“Il 20 e 21 settembre 2020 si voterà per il referendum confermativo sulla riduzione del numero dei parlamentari: la riforma costituzionale – recita una nota di Cattolica Futura – propone di ridurre di un terzo i parlamentari di Camera e Senato—da 945 (630 alla Camera e 315 al Senato) a 600 (400 alla Camera e 200 al Senato).
L’intento della riforma, nata sulla scia dei malumori populisti del Movimento 5 stelle e in seguito appoggiata passivamente da quasi tutto l’arco parlamentare, è responsabilizzare la classe dirigente e ridurre i costi della politica. Al contempo, modificando alla base l’apparato del potere legislativo, potrebbe avere conseguenze nefaste nel lungo periodo, in termini di rappresentanza democratica e funzionamento del processo decisionale istituzionale.
Le ragioni per votare – afferma ancora il comunicato di Cattolica Futura – contro al taglio dei parlamentari sono molteplici: in primis, le ragioni a favore non hanno basi solide. Per responsabilizzare la classe dirigente non basta (e, forse, non serve) ridurre il numero dei rappresentanti: così come per abolire la povertà non basta il reddito di cittadinanza e per eliminare la corruzione non basta il decreto “spazza-corrotti”. La visione per cui basterebbe una legge per raggiungere un obiettivo – prosegue l movimento politico cattolichino – così complesso è semplicistica nonché mistificatoria: il progresso non è una linea retta che connette due punti ma un percorso irregolare, costellato di passaggi fondamentali e passi indietro. Incentivi ad operare nel selciato istituzionale, valorizzazione delle competenze e maggiore trasparenza possono migliorare la qualità della classe dirigente insieme, nel lungo periodo, a investimenti nell’istruzione: non certo ridurre il numero degli scranni parlamentari. Dietro questa misura apparentemente innocua non c’è alcuna idea di riforma dello Stato, ma soltanto una visione meschina della politica e una volontà punitiva nei confronti della democrazia parlamentare.
Sui costi, invece, il dibattito è puramente demagogico: tra Camera e Santo, la riduzione dei parlamentari creerebbe un risparmio potenziale stimato tra i 57 e gli 81 milioni di euro all’anno — anche arrotondando per eccesso a 100 milioni, si tratta di cifre irrisorie per lo Stato italiano (si pensi che ogni anno lo Stato convoglia verso le scuole private circa 300 milioni). Paradossalmente, Camera e Senato con un solo parlamentare avrebbero costi solo di poco inferiori a quelli attuali: molte delle spese, infatti, sono “fisse”, e non dipendono dal numero di eletti. Inoltre, si tratterà di un risparmio che non ha un chiaro indirizzo di spesa: cosa andrebbe a finanziare? La nazionalizzazione di un’altra azienda decotta, come avvenuto con Alitalia? Mancette elettorali a questo o quel gruppo di elettori? C’è poi da considerare il costo stesso del referendum: nel 2016, il referendum costituzionale costò circa 300 milioni di euro: in pratica, tre anni di risparmio andrebbero già in fumo con il voto stesso.
Ci sono poi ragioni più tecniche – dice ancora la nota di Cattolica Futura – per essere contrari al taglio dei parlamentari. In primis, come sollevato dai Radicali, con meno parlamentari le decisioni potrebbero andare a rilento nonché essere suscettibili al potere di pochi — ad esempio, le commissioni al Senato saranno composte da 10 Senatori che potranno deliberare con una maggioranza di soli 4 Senatori. Discorso simile per i voti di fiducia e le future riforme costituzionali, i cui esiti potranno dipendere da maggioranze risicate e dai Senatori a vita — in pratica, in Italia, il potere legislativo potrebbe essere accentrato nelle mani di oligarchie di partito (ancorché considerando che pochi partiti italiani hanno dinamiche interne trasparenti e partecipate).
C’è poi un problema in termini di rappresentanza: attualmente, in Italia si ha 1 eletto ogni 64.000 cittadini (un rapporto già inferiore rispetto quanto immaginato dai Padri Costituenti: ci sono 20 milioni di cittadini in più rispetto il 1948). Se passasse la riforma costituzionale, con 600 parlamentari eletti, si avrebbe un rapporto di un eletto ogni 101.000 persone. Con la riduzione dei collegi verrà compromessa l’omogeneità della popolazione elettorale (si pensi alle minoranze linguistiche) e aumenterà la discrezionalità con cui i perimetri dei collegi stessi verranno disegnati. Inoltre, la riforma porterà uno squilibrio di rappresentanza tra le varie Regioni italiane. Proprio per questi motivi sarebbe necessario che il mero taglio del numero dei parlamentari venisse accompagnato da una riforma più ampia dell’ordinamento e della legge elettorale.
Responsabilizzare la classe dirigente ed efficentare la spesa pubblica sono obiettivi nobili — ma devono essere perseguiti in una visione complessiva d’insieme – conclude la nota – e non con un mero taglio della rappresentanza parlamentare. Per di più considerando che la compressione del potere legislativo era già nei piani di note figure della storia italiana, che avevano l’intento di accentrare i processi decisionali e ridurre la rappresentanza dei cittadini. Siamo davvero sicuri che questa riforma sia ciò che l’Italia abbia bisogno in questo momento?”.
Cattolica Futura