“Il voto degli operai si indirizza fortemente su FdI (oltre un terzo), premia in misura più contenuta la Lega (sopra il 13%) e punisce pesantemente i partiti di centrosinistra: PD, SI/Verdi e terzo polo non raggiungono complessivamente il18%”, ma ” la manovra di bilancio appena varata in alcun modo garantisce la tenuta sociale del Paese”, anzi “colpisce i più poveri” ed è di “corto respiro, anzi per quanto riguarda molte misure di cortissimo respiro”.
Sono alcuni passaggi della relazione pronunciata da Isabella Pavolucci, segretaria generale CGIL Rimini, al XIX Congresso in corso oggi. Vi si è giunti dopo 471assemblee con 6.200 iscritti che hanno partecipato al voto, consegnando al documento “Il Lavoro crea il futuro” un consenso pari al 95,86% e al documento “Le radici del sindacato” che esprimeva posizioni più conflittuali il 4,14%.
Durante i lavori è stato presentanto il rapporto annuale dell’Osservatorio dell’economia e del lavoro nella provincia di Rimini a cura dell’Ires CGIL Emilia-Romagna dove si fotografa lo stato attuale del territorio dal punto di vista demografico (Rimini è uno dei pochi territori con la popolazione in aumento, anche se l’età media continua ad innalzarsi), economico-produttivo, il mercato del lavoro, i redditi, l’ambiente e tutti i riferimenti statistici:
Eccolo nella sua versione integrale: Osservatorio dell’economia e del lavoro nella provincia di Rimini 2022
Al congresso c’erano fra gli altri l’assessore del Comune di Rimini Juri Magrini, la presidente dell’Assemblea regionale dell’Emilia-Romagna Emma Petitti, il consigliere provinciale Giuliano Zamagni, i Segretari delle organizzazioni sindacali Cisl, Uil, CSdL, i rappresentanti di ANPI, Rompi il silenzio, Libera. Il Congresso si concluderà domani sabato 14 gennaio con l’elezione del segretario; la conferma di Pavolucci per un second mandato appare scontata.
La relazione di Isabella Pavolucci
Abbiamo incontrato giovani per la prima volta, spesso precari nella loro condizione di lavoro e di vita; migranti, quelli più fortunati, a cui un lavoro regolare ha ridato dignità e identità sociale; tante pensionate e pensionati a cui il tempo non ha attenuato né la passione né la volontà di agire.
Questa è la CGIL e il suo volto: una comunità di uomini e di donne che liberamente si associano, discutono, agiscono e decidono per dare dignità e diritti alle persone, e dare forza ai valori della solidarietà e della giustizia sociale.
Il XIX Congresso della CGIL si svolge in un momento straordinariamente drammatico: il quadro complessivo che ci ha consegnato la pandemia con le relative conseguenze economico-sociali permeate da fragilità e disuguaglianze, i cambiamenti climatici, il ritorno della guerra nel cuore dell’Europa, i numerosi conflitti aperti in diverse aree del Pianeta e le continue e gravissime violazioni dei diritti umani e civili.
Conflitti, violenze e tensioni sociali globali
In merito al conflitto in Ucraina, è emersa senza alcun dubbio l’incapacità degli Stati e delle istituzioni internazionali di far rispettare la legislazione e il diritto internazionale, un fallimento politico che sta assecondando la logica della guerra, dell’escalation militare, dell’aumento delle spese militari e del taglio dei bilanci sociali e sanitari.
In ogni guerra le prime vittime sono i civili, i lavoratori, le donne, gli anziani, con perdite di vite umane che non potranno mai essere recuperate.
Dobbiamo avere il coraggio di uscire dalla logica della guerra che ci è stata imposta da un modello culturale, sociale ed economico basato sul dominio di una parte sull’altra in nome della propria supremazia e sicurezza.
Per fare ciò occorre mettere in campo tutti gli strumenti della diplomazia e della non violenza al fine di costruire un processo di sicurezza comune, di cooperazione e di pacificazione tra i popoli. Un sistema di coesistenza fondato sulla solidarietà tra i popoli, sul rispetto reciproco e sull’accesso universale ai diritti umani.
Il Congresso della CdLT di Rimini esprime vicinanza a tutte le donne, agli attivisti, ai sindacalisti, ai giornalisti e alla società civile, che chiedono pacificamente libertà, democrazia e rispetto dei diritti umani. E chiediamo al Governo italiano e a tutte le istituzioni internazionali e ai paesi democratici, di rafforzare il proprio impegno e di condannare con forza i sanguinari regimi, a partire da quello Afgano e da quello Iraniano, attuando ulteriori sanzioni e un embargo completo in termini di esportazioni di armi e materiale bellico.
Condanniamo i gravi fatti posti in essere in Brasile, una strategia fascista, che ha per primo nemico le Istituzioni democratiche, le libertà e i diritti, studiata per imporre regimi repressivi, antisindacali, contro i diritti sociali e civili, per sfruttare uomini, donne e l’ambiente in funzione del solo profitto; esprimiamo dunque tutta la nostra piena solidarietà e vicinanza al Presidente Lula, alle organizzazioni sindacali ed ai movimenti popolari brasiliani che rappresentano il volto democratico e civile del Brasile.
Mobilitarsi, promuovere alleanze, costruire dialogo e ricostruire fiducia, questi i valori che continueranno a vederci impegnati come CGIL di Rimini, gli stessi presupposti che hanno consentito anche a livello provinciale di costituire, alla vigilia della grande manifestazione del 5 Novembre a Roma, la Rete della Pace che ad oggi conta l’adesione di circa una ventina di realtà-associazioni locali.
Così come mai smetteremo di contrastare la violenza sulle donne un fenomeno tristemente attuale, quotidiano, continuo ed inesorabile; occorre reagire, per cominciare a mettere in campo una strategia che ponga fine a questa vera e propria strage di innocenti.
E i primi a doverlo fare sono gli uomini, attraverso un’assunzione di responsabilità: interrogandosi sulla loro concezione, sul modo di intendere il loro rapporto con noi. Bisogna partire da qui, da una riflessione profonda su quale idea di donna si coltiva nelle famiglie, nei luoghi di lavoro, nel sistema economico, nel contesto sociale.
La violenza nasce in ogni contesto sociale e cresce nell’indifferenza e nel silenzio, e noi in silenzio non possiamo e non vogliamo stare.
Situazione politico-sociale Italiana
Per quanto riguarda il nostro Paese, non possiamo non partire da una riflessione legata all’attuale contesto politico.
Le elezioni del 25 settembre hanno sancito un risultato chiaro: la coalizione di destra ha ottenuto una maggioranza che le permetterà di governare per i prossimi cinque anni. Un Governo con una articolazione di posizioni al proprio interno che ha visto un rafforzamento di FDI, un partito che da quando è nato nel 2012 è sempre stato all’opposizione ottenendo un forte consenso nel Paese.
Il Partito Democratico sia rispetto al 2018, sia al 2019 ha sostanzialmente pescato nel suo stesso bacino e non è riuscito ad attrarre nuovi elettori.
Per quanto riguarda la profilazione dell’elettorato, evidente è la caratterizzazione del voto tra gli studenti che premiano il M5S e il PD conferendo loro quasi metà dei consensi totali, spingendo in avanti anche l’alleanza tra Sinistra Italiana e Verdi (vicina al 10%). Decisamente meno attrattivi risultano invece i partiti del centrodestra.
Discorso quasi opposto per il voto degli operai, che si indirizza fortemente su FdI (oltre un terzo), premia in misura più contenuta la Lega (sopra il 13%) e punisce pesantemente i partiti di centrosinistra: PD, SI/Verdi e terzo polo non raggiungono complessivamente il18%.
Il PD recupera però tra i pensionati, arrivando a contendere il primo posto a FdI. In questa categoria è il M5S ad essere particolarmente sotto-rappresentato, fermandosi alle soglie del 10%.
Le elezioni, che per la prima volta hanno portato una donna a Palazzo Chigi, rafforzano l’interesse per il confronto del voto tra i generi. Ebbene, la vittoria del partito di Giorgia Meloni è trainata più dagli uomini che dalle donne, che invece hanno preferito (seppure con differenze limitate rispetto al dato complessivo) il PD, la Lega, il M5S e SI/Verdi.
Un dato, però, dovrebbe far riflettere al di là delle percentuali di consenso ottenute dall’una o dall’altra parte politica: 17 milioni di persone (36%) aventi il diritto hanno scelto di non andare a votare e questo trend negativo oramai consolidato nella storia elettorale italiana degli ultimi trenta anni, rischia di mettere in discussione la tenuta democratica del Paese.
Tenuta democratica altresì compromessa dalla perdita dell’egemonia culturale che per molto tempo è stata un valore ed una caratteristica della sinistra; tenuta democratica che oggi subisce un appiattimento culturale becero e populista.
Da tempo che le forze politiche tutte stentano a rappresentare le istanze dei più fragili, delle pensionate, dei pensionati, delle lavoratrici e dei lavoratori. Si sono susseguiti negli anni provvedimenti normativi che hanno cancellato la cultura del lavoro e non lo si è più rappresentato come un soggetto collettivo. Tante persone, in particolare quelle che vivono del proprio lavoro e sono in condizioni di disagio non si sentono più rappresentate, producendo così una frattura sociale devastante. Per recuperarla bisogna ripartire dalla centralità del lavoro e dalla coesione sociale; è solo così che si può ricostruire quella rappresentanza e partecipazione senza le quali si svilisce la democrazia.
E la manovra di bilancio appena varata in alcun modo garantisce la tenuta sociale del Paese, in quanto non risponde alle esigenze del quadro di profonda emergenza sociale che la pandemia prima e la crisi economica in atto hanno amplificato facendo al contempo emergere nuove forme di povertà e disuguaglianze economiche, sociali e sanitarie.
L’attuale contesto imponeva di prevedere riforme strutturali ispirate a criteri di solidarietà e giustizia sociale, fondate sulla qualità e la stabilità del lavoro, sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, su investimenti pubblici nel sistema sanitario e dell’istruzione, su nuove politiche industriali capaci di prospettare un nuovo futuro per il Paese.
Al contrario, la manovra finanziaria per il 2023 colpisce i più poveri (in un Paese in cui le persone in povertà assoluta sono cresciute oltre i 5 milioni), accresce, anziché contrastare, la precarietà mediante l’estensione dei voucher, non riduce il divario di genere, premia gli evasori e aumenta l’iniquità del sistema fiscale con la flat tax, non interviene strutturalmente sulla pandemia salariale che sta impoverendo tutte le lavoratrici ed i lavoratori, riduce le risorse per la sanità, la scuola ed il trasporto pubblico, non stanzia adeguate risorse per i rinnovi contrattuali dei dipendenti pubblici né per l’occupazione pubblica e privata, non modifica la Legge ‘Fornero’ e cambia senza alcun confronto preventivo il meccanismo di indicizzazione delle pensioni in essere.
Una manovra di corto respiro, anzi per quanto riguarda molte misure di cortissimo respiro, poiché gran parte degli interventi non hanno il carattere di strutturalità ma esauriscono i propri effetti nel 2023 o addirittura nel primo trimestre del 2023. La risposta all’aumento dei beni energetici e all’inflazione non è adeguata: infatti sostanzialmente a quasi un anno dall’avvio della crisi energetica le uniche risposte sono misure tampone (anche a livello europeo) che non affrontano la perdita di reddito delle persone e non intervengono per calmierare i prezzi dell’energia.
L’aumento dei prezzi, in mancanza di adeguati investimenti sui settori pubblici – sanità, istruzione, welfare – determina un taglio strutturale con corrispondente riduzione dei servizi a favore dei cittadini e cittadine. Tutto ciò rischia di pregiudicare le misure sociali, in particolare, contenute nel PNRR (Missione 4, Missione 5, Missione 6) che senza una spesa corrente adeguata e rafforzata, rischiano di rimanere lettera morta.
Inoltre, molta preoccupazione desta il tema dell’autonomia differenziata; è il momento di unire e non di dividere le persone ed i territori.
In definitiva una manovra che delinea una visione di modello sociale antidemocratico, anticostituzionale e profondamente lontano dalle reali necessità delle persone.
Il disagio e le disuguaglianze economico – sociali, il lavoro povero e precario, di fatto hanno messo in competizione e in contrasto le diverse generazioni, le diverse culture e questo Governo invece di affrontare alla radice queste tematiche, le cavalca, le promuove, le fa diventare capisaldi della loro azione politica; la conseguenza: stiamo perdendo! Stiamo perdendo gli insegnamenti della storia, anche recente.
Stiamo perdendo una visione collettiva improntata alla solidarietà e giustizia sociale; oggi più che neoliberismo siamo di fronte al socializzazione per i ricchi e al capitalismo per i poveri; la traduzione: “il rischio è condiviso da tutti, ma il profitto è privatizzato!”
Sono queste le ragioni che ci hanno portato a proclamare lo sciopero generale il 16 dicembre scorso; una mobilitazione per ribadire la nostra netta contrarietà a questo disegno di società e che dovrà necessariamente proseguire se non si invertirà tale deriva.
Quel tipo di deriva che la CGIL da sempre contrasta; non a caso sono state le sedi della CGIL, di CISL, UIL e delle istituzioni ad essere oggetto degli attacchi di stampo fascista e squadrista che dal 9 ottobre 2021, nei mesi a seguire e il 9 agosto scorso nella nostra sede di Rimini, si sono ripetuti.
L’Antifascismo e la difesa dei diritti civili e sociali di tutte e di tutti è da sempre nel nostro DNA: la difesa dei valori costituzionali può rappresentare un argine e aiutare alla comprensione di un presente segnato ancora da guerre, violenze e ingiustizie.
Ebbene, oggi occorre opporsi a tutto questo, respingendo al mittente la tesi che essendo il fascismo cosa del passato l’antifascismo è superfluo. Oggi occorre realizzare una rete antifascista per difendere la democrazia ed i principi democratici, i diritti sindacali ed i diritti delle donne, nonché per sostenere lo stato di diritto e per aumentare la partecipazione democratica.
La storia non si ripete, forse come nelle poesie fa le “rime”, ma la differenza la fanno le persone, con le loro passioni, le loro parole, il loro impegno. Se questo è il cardine di quanto definiamo democrazia, allora non possiamo che ribadire “MAI PIU’ FASCISMI”.
Perché le nostre sedi sono i luoghi simbolo della difesa della tenuta democratica di un Paese e senza alcun indugio o paure, noi, la CGIL, continueremo ad esserlo proprio perché siamo indubbiamente dalla parte giusta; sappiamo leggere ed interpretare i cambiamenti, i reali bisogni delle persone, prenderli in carico e rappresentarli ad ogni livello, a cominciare dal territorio provinciale.
Situazione economico-sociale-demografica Riminese
Nel 2021 la popolazione riminese aumenta di 1.818 abitanti, una crescita anche maggiore di quella regionale; la popolazione residente si concentra sulla costa e sulla pianura; infatti, il solo capoluogo ospita il 44,2% del totale degli abitanti dell’intera provincia.
Tale crescita è soprattutto determinata nella fascia di età compresa tra i 55 e i 75 anni, che negli ultimi venti anni è cresciuta di quasi 4 punti percentuali. Calano invece i giovani che se nel 2012 rappresentavano il 28,9% della popolazione totale, nel 2022 diventano il 19,4% e contestualmente aumenta l’indice di vecchiaia.
Gli stranieri rappresentano l’11,3% della popolazione totale, dato tra i più bassi in regione. Si concentrano maggiormente sulla costa e hanno un’età media di 38,6 anni; la stragrande maggioranza proviene da paesi europei, come Albania, Romania, Ucraina.
Dal punto di vista dell’economia, la crisi legata alla pandemia ha prodotto effetti importanti non solo nel 2020, ma anche nel 2021, infatti, seppur in presenza di un indicatore del valore aggiunto (+6,5%) in crescita, questo non recupera i livelli pre-pandemici.
Valori che non vengono recuperati neanche nel 2022, mentre nel 2023 le stime restituiscono una condizione di relativa stabilità.
Costruzioni, Industria in senso stretto e Servizi sono i settori che hanno meglio reagito; il settore turistico, dopo la flessione del 2020, nel 2021 conosce un recupero importante, ma non tale da raggiungere i livelli del 2019.
Per quanto riguarda il mercato del lavoro, nel 2020 si sono persi oltre 8000 posti di lavoro e nel 2021 viene recuperato in parte questo numero, ma non abbastanza da raggiungere i livelli antecedenti la pandemia; il tasso di occupazione femminile si attesta al 59,2%, ben lontano dal 61,6% del 2018.
I nuovi addetti vengono assunti per il 75,4% con contratto a tempo determinato, o tramite apprendistato (10,5%).
Ad ottobre 2022 aumentano gli infortuni sul lavoro (+17,4%) rispetto allo stesso periodo del 2021 ed aumentano anche le denunce di malattie professionali del 26,7%.
La retribuzione media giornaliera a Rimini è di 80,5€, quella degli uomini corrisponde a 91,1€ mentre quella delle donne è di 67,7€ giornalieri.
Altrettanto significativo l’aumento del 44,2% di nuclei familiari che nel 2021 hanno percepito reddito e/o pensione di cittadinanza.
Per quanto concerne la situazione reddituale, Rimini rappresenta il fanalino di coda in Regione; la media provinciale delle dichiarazioni dei redditi infatti è pari a 17.428,78€ contro una media regionale di 21.624,78€. Dato chiaramente legato alla stagionalità e all’elevato tasso di evasione fiscale.
In questo quadro la CGIL di Rimini ha esercitato la sua azione di tutela nei luoghi di lavoro e nel territorio, e dovrà continuare ed implementare la sua azione programmatica e rivendicativa già da domani, peraltro, nell’anno 2023 che coincide con il 120° anno di storia della CdLT; un anniversario che celebreremo nel corso di tutto l’anno con molteplici iniziative sin dalle prossime settimane e che festeggeremo in via conclusiva nel mese di ottobre.
CdLT Rimini
Una storia importante e fondamentale per lo sviluppo del territorio; una storia scritta da donne e uomini che quotidianamente si sono impegnati, ciascuno per il proprio ruolo, per migliorare le condizioni di vita delle persone.
Una storia che si è ulteriormente arricchita di esperienze in questi ultimi anni; dopo pochi mesi dall’elezione della sottoscritta e della Segreteria, il Paese tutto e quindi anche la CdLT di Rimini si è trovata ad affrontare una Pandemia mondiale che ha messo a dura prova ciascuno di noi, sia da un punto di vista personale che professionale.
All’indomani (o meglio nella stessa notte) della determinazione di Zona Rossa per la Provincia di Rimini, lo sgomento era dilagante; nel momento di maggior bisogno delle persone le nostre sedi dovevano restare chiuse.
Debbo dire che sono state settimane difficili; gli uffici vuoti, l’assenza delle compagne, dei compagni e delle persone che quotidianamente popolano le nostre sedi, il continuo squillo dei telefoni sintomo di un bisogno che cercava un aiuto, ecco questi sono i ricordi di quella fase.
Ma nonostante le limitazioni, noi ci siamo comunque stati; direi di più, siamo stati tra i pochi che hanno continuato a svolgere la loro funzione. Abbiamo sperimentato modalità nuove in termini di risposte, alcune di queste peraltro le abbiamo mantenute, sicuramente non siamo stati sempre puntuali, ma è davvero stato complicato per una organizzazione che è fatta di rapporti diretti tra le persone, cambiare ed innovare la sua capacità di essere presenti nel territorio.
Lo hanno fatto tutte le compagne e i compagni delle categorie mediante la sottoscrizione di migliaia di accordi di cassa integrazione che vorrei ricordare nel 2020 si sono tradotti in 18.500.000 di ore di ammortizzatori sociali; ore equivalenti a migliaia di posti di lavoro “salvati” che si sarebbero aggiunti, in assenza della nostra presenza e del blocco dei licenziamenti così fortemente voluto dalla CGIL (unico Paese al mondo), agli 8.000 posti di lavoro comunque persi nel 2020.
Così come fondamentale è stata la funzione delle categorie, dei delegati, delle delegate e degli RLS nella definizione dei protocolli salute e sicurezza che hanno consentito al sistema produttivo di ripartire, ed in alcuni casi di continuare (vedi ad esempio sanità, logistica e supermercati), dando le necessarie garanzie alle lavoratrici e ai lavoratori.
Ci siamo stati attraverso le compagne e i compagni del sistema delle tutele individuali, che sono stati chiamati a gestire i vari bonus che venivano di volta in volta previsti nei diversi decreti e che si sono tradotti in migliaia di domande elaborate ed inviate.
Ci siamo stati attraverso i compagni e le compagne dello SPI che con centinaia e centinaia di telefonate hanno contattato telefonicamente i nostri iscritti anche solo per dare un segno di vicinanza ed arginare quella dinamica della solitudine che ci ha attanagliato per diversi mesi.
La CGIL in quella fase ha ribadito, come già da tempo sosteneva, la necessità di un cambiamento del modello di sviluppo del Paese, ovvero che era il tempo di assumere scelte utili a ridefinire uno scenario futuro profondamente diverso.
Le disuguaglianze sociali, economiche e nel lavoro avevano assunto (e lo hanno tuttora oggi) un peso dirompente e determinato un rischio per lo sviluppo futuro; si trattava quindi di un grande tema che coinvolgeva la vita di milioni di cittadini, generando paure, risentimenti, rabbia sociale e sfiducia nel domani.
Occorreva dunque una proposta complessiva di rilancio per il Paese e quindi anche per il territorio provinciale.
E’ da questa consapevolezza che come CdLT siamo partiti per definire una nostra visione programmatica, ovvero il Piano del Lavoro della CGIL di Rimini definito a fine 2020 nell’ambito della prima edizione delle Giornate Rosso Quadrato: un nuovo modello di sviluppo che mettesse al centro la qualità delle produzioni, la rivalutazione dei beni comuni e pubblici, il risparmio di energia e di materie prime, la tutela dell’ambiente e il contrasto alle disuguaglianze e ai divari territoriali, incentrato quindi su pilastri imprescindibili quali la salute, la conoscenza, l’ambiente e il valore del lavoro.
Forti di questa nostra elaborazione, abbiamo insieme a CISL e UIL, chiesto e promosso l’avvio di un confronto nel territorio finalizzato a declinare a livello locale i contenuti del Patto regionale, richiesta accolta e condivisa dall’allora Presidente della Provincia Riziero Santi.
Il percorso che è durato circa un anno, è arrivato ad una sua prima conclusione nel marzo 2022 attraverso la sottoscrizione del Patto per il lavoro e per il clima della Provincia di Rimini, un documento che delinea le strategie di sviluppo del territorio anche in considerazione delle ingenti risorse previste dal PNRR e dei conseguenti investimenti.
Il Patto è stato sottoscritto da 48 soggetti: Enti Locali, Associazioni di categoria, Organizzazioni Sindacali, Camera di Commercio, Agenzia per il lavoro della regione, Università di Bologna, Ufficio scolastico provinciale di Rimini e Comitato Unitario delle professioni. Il documento condiviso è articolato in 9 macro ambiti:
Transizione ecologica
Formazione, Scuola, Competenze e Lavoro
Sviluppo Economico
Agricoltura
Turismo
Welfare, Terzo settore e innovazione sociale
Pianificazione territoriale e politiche abitative
Mobilità sostenibile
Legalità
Temi declinati all’insegna di nuovo modello di sviluppo che trova la sua sintesi nel macroconcetto della sostenibilità: sanitaria, sociale, ambientale ed economica quale contrasto ad ogni forma di disuguaglianza e discriminazione.
Il Piano di Azione e la seconda fase di confronto che si è aperta da poco, ovvero quella operativa e progettuale vera e propria, sono lo strumento per definire questi obiettivi verso cui orientare le risorse disponibili e per condividere gli interventi urgenti e quelli strutturali per sviluppare una economia e una società in un’ ottica inclusiva e sostenibile.
Il percorso che ha portato alla definizione del Patto provinciale è l’ennesima dimostrazione che la partecipazione e il confronto costante nel territorio è la precondizione per rendere più solida una democrazia attraverso il contributo determinante delle parti sociali.
In questo senso continuerà ad essere decisivo il ruolo della CGIL che si impegna a continuare a condividere con le lavoratrici, i lavoratori, le pensionate, i pensionati e la cittadinanza tutta i contenuti del Patto e quanto emergerà nei prossimi tavoli operativi.
Da poche settimane inoltre è stato avviato un analogo percorso di area vasta che dovrà ripercorrere e declinare in ambito “Romagna” i contenuti già elaborati a livello provinciale.
Condivisione e discussione nel territorio che abbiamo fatto vivere anche in occasione delle altre due edizioni delle Giornate Rosso Quadrato: nel 2021, in occasione delle elezioni comunali ci siamo confrontati con tutti i candidati sindaci mettendo in evidenza le nostre priorità e nel 2022, ponendo al centro di quattro dibattiti pubblici i temi legati al turismo, alle politiche abitative, alla sanità e al lavoro.
Il lavoro è il collante di tutto e oggi più che mai la sfida è aggiungere a questo traguardo un’occupazione di qualità, stabile, adeguatamente remunerata e tutelata.
Il lavoro è dignità, certo; ma lo è sempre? A qualsiasi condizione? La pandemia ha contribuito in qualche modo anche a far emergere una tendenza già in atto, ovvero una nuova visione del tema “lavoro”; è subentrata una dimensione soggettiva nella valutazione, che fa si che lo stesso lavoro venga percepito come degno o indegno in relazione alle condizioni nel quale esso viene svolto, in rapporto con la propria dimensione personale e con i propri spazi di libertà. Un’idea del lavoro nuova che deve interrogarci, tutti, per saper interpretare e conseguentemente rappresentare questo cambiamento.
I dati che prima ho sintetizzato e che più tardi vedremo nel dettaglio grazie alla presentazione dell’Osservatorio Provinciale delineano un mercato del lavoro locale che purtroppo non si caratterizza per la buona e piena occupazione, stabilità, regolarità e legalità, pari opportunità; tutti elementi che non ci fanno essere attrattivi verso giovani e professionalità.
E quindi oggi, anche alla luce degli ingenti investimenti possibili grazie al PNRR occorre fare una operazione di qualificazione del nostro sistema produttivo o perderemo la più grande occasione di questa fase storica.
E’ palesemente accertato il forte legame esistente tra frammentazione della filiera produttiva, utilizzo di lavoro irregolare e inadempimenti in materia di sicurezza sul lavoro.
Interrompere questo circolo vizioso attraverso politiche del lavoro volte a promuovere la regolarità nel mercato, non può che rafforzare le garanzie sostanziali poste a presidio dei diritti dei lavoratori, con un impatto positivo in termini di certezza del diritto, di leale competizione nel mercato e di contrasto indiretto all’irregolarità.
L’esternalizzazione di fasi del processo produttivo – appaltate a piccole imprese e a loro volta subappaltate a micro-imprese – ritenuta necessaria per la sopravvivenza in mercati fortemente competitivi, ha favorito l’uso scorretto di contratti di appalto e subappalto.
E spesso la segmentazione dell’impresa è utilizzata come strumento di frammentazione delle responsabilità nei confronti degli obblighi che discendono dal rapporto di lavoro.
A ciò si aggiunge il profilo del mancato rispetto degli obblighi di sicurezza, poiché è stato accertato che le imprese che ricorrono a manodopera irregolare sono anche quelle che presentano maggiori tassi infortunistici.
L’irregolarità sul lavoro rappresenta una delle tante sfaccettature con cui si manifesta il fenomeno dell’economia sommersa.
L’economia non visibile e non direttamente misurabile ha riflessi negativi sia sulla finanza pubblica, sia sul corretto funzionamento del mercato. Comporta la perdita di ingenti entrate fiscali e di contributi previdenziali, a danno del bilancio dello Stato e causa una forte distorsione della concorrenza, dovuta ad una riduzione (illecita) dei costi per le imprese che operano irregolarmente.
Rilevata l’esistenza di un legame tra l’impiego del contratto di appalto quale strumento di frammentazione dell’impresa e irregolarità nell’uso della forza lavoro, possono o meglio devono essere sperimentati degli strumenti di promozione della regolarità nel ricorso agli appalti in grado di promuovere indirettamente il contrasto al lavoro nero.
Sono questi infatti i presupposti che ci hanno portato a sottoscrivere nei mesi passati il Patto per la promozione della legalità, della sicurezza e della qualità del lavoro negli appalti di lavori della provincia di Rimini; percorso che riteniamo peraltro in assoluta coerenza con gli impegni che abbiamo assunto e condiviso nell’altrettanto recente Patto provinciale per il clima ed il lavoro. Un obiettivo che dovremo provare a estendere nell’ambito della contrattazione di secondo livello anche nel sistema privato.
Così come la contrattazione di secondo livello e quella sociale/territoriale dovranno continuare a presidiare il tema della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (anche alla luce dell’aumento dei dati legati agli infortuni). Peraltro va in questa direzione la nascita in CGIL Rimini del dipartimento salute e sicurezza con i relativi sportelli a disposizione delle lavoratrici, dei lavoratori e degli RLS; così come altrettanto importante e giusta è stata la scelta di identificare il ruolo di RLST in un solo compagno a tempo pieno.
La legalità è una condizione indispensabile per lo sviluppo sociale, culturale ed economico del Paese in quanto valore fondante per ogni comunità; un bene comune e non negoziabile perchè riguarda, insieme alla sicurezza urbana, la condizione e la qualità della vita delle persone.
Perché ci siano vera legalità e vera sicurezza urbana occorre anche che ci siano giustizia sociale e l’assunzione di responsabilità da parte di ognuno.
É per queste ragioni che bene abbiamo fatto ad inserire nel Patto Provinciale per il clima ed il lavoro un capitolo ad hoc proprio sul tema della legalità, condividendo che occorre partire dalla promozione a tutto campo e in ogni ambito socio/economico della provincia, della cultura della legalità e del contrasto al radicamento della criminalità organizzata.
Occorre dunque quanto prima costituire formalmente il Tavolo sulla legalità previsto dal Patto Provinciale che prevede tra gli altri obiettivi anche quello di individuare misure specifiche a contrasto del lavoro irregolare, dello sfruttamento e del caporalato.
Il lavoro nero o irregolare non è un fatto “individuale” che riguarda il singolo lavoratore o la singola lavoratrice, ma si tratta di una questione DEMOCRATICA che riguarda l’intero mondo del lavoro e la società tutta perché si traduce di fatto in privazione della dignità e della libertà delle persone e come CGIL continueremo ovviamente a fare la nostra parte mettendo in campo tutte le iniziative utili.
Lavoro di qualità che dovrà essere sostenuto tramite la contrattazione di secondo livello attraverso processi di stabilizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori precari e/o in somministrazione, meccanismi di redistribuzione della ricchezza per far fronte all’emergenza salariale in atto e mediante la condivisione di modelli di organizzazione del lavoro volti a garantire la conciliazione dei tempi di vita e lavoro.
Peraltro proprio su quest’ultimo tema abbiamo partecipato qualche settimana fa ad un confronto promosso dalla Consigliera di Parità Provinciale che auspichiamo possa produrre un documento di intenti condiviso con tutte le associazioni datoriali.
E come CdLT di Rimini nel 2019 abbiamo definito il documento Linee guida per le azioni e la contrattazione di genere aziendale e territoriale; un’elaborazione che individua gli obiettivi e i temi da affrontare nell’ambito della contrattazione di secondo livello e in quella sociale.
Ed è proprio la contrattazione sociale e territoriale lo strumento che da sempre, e a maggior ragione nell’attuale contesto di difficoltà, è in grado di dare le risposte alle necessità delle persone; possiamo innescare importanti processi di innovazione per governare i cambiamenti e le trasformazioni demografiche, sociali ed economiche in atto.
Non va negato; in questi ultimi anni i risultati prodotti dalla contrattazione sociale/territoriale non sono stati sufficienti.
Troppo pochi i Comuni con i quali ci sono relazioni sindacali strutturate e ancor meno le Amministrazioni con le quali siamo riusciti ad avviare confronti articolati su tutte le tematiche, dalle politiche di bilancio a tutti gli strumenti di programmazione.
In questi ultimi anni la maggior parte dei confronti si è concentrata sui temi legati all’emergenza pandemica (ad esempio bandi e sostegni economici) sottoscrivendo in alcuni casi accordi che hanno dato risposte alle persone in difficoltà e contestualmente condizionato il riconoscimento di sostegni economici pubblici a quelle imprese che garantivano la qualità del lavoro.
Risultati e confronti sicuramente importanti, ma che devono estendersi a tutte le tematiche legate allo sviluppo complessivo dei territori.
L’altro elemento di criticità è legato alla non diffusa conoscenza tra le persone e nei luoghi di lavoro di questa importante tipologia di contrattazione.
Per queste ragioni in occasione della conferenza di organizzazione della CGIL, a tutti i livelli, è stato convenuta la necessità di una maggior consapevolezza e partecipazione nella costruzione e nella discussione dei temi che afferiscono alla contrattazione sociale e territoriale.
A tal fine, da un punto di vista del metodo, abbiamo a livello locale condiviso la costituzione di tre assemblee di zona, di una assemblea provinciale e del coordinamento territoriale che coinvolgeranno delegate, delegati, attiviste, attivisti, categorie, compagne e compagni del sistema delle tutele individuali, associazioni di nostra emanazione e confederazione.
Luoghi di analisi, partecipazione, programmazione ed elaborazione che verranno convocati nelle prossime settimane e mesi per costruire le future piattaforme territoriali e socializzare gli avanzamenti dei confronti.
Infatti l’eredità della pandemia e l’attuale contesto economico-sociale impongono la necessità di indagare, cogliere e soddisfare i nuovi bisogni, nonché prendere in carico le numerose fragilità a partire da quelle che riguardano i giovani, le donne, i migranti, l’emergenza abitativa e tutte le nuove forme di povertà.
Un esempio su tutti: nell’anno 2022 sono triplicate le domande di sostegno al pagamento degli affitti presentate in Provincia; ebbene notizia di qualche giorno fa, le risorse ad oggi a disposizione degli Enti Locali sembrano soddisfare solo un terzo dei richiedenti.
Il sostegno alla non auto sufficienza, alle fasce sociali più deboli, vanno garantite attraverso un sistema di welfare pubblico locale, capace di dare risposte ai bisogni crescenti e sempre più frammentati.
Occorre partire dall’analisi dei bisogni per l’individuazione delle priorità , garantire equità nelle risposte e nella redistribuzione delle risorse, con particolare attenzione alle dinamiche legate alla povertà, all’esclusione, ai dati demografici sull’invecchiamento della popolazione e alla longevità.
Dovrà essere posta più in generale attenzione all’integrazione delle politiche sociali con quelle sanitarie, in un’ottica di integralità dei bisogni delle persone.
E’ indubbio che la pandemia avrebbe dovuto rappresentare un punto di svolta per il cambiamento della Sanità. In questi 2 anni infatti è stato evidenziato che: – la migliore capacità di reazione e di adattamento vi è stata dove il governo pubblico è più forte e dove maggiore è la presenza dei servizi sanitari territoriali: – sono emerse le diseguaglianze territoriali – sono esplose le carenze di programmazione sulla formazione delle professioni sanitarie.
Un combinato disposto, sicuramente determinato da un evento straordinario come la pandemia, ma comunque già precedentemente preoccupante alla luce del trend demografico con una popolazione che invecchia, che deve fare i conti con la cronicità e con la non autosufficienza e dopo anni di disinvestimento e tagli in Italia, mentre il Europa la spesa sanitaria aumentava.
Le opportunità legate alle risorse per investimenti del PNRR sicuramente sono irripetibili ma contestualmente impongono una programmazione e una visione complessiva a partire dalle priorità sulle quali investire.
Per quanto ci riguarda la priorità non può che essere la messa al centro della salute dei cittadini che non può e deve sottostare a vincoli di spesa ma è il presupposto semmai sul quale basare le scelte e gli investimenti nel Paese e nel territorio.
E’ dunque necessario per il rafforzamento dell’assistenza territoriale condividere i principi strategici, le linee di sviluppo, le priorità, le tempistiche, le scelte in materia di organici così come indispensabile è fissare la nuova strutturazione della rete ospedaliera, in una logica integrata di specializzazione e di prossimità.
Tema quello della prossimità sicuramente ben tradotto negli obiettivi del PNRR con importanti finanziamenti strutturali a sostegno di servizi più presenti ed efficaci per la popolazione, ma che scontano l’assenza di finanziamenti per le spese di funzionamento, né possibilità ulteriori di assumere i professionisti necessari, mentre al contrario occorre prevedere un piano straordinario di assunzioni e di stabilizzazioni, valorizzando la qualità del lavoro nel settore sanitario per formare e ricercare tutte le competenze necessarie.
A questo si aggiunge la carenza di MMG spesso restii al progetto delle Case della Comunità, carenza di personale nei P.S. ed in svariati reparti, scarsità di infermieri, liste d’attesa che si allungano, tutti fattori che inducono chi può a rivolgersi al privato a pagamento e chi non può a rinunciare alle cure ed alla prevenzione.
Per la CGIL servono pertanto scelte condivise per rispondere ai bisogni di salute dei cittadini, perché no anche prendendo atto di cosa non ha funzionato, e creando alleanze nei territori per incidere sulle scelte regionali e nazionali; e questo vale anche in Emilia-Romagna dove recentemente sono state appaltate attività legate ai Livelli essenziali di assistenza, scelte che in alcun modo condividiamo (si veda punto nascita di Mirandola e l’emergenza a Ferrara).
Lo diciamo con estrema fermezza, da parte nostra non vi sarà disponibilità alcuna a sostenere percorsi che favoriscano meccanismi di concorrenza sleale fra pubblico e privato, favorendo il privato e sottraendo risorse al sistema pubblico.
Mentre saremo disponibili a dare il nostro fattivo contributo se il punto di partenza è come garantire il diritto universale e costituzionale alla salute; e questo sarà possibile attraverso confronti costanti nei territori, nei distretti e nella CTSS.
Confronti come quelli avviati per la prossima costruzione della casa della Comunità di Rimini, perché solo attraverso percorsi partecipativi saremo in grado di costruire la sanità del futuro, ovvero garantire la qualità della vita e il benessere delle nostre comunità.
Va in definitiva avviata la contrattazione territoriale per lo sviluppo delle città “in crescita sostenibile” quale opportunità di miglioramento della qualità delle città, in considerazione dei cambiamenti climatici, nella direzione della tutela e valorizzazione del nostro patrimonio naturale, culturale, sociale.
E’ quantomeno necessario discutere nella nostra Provincia della rigenerazione delle aree degradate e della riqualificazione dei patrimoni esistenti, di attrazione e di investimento, il tutto con la nobile conseguenza di creare opportunità di lavoro; ovvero politiche di sostenibilità in cui si trovi il giusto equilibrio tra interessi sociali, ambientali ed economici; la CGIL di Rimini può e deve esercitare un ruolo attivo e di protagonismo.
Quel protagonismo essenziale anche per implementare la nostra capacità di rappresentanza e conseguentemente per aumentare il nostro tesseramento, una priorità per la CdLT di Rimini; da questo punto di vista dobbiamo completare la piena applicazione del progetto sul proselitismo che abbiamo presentato alla CGIL Regionale ed elaborare campagne mirate in particolare verso i giovani.
Sono arrivata dunque alla fine di questa mia lunga relazione; ringrazio gli ospiti presenti, le Istituzioni alle quali garantisco che la CGIL di Rimini continuerà ad essere un soggetto presente e che vuole contribuire attivamente alle scelte che vengono fatte e che tali scelte abbiano al centro i criteri di giustizia e uguaglianza. Ringrazio Giuseppina Morolli ed Elena Fiero, importanti compagne di viaggio; auguro a tutte noi di continuare i percorsi unitari avviati sul territorio ed in ogni caso di mantenere le relazioni corrette, anche con posizioni divergenti in alcuni casi, che abbiamo sino ad oggi avuto. Ringrazio i compagni e le compagne dei sindacati esteri DGB, CGT e CSdL con i quali condividiamo una storia oramai consolidata di arricchimento reciproco, scambi di esperienze e condivisione di intenti. Peraltro proprio con la CSdL abbiamo qualche mese fa sottoscritto un accordo di doppia affiliazione, ovvero i lavoratori frontalieri iscritti alle nostre due organizzazioni sindacali, da quest’anno saranno considerati a tutti gli effetti iscritti ad entrambi i sindacati.
Enorme ringraziamento va a tutte le delegate e ai delegati che ogni giorno, direttamente nei luoghi di lavoro, rappresentate la CGIL; so bene quanto sia difficile per voi coniugare la vostra attività lavorativa con quella di rappresentante sindacale, spesso chiamato a dare risposte immediate e a farsi carico, a volte in solitudine, di problematiche individuali e collettive. Proprio per questo abbiamo avviato già da alcuni anni il programma di formazione confederale per le delegate e i delegati, per valorizzare al meglio il ruolo fondamentale che esercitate nelle aziende. Siete, insieme alle attiviste e agli attivisti dello SPI, la nostra forza.
Altri ringraziamenti…
E’ stato un privilegio ricoprire questo ruolo; ringrazio tutte e tutti e restate dalla parte giusta ovvero di chi difende la democrazia e la dignità delle persone. Viva la CGIL e la Resistenza. Buon congresso.