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“Ceis-Anfiteatro, questione senza colore politico”

Ho letto l’articolo di Maurizio Melucci che tratta dell’annosa questione CEIS – Anfiteatro, del quale innanzitutto non condivido l’esordio. Trattandosi di una questione che riguarda un importante monumento cittadino, la stessa non ha colore politico ma è trasversale; poi quanto al “disco rotto”, siamo stati abituati a ben altri del genere, specie nel trascorso decennio con la forzata fellinizzazione della città.

Ma se si è giunti a tal punto, lo si deve anche all’inerzia, e alla mancata volontà delle amministrazioni riminesi di dare una conclusione a questa vicenda; e questo potrebbe essere un altro “disco rotto”.

Tralasciamo il fatto che esistano o meno abusi edilizi in quell’area, come all’inizio hanno dato conto i mezzi d’informazione locali nel 2019 dopo un sopralluogo tecnico dello stesso Comune di Rimini, per poi questi sparire successivamente e divenire venialità sanabili, e consegniamolo al novero dei tanti misteri riminesi senza entrare nel merito. Resta però il fatto che l’area dell’Anfiteatro è gravata da ben due vincoli di tutela assoluta, di cui il primo del 1913 ed il secondo del 1914. Oltre al fatto che l’insediamento delle baracche lignee dei CEIS, avevano titolo di provvisorietà; ma siamo in Italia, dove il vocabolo assume spesso – e malgrado – il significato di definitivo.

Poi Melucci, fine ed attento amministratore, dimentica che nel PRG del 1964, l’edificio monumentale era inglobato nel “Comparto 5” assieme all’area ex Padane, a che pagina 91 al punto 5, si legge testualmente:

«5. Anfiteatro

La sistemazione si attua attraverso un piano urbanistico preventivo di iniziativa pubblica che preveda la demolizione di tutti gli edifici compresi all’interno del comparto in modo da consentire lo scavo archeologico. A seguito dei risultati dell’indagine, l’area andrà sistemata a verde pubblico in maniera da consentire la conservazione e/o la visita dei reperti.»

Allora, se la memoria non mi inganna, Rimini non era governata dalle destre.

Ma proseguiamo. Nel RUE (Regolamento Urbanistico Edilizio) adottato con Delibera di C.C. n.66 del 29/03/2011, sindaco Andrea Gnassi, la situazione non cambia affatto. Mentre l’area ex Padane viene disgiunta da quella dell’Anfiteatro, il monumento mantiene lo stesso numero di comparto precedente. E Nella Tavola grafica 2 – 3 la predetta superficie è indicata con “Categoria di Tutela D4”, ovvero:

«D4 – Corpi di fabbrica o manufatti incongrui, di norma di epoca recente, la cui permanenza impedisce la valorizzazione di risorse storiche o archeologiche primarie, per le quali si prospetta la demolizione senza ricostruzione. art.49 comma 5»

A pag. 22 della parte descrittiva dello strumento urbanistico, nel capitolo riguardante i comparti da trattarsi si ribadisce: «Sottocategoria D4: riguarda corpi di fabbrica o manufatti incongrui, di norma di epoca recente, la cui permanenza impedisce la valorizzazione di risorse storiche o archeologiche primarie.

Interventi ammessi: MO, MS, demolizione»; quindi manutenzione ordinaria, straordinaria o demolizione.

Proseguendo nella lettura della predetta pagina si giunge al punto 6 in cui le unità di intervento speciali, sono attuabili tramite POC (Piano Operativo Comunale), ossia in questo caso un accordo tra Amministrazione ed Ente privato per spostare la sede scolastica in altra area da definirsi. E siccome nella Tavola 2 -3 allegata, la zona monumentale è compresa tra le “unità di intervento speciali”, la stessa è soggetta a questa casistica.

Il Comune di Rimini non ha mai attuato nessun POC, tantomeno con quella struttura educativa, di fatto permanendo alla stessa la possibilità di effettuare sull’esistente la manutenzione ordinaria e straordinaria ma non più di questo.

Infine il PSC approvato con Delibera del C.C. n.15 del 15/03/2016, sindaco sempre Andrea Gnassi, in cui si conferma sostanzialmente tutto ciò deciso in precedenza.

Ed ancora mi risulta che quando furono approvati questi successivi strumenti urbanistici, le destre non governavano Rimini.

Quanto poi al dubbio che nessuno ha mai provato che sotto al CEIS esistano ancora resti dell’anfiteatro romano. Poiché siamo in presenza di un potenziale abbaglio collettivo, tra vincoli e strumenti urbanistici, che si protrae da circa 110 anni, sarebbe ormai necessario, opportuno ed inderogabile che si effettuassero dei seri sondaggi per accertare la consistenza archeologica al di sotto di quell’area; poi, magari, al pari di ciò che è accaduto in Piazza Malatesta, si può sempre affermare – a parole e non con i fatti – che non vi è nulla; però per lo meno si saprebbe finalmente la verità.

Il CEIS è una struttura educativa, oggi con fini diversi dalla sua fondazione in una Rimini di cui quel contesto sociale non esiste più; però onore al merito, ma non è il monumento di quell’area.

Tuttavia trattasi di un privato, e come tutti soggetto alle leggi dello Stato o locali, come peraltro tutti coloro che in base a quei dettami hanno dovuto trarre delle conseguenze per essersi trovati in difformità. E la ricerca di una giustificazione per questo caso, non è un bell’esempio civico.

Oggi pare che le cosiddette “destre” difendano, non dico un vincolo dello Stato, ma l’operato urbanistico messo in piedi dalle “sinistre” e cerchino di farlo applicare; un paradosso quindi, se si guarda questo dualismo con lo stretto spirito di parte tutto italiano.

È un argomento serio, delicato, da trattarsi con dovizia e credo che Melucci, proprio perché lo leggo sempre, abbia voluto stimolare una discussione sul tema; almeno così ritengo.

Salvatore de Vita

La risposta di Maurizio Melucci

Un disco rotto perché sono oltre 20 anni che la destra riminese porta avanti l’obiettivo di spostare il Ceis e di completare gli scavi dell’anfiteatro. Ho sempre avuto l’impressione che l’obiettivo non fosse l’anfiteatro ma il Ceis. Ma sicuramente mi sbaglio. Io sono per chiuderla questa discussione in modo definitivo. Partendo da tre presupposti difficilmente smentibili.

1) “L’anfiteatro di Rimini “è già stato integralmente scavato, recuperandone tutti i dati relativi alla conformazione planimetrica, alla tecnica costruttiva, alla datazione”. Varrebbe la pena riportarlo del tutto alla luce? “Un intervento di ‘liberazione’ delle strutture a scopo di valorizzazione comporterebbe opere di sterro di notevole portata, che necessiterebbero comunque di una vigilanza archeologica permettendo un incremento dei dati archeologici che si può stimare come molto ridotto”. E’ quanto scrive la Soprintendenza archeologica di Ravenna in una relazione firmata il 22 marzo 2017 dal Soprintendente architetto Giorgio Cozzolino e dalla dottoressa Anna Bondini. I carotaggi fatti negli anni (anche negli anni ’30) hanno sempre confermato questa impostazione. Si potrebbe scavare tutto il centro storico di Rimini e forse si avrebbero dati archeologici più interessanti di quelli sotto al Ceis.
2) Il Ceis non è nato con degli abusi. È stata trovata documentazione negli archivi comunali che autorizzava gli interventi. Sono documenti che può consultare anche lei e così risolviamo uno “dei tanti misteri riminesi” (non so quali sarebbero gli altri).
3) Il Ceis è una scuola privata con forte interesse pubblico (il Comune nomina rappresentanti). Sta di fatto che è regolarmente insediata su quell’area sin dal dopoguerra. Se si vuole il parco archeologico occorre anche dire con quali risorse finanziarie si sposta il Ceis e dove.
Le destinazioni urbanistiche valutano i luoghi. Poi come applicarle è tutto molto più complicato. Rimini è pieno di edifici incongrui in alcune aree della zona mare ma non per questo si demoliscono case ed alberghi.

Maurizio Melucci

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