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“CGIL Rimini nell’emergenza c’è, ora piano provinciale del lavoro”

Tante sono le domande che nel corso di un colloquio durato un paio d’ore, nel suo ufficio al secondo piano della sede della CGIL in Via Caduti di Marzabotto, ho posto a Isabella Pavolucci, Segretaria generale della maggiore organizzazione sindacale riminese.

Eletta a questo incarico meno di un anno fa, il 5 giugno 2019, in sostituzione di Primo Gatta dimessosi per problemi di salute, con il 75% dei voti favorevoli dall’Assemblea Generale.

Isabella è una signora di 46 anni, iscritta alla CGIL dal 1991, cresciuta a Santarcangelo, ha vissuto a Rimini dopo il matrimonio per poi prendere casa a Savignano sul Rubicone, dove tuttora vive con marito e figlio. Per dieci anni ha lavorato come stagionale presso diverse strutture alberghiere di Rimini, poi come commessa in alcuni esercizi commerciali, fra cui un negozio della COOP. In distacco sindacale presso la FILCAMS (la categoria sindacale che si occupa dei lavoratori del commercio e degli alberghi) nel 2004, ne è diventata la responsabile dal 2011 al 2017. Poi da fine 2017, sino alla nuova nomina, Segretaria confederale con la delega all’organizzazione.

Isabella Pavolucci

Sono quasi 50.000 gli iscritti alla CGIL riminese, la più grande associazione del territorio, organizzati in dodici categorie sindacali più tre associazioni nell’ambito delle Forze dell’Ordine ad essa affiliate. Queste tutelano e promuovono i diritti delle donne e degli uomini nei luoghi di lavoro, in base al settore di appartenenza della propria azienda o ente. Difendono i diritti collettivi e individuali attraverso la contrattazione di tutti gli aspetti del rapporto di lavoro, per l’applicazione e il rispetto delle leggi e dei contratti e attraverso la contrattazione sociale.

Inoltre gli iscritti possono avvalersi dei servizi offerti dal Patronato INCA, dal SOL (il Servizio Orientamento Lavoro), dall’Ufficio Stranieri, dall’Ufficio Vertenze e Legali, dal servizio Fiscale del CAAF, dallo Sportello Nuovi Diritti.
Afferma lo Statuto della CGIL: “la CGIL è una organizzazione sindacale generale di natura programmatica, unitaria, laica, democratica, plurietnica, di donne e uomini. Ripudia e combatte ogni forma di molestia, discriminazione e violenza contro le donne e per orientamento sessuale ed identità di genere. Ripudia fascismo e razzismo, sostiene i valori e i principi di legalità e contrasta con ogni mezzo le associazioni mafiose, terroristiche e criminali. Promuove la lotta contro ogni forma di discriminazione, la libera associazione e l’autotutela solidale e collettiva delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti o etero diretti, di quelli occupati in forme cooperative e autogestite, dei para-subordinati, degli autonomi non imprenditori e senza dipendenti, dei disoccupati, inoccupati o comunque in cerca di prima occupazione, delle pensionate e dei pensionati, delle anziane e degli anziani”.

La prima domanda non può che essere sull’emergenza coronavirus. Cosa sta facendo la CGIL?

«In queste ore abbiamo chiesto insieme a Cisl e Uil che venga convocato un Tavolo istituzionale di coordinamento provinciale. Al Tavolo vogliamo affrontare le numerose questioni legate al mondo del lavoro sorte in conseguenza del diffondersi del coronavirus: stiamo contribuendo a fornire una corretta informazione ai lavoratori per la prevenzione, stiamo intervenendo nelle aziende per affrontare le conseguenze dell’arrivo del virus, che non lascia indenne alcun settore, dal metalmeccanico al tessile, dal turismo alle agenzie di viaggio, agli allestimenti fieristici, al noleggio dei bus). Ma anche nelle scuole e nei servizi sanitari (per questi ultimi abbiamo chiesto con urgenza nuove assunzioni). Questa emergenza aggraverà il ricorso agli ammortizzatori sociali, che già da ottobre 2019 avevano registrato una impennata di più 30% rispetto allo stesso mese del 2018. Tutti dobbiamo impegnarci per limitare la diffusione del virus, e noi la nostra parte la stiamo facendo, ma nessuno pensi che questo possa servire per colpire e tagliare posti di lavoro o decurtare stipendi».

Stefano Bonaccini il 26 gennaio è stato rieletto presidente della Regione Emilia-Romagna. I Segretari delle CGIL di Romagna pochi giorni prima del voto si erano espressi a favore del metodo di lavoro messo in campo in questi anni da Bonaccini. Indirettamente un sostegno a lui. Perché?

«Perché anche in queste ore il Presidente Bonaccini ci ha confermato sull’emergenza la sua attenzione al mondo del lavoro, coinvolgendo le organizzazioni sindacali nel tavolo decisionale delle scelte da operare.
E’ questo il metodo che ci piace, che viene dal Patto per il lavoro firmato a livello regionale nel 2015, e che ora (non appena superata l’emergenza) ci apprestiamo a rinnovare. Bonaccini ha già dichiarato la sua disponibilità, anche perché il lavoro di questi anni di concertazione sociale ha prodotto risultati: la nostra Regione ha il più basso indice di disoccupazione a livello nazionale. Il coinvolgimento di tutte le parti sociali è stato importante per i risultati economici raggiunti in Emilia-Romagna. La sfida che intendiamo porre guarda fondamentalmente alla buona occupazione e alla sostenibilità ambientale e nella produzione. Le scommesse future si possono vincere solo uniti, dove i lavoratori siano partecipi e coinvolti».

Ma che cosa è la CGIL oggi? Ho ripreso poc’anzi, in apertura, le affermazioni di principio che avete nel vostro Statuto, importantissime per il sostegno alla democrazia e ai diritti civili del nostro Paese. Secondo te questi valori sono condivisi da tutti i vostri iscritti? Come mai i sondaggisti dicono che una percentuale non piccola di vostri aderenti votano Lega, che non professa certamente quei valori?

«Io ho in tasca due tessere: quella della CGIL e quella dell’ANPI. Non ho mai avuto tessere di partito, anche se la mia famiglia ha una tradizione comunista. Ho sempre votato a sinistra, ma non identificandomi mai appieno con un partito. Dico questo perché essere nel sindacato, per me, vuol dire, oltre che lavorare per la tutela dei lavoratori nel posto di lavoro e dei pensionati, impegnarsi per la difesa della democrazia, per la solidarietà, l’inclusione, il rispetto delle donne e contro ogni discriminazione di genere. Questi sono anche i temi della sinistra italiana. Ma poi ci sono temi spinosi come è stata in questi anni la gestione degli emigranti e quella della sicurezza che ci hanno visto molto critici. Ci sono stati soggetti che hanno contribuito a creare un allarme sociale esagerato, fomentando odio e paure. Diverse persone hanno sposato queste posizioni estreme, che però non potranno mai essere accettate dalla nostra organizzazione. Contro questa diffusione di odio noi ci batteremo sempre.
Infine dico che se una volta l’iscrizione, che ricordo essere libera e volontaria da parte di ognuno, poteva avere un valore politico ideologico, oggi è molto di più perché cerchiamo di dare in una società molto più complessa ed articolata una risposta ai bisogni individuali, oltre che una tutela collettiva, offrendo servizi e garanzie. Un lavoro fatto giorno per giorno, da decine di persone, assieme alle miglia di nostri iscritti».

Essendo tu una donna non posso non chiederti: qual è la situazione del lavoro femminile nella nostra Provincia?

«Voglio darti un primo dato positivo: le lavoratrici nel Riminese sono aumentate, fra il 2008 e il 2018, del 45%, passando da 46.000 occupate a 70.550. Ancora una volta si è confermata la tendenza che in periodi di crisi, come sono stati questi ultimi anni, aumenta il lavoro femminile per la maggiore flessibilità che hanno le donne. Per contro però voglio dirti che il 50% dei contratti attivati nel 2018 sono part-time e che la differenza salariale uomo-donna continua ad essere elevata, troppo: un più 27% a favore degli uomini.
In questi ultimi anni, per superare queste sperequazioni, stiamo introducendo nei contratti aziendali punti riguardanti la parità di genere e modelli organizzativi che tengano conto di questo (orari di lavoro compatibili con le esigenze familiari, parità retributiva, opportunità di avanzamento di carriera per le donne). Sono temi che abbiamo inserito nelle Linee guida per le azioni e la contrattazione di genere aziendale e territoriale approvate dal Direttivo della CGIL di Rimini».

Parliamo ora dei rapporti con le Amministrazioni Comunali e la situazione dei dipendenti pubblici…

«In questi anni di crisi non è sempre stato facile interloquire con le Amministrazioni Comunali. Su alcuni temi siamo riusciti ad avere confronti positivi, su altri no. In passato con i Comuni, in occasione dell’approvazione dei bilanci, si sottoscrivevano protocolli d’intesa ampi, che riguardavano molti temi. Nell’ultimo anno, purtroppo, abbiamo fatto accordi solo con Santarcangelo e Riccione e con particolare riferimento ai temi della fiscalità locale.
Con il Comune di Rimini abbiamo relazioni complicate, dove non sempre si riescono a trovare intese, come è il caso della stabilizzazione delle dodici maestre d’asilo o la riduzione dell’IRPEF per tutti i cittadini.
Quello che vorrei è che le relazioni sindacali fossero una normale modalità di lavoro per i Sindaci e gli Assessori. Ovvero che strutturalmente venisse riconosciuto il nostro ruolo di rappresentanza sociale mettendo definitivamente al bando ogni idea di disintermediazione».

Le associazioni degli albergatori continuano a ripetere che non si trovano lavoratori per le loro strutture. Perché?

«Lo abbiamo detto e ripetuto: non ci sono lavoratori disponibili se non avviene un salto qualitativo del lavoro nelle strutture turistiche. Non si può pensare di avere lavoratori malpagati, con orari impossibili, per pochi mesi, senza più alcuna garanzia per l’indennità di disoccupazione.
Oggi si chiede capacità, professionalità non garantendo paghe adeguate. Un dato: il contratto integrativo provinciale del turismo non viene rinnovato dal 1992. Qui molte questioni potrebbero essere trattate, ma con le associazioni datoriali non è mai stato possibile aprire una trattativa per rinnovarlo. Perché? Cosa temono? Se non parlano con i lavoratori è chiaro che il piagnisteo di “non troviamo chi viene a lavorare” proseguirà. A chi conviene?
Flessibilità ci può stare anche bene, ma mi sembra folle continuare ad operare in Italia con oltre 40 modalità per assumere un lavoratore. E per la ricerca del lavoro, soprattutto da parte dei giovani, chiediamo avvenga quanto prima una riforma vera, seria, dei Centri per l’Impiego e a favore di politiche attive efficaci».

Come valuti l’azione sindacale di questo ultimo anno?

«Intanto dal 19 febbraio 2019 le piazze siamo tornati a riempirle unitariamente. Tutte le iniziative sindacali hanno riscosso una grande condivisione da parte dei lavoratori e dei pensionati. Spesso su temi generali, su come noi vediamo il Paese. Ci siamo e ci saremo anche perché nei prossimi mesi si aprirà una stagione di rinnovi contrattuali di molte categorie importanti.
Con CISL e UIL stiamo vivendo, sui grandi temi, una stagione di unità vera, importante. E questo diventa un fatto di grande rilievo per i lavoratori italiani.
Come CGIL riminese stiamo lavorando ad un Piano del Lavoro provinciale, partendo dall’analisi del territorio, dalla situazione economica del nostro mondo produttivo, dalle emergenze sociali che ci coinvolgono. Un piano triennale su cui coinvolgere gli organismi pubblici e le categorie economiche. Non possiamo abbassare la guardia in alcun modo in questo difficile momento del Paese. Noi la nostra parte la vogliamo fare, e la faremo».

Paolo Zaghini

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