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A Cattolica la mostra “Bambole e bambine” per parlare di donne

Bambole e Bambine.’ Si chiama così la mostra allestita da Giuliana Tomassoli Cermaria alla Galleria Santa Croce di Cattolica. Lei, 58 anni, è nata a Pesaro, ma è cresciuta tra Roma e Cattolica, dove vive ora. Dopo vent’anni di lavoro come stilista di moda, ideatrice, tra l’altro, del marchio Magliere Olga Di Caro, dal 2009 la Tomassoli si occupa di memoria storica, storia del costume, storia della moda e fotografia. In questo ambito ha pubblicato nove libri e allestito sei mostre. In questa ultima realizzazione, la curatrice fa rivivere le suggestioni della stanza dei giochi delle bambine, tra bambole e immagini, evidenziando gli elementi che attraverso il gioco hanno contribuito a formare e modellare la donna, tra femminilità e spirito materno, tra valori positivi e prevaricazioni. Abbiamo chiesto alla Tomassoli il perché di questo evento, partito sabato 10 marzo e che durerà fino al 2 aprile, e, soprattutto, che sarà caratterizzato anche da tre incontri di approfondimento su questo tema tenuti da esperte: una psicologa, una pedagogista e una dirigente di Polizia di Stato.

Giuliana Tomassoli (foto di Riccardo Gallini)

Cosa rappresenta la bambola per la bambina?

«Da sempre la bambola non è solo un giocattolo, ma svolge la funzione importantissima di primo mezzo attraverso il quale le bambine si accostano alla loro femminilità e all’idea della maternità».

E per lei invece cosa voleva dire giocarci?

«Il mio vissuto in questo caso non ha un interesse prioritario, dato che i miei lavori hanno sempre una forte valenza sociale, anche se posso dire come curiosità che dai vestiti per la bambola probabilmente è nata la passione che mi ha portato a frequentare l’Accademia di moda e costume e poi per vent’anni al lavoro di stilista. Sia il libro ‘Le Bambine che siamo state’, sia il percorso espositivo ‘Bambole & Bambine’ nell’ambito delle iniziative promosse dal Centro Culturale Polivalente del Comune di Cattolica, vogliono illustrare il cambiamento nell’educazione femminile attraverso gli anni, cambiamento catalizzato anche attraverso il gioco».

Mi descriva questa mostra. Perché ha sentito l’esigenza di realizzarla? Che cosa si troverà davanti la gente che verrà a visitarla?

«Il progetto mostra nasce in abbinamento al libro ‘Le Bambine che siamo state’, che è il vero motore dell’iniziativa. Al centro della mostra una suggestiva installazione ricrea l’emozione di una stanza dei giochi piena di bambole di tutte le epoche. Il percorso fotografico rappresenta le bambine con le loro bambole: le immagini offrono la possibilità di una lettura dei contesti sociali e della storia del costume, oltre che naturalmente della moda. Alle fotografie è abbinato un vasto repertorio di cartoline illustrate, per molto tempo mezzo di diffusione di immagini precedente all’avvento dei social. La mostra offre la visione di bambole, libri e oggetti d’epoca, in un percorso guidato piacevole e pieno di curiosità. Il libro stesso incuriosisce e commuove: è concepito come un vero e proprio album dei ricordi in cui anche la lettrice trova spazi liberi per aggiungere le sue foto da piccola».

Il mese di marzo è stato scelto appositamente anche in virtù della festa della Donna?

«Certo, il senso del libro e della mostra è proprio quello di puntare i riflettori sul mondo delle bambine per parlare di donne, dal momento che nei primi anni di vita si pongono le linee guida della personalità di ciascun individuo. Il libro si presenta come un delicato affresco di epoche, dalle cui pagine sorridono i volti di tante bambine; i testi pubblicati aggiungono contenuti e porgono altri spunti di riflessione. L’approfondimento delle tematiche così velatamente suggerite avviene nel breve ciclo di conferenze di esperte che si terranno nell’ambito della mostra».

In questa epoca cosi condizionata nel bene o nel male dalla tecnologia, c’è ancora posto per la ‘casa delle bambole’?

«Al di là del mio parere personale, sicuramente affermativo, questa domanda merita una profonda riflessione. Sarà molto interessante ascoltare quello che dirà l’esperta Ester Sabetta, pedagogista, che giovedì 22 marzo, alle ore 21,00, tratterà proprio questo argomento: L’infanzia nel tempo. Cosa è cambiato?».

Secondo lei, l’emancipazione femminile è passata anche dal giocare e crescere con le bambole?

«Certamente gioco e società si influenzano a vicenda, in un continuo scambio di rimandi. Direi semmai che l’emancipazione femminile ha modificato il modo di giocare con le bambole e le bambole stesse. La mostra propone molte immagini significative di questa metamorfosi. Apriamo qui il discorso fondamentale sul peso dei messaggi nascosti nella comunicazione: messaggi apparentemente innocui possono in realtà nascondere veri e propri condizionamenti. Fondamentale per chiunque, e a tutte le età, allenarsi nella decodificazione degli stessi. A questo proposito, questa sera, 15 marzo ci sarà l’intervento di Annalisa Zadra, psicologa psicoterapeuta, che parlerà di: ‘Accompagnare la crescita. Strumenti per sviluppare la consapevolezza e riconoscere i condizionamenti.’
Parlando di bambine per parlare di donne, non possiamo dimenticare che stiamo vivendo una vera e propria emergenza sociale, che vede troppo spesso la degenerazione dei conflitti di genere in femminicidi. Il lavoro di ricerca storica e iconografica svolto dal libro abbinato al percorso espositivo vuole portare l’attenzione sulle cause che hanno favorito la nascita delle prevaricazioni responsabili in embrione di questo drammatico fenomeno. Per approfondire questo argomento, nella serata del 29 marzo sarà presente Natascia Baiocchi, primo dirigente di Polizia di Stato, con la conferenza su: ‘Questo non è amore. Attività di prvenzione e contrasto della violenza di genere’. Invito tutti a partecipare».

Nicola Luccarelli

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