“Il mio compagno di banco”. Alzi la mano chi non ha svolto questo tema alle elementari o alle medie…Dal prossimo anno scolastico e fino a quando dovremo convivere con il coronavirus non accadrà più..Il metro di distanziamento suggerito dal CTS (Comitato Tecnico Scientifico) comporterà la scomparsa del doppio banco e conseguentemente della doppia fila che ogni aula aveva.
Stessa cosa succederà nei Paesi europei e nel Regno Unito. In alcuni di questi il distanziamento sarà ancora maggiore. Perché? Perché gli studi che la Comunità scientifica ha fino ad oggi prodotto non indicano una risposta univoca sulla distanza in cui la gocciolina nebulizzata (droplet) dei positivi al virus diventa contagiosa. Ad esempio Germania e Olanda hanno deciso per un metro e mezzo, due in Spagna e Gran Bretagna. Nei Paesi nordici, com’è noto, non ci saranno problemi vista l’organizzazione didattica di piccoli gruppi in grandi spazi, mentre la Francia adotterà la nostra stessa misura. Quanto abbia influito nel determinare la misura della distanza di sicurezza la configurazione del patrimonio edilizio scolastico dei diversi Stati non è dato sapere. Ma nel nostro caso non occorrono doti di chiaroveggenza per capire il nesso tra i numeri. Il 60% delle nostre scuole é stato costruito prima del 1975 e lo stesso adeguamento alle norme antisismiche è a tutt’oggi in itinere in migliaia di istituti…
Se le cose stanno così, ed è lo stesso CST ad ammetterlo pur usando un pilatesco condizionale le aule attuali potrebbero non consentire di ospitare contemporaneamente tutta la popolazione scolastica garantendo il distanziamento”, a cui va aggiunta “l’insufficienza della dotazione organica atta a garantire il distanziamento”, ben si comprende che il problema, o meglio i problemi da affrontare da qui a settembre non saranno né pochi, né semplici.
Sono già presenti nell’attuale dibattito alcune prese di posizione inquietanti. Genitori che non hanno capito o non vogliono capire che non potrà essere tutto come prima. Docenti, politici e sindaci che alzano muri pregiudiziali contro la DAD (didattica a distanza) assicurando il perentorio ritorno in aula in presenza, quasi che il virus non ci fosse, così come il distanziamento per contrastarlo. Presidi che non vogliono il “cerino in mano” nella gestione delle responsabilità. Sindacati che hanno già proclamato scioperi per avere più risorse la cui entità è già stata stimata non si sa bene in base a quali calcoli…
Ma per fortuna esistono anche altri che sono già “sul pezzo”. Ovvero stanno mappando gli spazi degli istituti in cui operano riorganizzandoli in base alle norme di distanziamento. Sappiamo bene che ogni scuola ha una sua storia e una peculiarità conseguente ben marcata. Non solo per le ragioni che prima ricordavo, ma anche per il trend delle scelte dei modelli scolastici. I licei sono in forte ascesa e costretti ad impartire lezioni in tante succursali. Mentre alcuni tecnici e professionali hanno aule in esubero..Ma non finisce qui: tanti hanno spazi esterni rilevanti, altri neanche un cortile. E i laboratori, le palestre, i bagni, le entrate/uscite, la stessa conformazione di corridoi e scale? Ognuno di questi spazi deve essere attentamente monitorato e “ripensato” per permettere ai docenti, agli alunni, al personale scolastico di convivere con il virus nel modo più sicuro possibile.
E’ questo un lavoro complesso che richiede simulazioni ad hoc, istituto per istituto e a volte aula per aula. Non si tratta solo di determinare empiricamente la distanza tra i banchi, ma gli spazi occupati dagli arredi come la lavagna tradizionale o interattiva, la cattedra, gli armadietti… Il lavoro dovrà altresì prevedere l’attivazione di appositi tavoli di confronto tra soggetti le cui competenze vanno oltre il mondo della scuola. Dalle strutture sanitarie presenti sul territorio, agli Enti locali, alle società dei mezzi di trasporto, alle associazioni pubbliche private. In altre parole a tutti quelli che possono offrire un contributo umano e materiale alla soluzione dei problemi sanitari e logistici.
Ed è ovvio che a questo punto, e solo a questo punto sarà possibile capire come si potrà tornare in classe e si prenderanno in considerazione tutte le opzioni possibili. Dalla didattica alle modalità con cui effettuarla. Quest’ultima operazione non potrà che essere affidata alla progettualità del Collegio docenti. Nella cornice di quell’autonomia scolastica che la vigente normativa prevede.
L’autonomia, come tutti sanno, ha un limite di non piccola entità: dipende dalle risorse umane e materiali che il Miur affida ai singoli istituti…Ma un conto è sparare numeri a caso, un altro ipotizzarli su progetti nati dalle scuole. Meglio ancora se pensati con diverse modalità con cui realizzarli.
Mi rendo conto che attuare questi percorsi con la Scuola impegnata negli Esami di Stato e poi in “stand by” nel periodo estivo non sia del tutto semplice. Ma esiste un’alternativa se non una ripartenza nel caos più totale?
Nessuno può sfuggire all’assunzione delle proprie responsabilità in un momento storico così difficile e complesso in cui la pandemia ci ha precipitato. Comunque si chiami. Dirigente scolastico, docente, ministro, sindaco, genitore….
E quanto ai tempi, quelli sono!
Giorgio Grossi