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CITTÀ VISIBILI, L’ARTE CHE FA (IL) BENE

La manifestazione de «Le città visibili» nacque alcuni anni orsono dalla caparbietà e da uno sguardo dalla lunga prospettiva di Tamara Balducci e Linda Gennari, due attrici riminesi, formatesi a Bologna, spesso in trasferta per lavoro ma evidentemente – o proprio per questo? – dallo sguardo molto arguto sulla nostra Rimini.
Ci vuole un certo “sguardo lungo” nel vedere in un rudere – anche se è uno degli angoli più suggestivi della nostra città – delle potenzialità di uso e di estetica poetica.
Così l’aggraziatissimo ma battagliero tandem riminese non si è fatto spaventare nella prima edizione avvenuta oramai nel lontano 2013 ed armata di ramazza, fantasia e tanta buona volontà, occupa felicemente gli spazi di Palazzo Lettimi per dar vita ad una delle iniziative più interessanti del panorama artistico estivo.

Giunto alla quarta edizione, in programma da domani con un davvero ricco, poliedrico, sfaccettato e mai scontato parterre di spettacoli teatrali e musicali, in realtà quest’anno spicca davvero il volo raggiungendo la sua piena maturità. Già, perché il festival de «Le città visibili» fa quello che in molte realtà europee l’arte scenica riesce a fare, ovvero creare ed essere collante comunitario.
Si potrebbe parlare del festival anche in queste righe elencando le serate degli spettacoli – da Paolo Benvegnù per l’apertura della sua programmazione giovedì 21 luglio, passando per la performance teatrale di Oscar De Summa la sera successiva – ma potete trovare il programma sul sito www.lecittavisibili.com, sulla pagina FB lecittavisibiliassociazione e su tanti altri mezzi – ma uno degli aspetti più importanti ed interessanti del progetto non è quello che si vede, ma quello che vi è sotteso.
Balducci e Gennari infatti sono riuscite in questi anni a creare una vera e propria comunità che lavora tutto l’anno alla visione, alla scelta, alla discussione dei materiali che poi vengono presentati al pubblico, in un vero e proprio atto partecipativo di creazione del programma del festival: non per nulla manifestazione già dal suo nome rimanda al visibile.

Quest’anno, non paghe della modalità di impegno che avevano escogitato attraverso la creazione del gruppo dei “visionari”, si sono spinte oltre partecipando alla richiesta di un bando dell’Istituto dei Beni Culturali della Regione Emilia Romagna con il valente progetto Il giardino segreto ed ottenendo un piccolo finanziamento del bando «Giovani per il territorio».
Perdonerete dunque se in queste righe invece dell’usuale elenco degli spettacoli – tutti belli e non scontati – ci si soffermerà sul corollario della manifestazione, perché è un esempio tra i più virtuosi del nostro territorio.
Anzitutto con il progetto Il giardino segreto l’associazione culturale de «Le città visibili» cala un bell’asso dalla manica, mostrando come essa sia interessata allo spazio da tanti anni abbandonato a sé stesso e in disuso, non solo per quello che riguarda il periodo in cui vi si svolge la manifestazione: con una cospicua parte di ciò che è stato assegnato loro dal bando regionale infatti, è stato organizzato un workshop per ragazzi tra i 18 e i 35 anni tenuto da Giovanni Boccia Artieri. In questa maniera, attraverso l’insegnamento del docente di Sociologia dei Media dell’Università di Urbino, i partecipanti al percorso hanno usato lo storytelling per raccontare lo spazio del palazzo anche nei mesi precedenti le iniziative, quando è dormiente.
Ma neppure questo è tutto perché con una collaborazione attraverso il Piano Strategico della Città, la Caritas, il Comune di Rimini e il Circolo Milleluci è stato possibile attivare un gruppo Ci.Vi.Vo. costituito da ragazzi sotto protezione internazionale che durante tutto l’anno si occuperà di riqualificare e governare gli spazi del giardino del palazzo.

Altre collaborazioni accese per il festival sono quelle con il laboratorio di sartoria di ReeDoLab, che ha permesso la realizzazione dei vestiti di scena della produzione ex novo de Le notti bianche di Fëdor Dostoevskij, con la stessa Balducci in scena assieme a Michele di Giacomo in collaborazione a Marco Mantovani che ne ha curato la drammaturgia sonora.
Ancora, quella con Marianna Balducci che ha curato la mostra Il Lettimi illustrato, anche questo progetto nato dal workshop di storytelling di Artieri, per vedere dove arriveranno questa volta le abilità grafiche della nota e poliedrica illustratrice riminese.
E ultimo, ma non certo per importanza, la collaborazione con l’associazione «Vite in transito» – formata da donne appartenenti a diverse comunità non autoctone presenti sul nostro territorio – che curerà li aperitivi etnici che precederanno gli spettacoli, con l’apertura del Palazzo alle 19: attraverso la sapienza che il cibo racchiude in sé, farà viaggiare della fantasia che i sapori provenienti da terre lontane richiamano.
Ciò che però, tra le altre cose, permette di considerare la manifestazione un unicum è il tentativo di coinvolgimento – riuscitissimo – di non addetti ai lavori che durante tutto l’anno costituiscono una sorta di “giuria popolare” che sceglie almeno uno degli spettacoli della rassegna e che è impegnato nella visione dei materiali e nella discussione di questa, durante tutto l’anno.

Tutte queste scelte, queste “cose a lato”, costituiscono un grandissimo valore aggiunto e sono iniziative che non si pongono come egoriferite solo rispetto alla programmazione delle due settimane del festival, ma agiscono sulla costruzione della consapevolezza di ciò che avviene attraverso l’arte sia essa teatrale, scenografica, laboratoriale, che ancora altri linguaggi.
È una bella e forte dimostrazione di ciò che la vera arte sa, può e deve fare: passare da una dimensione fortemente elitaria di sé ad una comunitaria che sfrutta la dimensione artistica per rendere più approfondita la consapevolezza della propria vita inserita negli spazi e nel tempo in cui si vive. Un piccolo festival, di un piccolo centro cittadino, che non ha nulla da invidiare a quelle che sono le iniziative più all’avanguardia delle grandi città europee.

Mila Fumini

p.s. durante la conferenza stampa si sono accese subito tra il pubblico le curiosità rispetto alla destinazione degli spazi di Palazzo Lettimi. L’assessore Pulini ha giustamente ricordato l’iniziativa che il Rotary Club cittadino ha acceso lo scorso anno attraverso un concorso a premi sui progetti di riordino conservativo dello spazio.
Ci sono anche altre associazioni culturali ed alcuni professionisti che hanno già presentato all’amministrazione alcune idee: che non sia giunto il momento di riunire un tavolo di discussione su questo luogo per troppo tempo dimenticato della città, ma molto amato da parte di tanti cittadini?

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