l’innalzamento delle temperature ci siano anche accorgimenti per limitare l’impatto delle attività umane sulle aree costiere”.

(Agenzia DIRE – Immagini: Fondazione Cetacea)

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