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Caro bollette, SOS anche dalla Papa Giovanni XXIII Rimini: “Rischio casse vuote”

“Dobbiamo stringere i denti”. Così al Corriere di Romagna Gianfranco Zerbino, responsabile finanziario della Papa Giovanni XXIII di Rimini, comunità fondata da don Oreste Benzi attiva nel mondo del volontariato, lancia l’allarme per il rincaro di bollette e prezzi a pochi giorni dall’Sos lanciato da San Patrignano.

“Fino a un certo punto possiamo, sì, stare più attenti al risparmio energetico – afferma – ma più di tanto, soprattutto dove ci sono situazioni con handicap gravi, non è possibile lasciare le persone al freddo”.

L’aumento dei costi dell’energia, con il caro-bollette che pesa sui bilanci di famiglie e imprese, rischia di mettere in ginocchio San Patrignano, la più grande comunità di recupero d’Europa costretta a fare i conti con un’impennata vertiginosa dei prezzi.

“Nei primi sei mesi di quest’anno – fa i conti Zerbino – per le spese che riguardano il solo gas, abbiamo già superato di ben oltre il 100% l’anno precedente. Una bolletta media, che era di 50/60.000 euro per tutte le case famiglia, è arrivata ad essere di 150/160.000 euro”. Il rincaro del gas poi “si trascina dietro un aumento dell’energia elettrica e dei carburanti. Abbiamo molti mezzi: tutte le nostre case famiglia possiedono un pulmino o un mezzo”.

E “c’è un’aggravante – sottolinea – le bollette si pagano attraverso il Rid. Di conseguenza, non è tanto il fattore economico, ma il fattore patrimoniale, la liquidità, che ci penalizza. Corriamo il rischio di non avere i soldi in cassa. Alla comunità i soldi escono dopo trenta giorni. Il nostro sostentamento, invece, oltre ai diversi benefattori privati che abbiamo (e per fortuna che li abbiamo), sono le rette che riceviamo dagli enti pubblici. Gli enti pubblici, però, pagano secondo i propri tempi, e fino a questo momento non hanno adeguato gli importi delle rette ai rincari che abbiamo subito. Probabilmente più avanti si farà sarà una revisione, ma ad oggi non è stata ancora fatta”.

Una situazione di difficoltà che non tocca solo l’Italia ma tutti i presidi della comunità nel mondo: “Siamo presenti anche e soprattutto in Paesi poveri, come possono essere il Burundi o lo Zambia, e abbiamo notato che questa situazione ha già avuto delle ripercussioni, perché stiamo ricevendo più richieste di liquidità dalle zone di missione”.

(ANSA)

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