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Carlo Alberto Miani: con Zingaretti per una politica che vuole mettere “prima le persone”

Nel dibattito del Partito Democratico in vista delle primarie del 3 marzo che sceglieranno il nuovo segretario interviene oggi Carlo Alberto Miani, riminese iscritto al Pd,  project manager in una società di consulenza a Bruxelles :

“Costruire un’alternativa al populismo e alla destra della peggior specie è possibile?

Negli ultimi tempi il dibattito politico è diventato sempre più tossico. La Lega e il M5S hanno utilizzato la distanza delle élite dal popolo come pretesto perfetto per instaurare un’egemonia apparentemente incontrastata all’insegna della retorica della violenza e dell’intolleranza. Invece di proporre idee e valori intorno ai quali costruire una società migliore, non hanno fatto altro che manipolare perversamente le paure delle persone e costruire consenso fomentando i più bassi istinti della natura umana.

Le forze di Sinistra e Centrosinistra hanno il dovere e l’obbligo di costruire un’alternativa valida prima che i tanti piccoli grandi disastri del governo del cambiamento (in peggio) si trasformino in una catastrofe irreversibile. Tuttavia, questa maledizione potrà essere spezzata solo se si avrà il coraggio di guardare in faccia la realtà e prendere decisioni radicali e lungimiranti su quale direzione intraprendere.

Domenica 3 marzo si terranno le primarie del Partito Democratico, un grande momento di partecipazione democratica in cui tutti i cittadini potranno scegliere la leadership e la linea politica della più grande forza del Centrosinistra italiano.

Nicola Zingaretti è l’unico dei candidati in campo con la credibilità, la volontà politica e le idee necessarie per poter costruire una solida alternativa all’egemonia della paura e dare riscatto a un’idea di politica che vuole mettere “prima le persone”.

Prima le persone significa mettere al primo posto la loro dignità e offrire una risposta alla fortissima domanda di protezione sociale emersa negli ultimi anni senza mai rinunciare ai diritti inalienabili dell’essere umano. Prima le persone significa lottare contro tutte le disuguaglianze: economiche, sociali, geografiche e generazionali. Se è vero che negli ultimi anni le disparità sono cresciute spaventosamente, è anche vero che la risposta non può essere “mors tua, vita mea”. Altre forze politiche preferiscono istigare una perversa e devastante guerra tra poveri – tra ultimi e penultimi – che, invece di aggredire le radici del disagio, dell’emarginazione e del degrado, non fa altro che alimentare l’odio, la violenza e le tensioni sociali, distraendo dai veri problemi e legittimando l’eterno rinnovo di un sistema fondato sulle disuguaglianze e sulla prevaricazione verso i più deboli.

Prima le persone significa lottare per l’effettiva applicazione dell’Articolo 3 della nostra Costituzione, secondo cui “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” e che sancisce il compito della Repubblica di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.

Prima le persone significa combattere tutte le disuguaglianze, anche quelle generazionali.

Oggi in Italia esiste effettivamente un’emergenza migrazione, ma non è quella raccontata dai telegiornali. Il saldo migratorio è negativo, ovvero le persone che partono sono più di quelle che arrivano e, mentre divampa la rabbia contro gli sbarchi dei migranti in fuga dalla guerra e dalle persecuzioni, non sembra esserci altrettanta indignazione per quell’altra ondata migratoria (in uscita) che coinvolge in particolar modo i nostri giovani. Parlando per esperienza diretta, devo ammettere a malincuore che oggi, se sei giovane e laureato, spesso andare all’estero non è una scelta, bensì l’unica opzione sul tavolo per investire nel proprio potenziale. È inammissibile, inumano e per niente degno di uno stato civile né di una delle economie più sviluppate del mondo permettere che la generazione più istruita della nostra storia si ritrovi privata delle opportunità per poter realizzare il proprio potenziale e mettere a frutto l’enorme capitale umano di cui dispone. Chi è abbastanza “fortunato” da restare in Italia deve non solo affrontare la carenza di prospettive, ma si ritrova anche alla mercé di un mercato del lavoro iniquo, troppo spesso fondato sullo sfruttamento, dove le tutele dello Stato sono palesemente insufficienti e inadeguate. Si tratta di un problema collettivo con enormi ripercussioni sociali, nonché di un dramma umano che incide pesantemente sulla vita delle persone.

Pensare di risolvere questo immenso problema con le risorse e gli strumenti attualmente disponibili sarebbe  come curare il cancro con l’aspirina. Servono idee, una visione coraggiosa e coerente e la volontà politica per investire risorse importanti a livello strutturale. Benché sia necessario ammettere anche gli errori e la mancanza di lungimiranza di chi ha governato in passato (PD compreso), le politiche del governo attuale appaiono soltanto come tentativi grotteschi di mettere una toppa, anche a costo di produrre danni enormi. Là fuori c’è una generazione dimenticata e vessata che non sa che farsene dell’elemosina o di fantomatici “redditi di cittadinanza” che rischierebbero persino di foraggiare il lavoro nero e produrre ulteriore sfruttamento. Chiediamo solo rispetto e opportunità concrete di poter impiegare le nostre energie e competenze per contribuire al futuro di questo paese.

Prima le persone significa costruire un’Europa dei cittadini.

In quanto paese fondatore, il posto dell’Italia non può essere che saldamente ancorato in Europa tra i principali promotori dell’Unione. Tuttavia, se la fiducia dei cittadini nelle istituzioni europee sta subendo un declino senza precedenti è anche perché chi ha promosso la narrazione europeista fino ad oggi ha ignorato un problema fondamentale: l’Europa fine a se stessa semplicemente non è abbastanza.

Sono convinto che il declino dell’Europa potrà arrestarsi quando cominceremo a pensare all’Europa come a un mezzo, non un fine. Senza l’Europa unita non si va da nessuna parte: in un nuovo scenario mondiale multipolare sempre più imprevedibile, l’Italia e gli altri stati europei sarebbero solo piccole pedine in balia delle grandi potenze. È evidente e inconfutabile che un’Europa veramente unita sarebbe la prima superpotenza mondiale sotto tutti i punti di vista, ma ciò non nega gli enormi deficit (primo fra tutti quello democratico) dell’architettura istituzionale dell’UE e nemmeno i fallimenti eclatanti e dolorosi dell’austerità. L’Unione Europea così come esiste oggi deve essere profondamente riformata. Tra le proposte della Mozione Zingaretti vi sono un fisco unico a livello europeo e l’elezione diretta del Presidente della Commissione. Invece di smembrare l’UE e farne scempio come vorrebbero i cosiddetti “sovranisti”, è ora dare veramente ai cittadini maggiore sovranità in un’Europa più unita, equa, sociale e democratica.

Se non vogliamo che il nostro Paese sacrifichi in maniera irreversibile il proprio futuro è necessario costruire in fretta un’alternativa a tutto ciò. Nel PD certamente non mancano le voci che oggi spendono belle parole su come ricostruire un Centrosinistra progressista e in alternativa allo sfacelo gialloverde: peccato che i più eminenti rappresentanti delle mozioni Martina e Giachetti siano stati i principali protagonisti di una stagione fallimentare che ha portato il Centrosinistra alla peggior disfatta della sua storia. Non basta stare all’opposizione un anno per sentirsi assolti da tutti i peccati, perché gli errori (non solo di comunicazione) sono stati tanti. Le promesse di cambiamento fini a se stesse non portano più da nessuna parte e le sfide da affrontare sono troppo numerose, gravi e urgenti. Sotto la guida di Nicola Zingaretti, il PD e il Centrosinistra possono costruire un’alternativa forte in netta discontinuità con la stagione passata, mettendo prima le persone e contrapponendo l’Italia del coraggio a quella della paura. ”

Carlo Alberto Miani

Nella foto da sinistra: Giacomo Gnoli, Andrea Orlando e Carlo Alberto Miani

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