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Carim, incognite referendum e scadenze fiscali

Due mine in vista per le banche che, come Carim, hanno piani di salvataggio in corso. Le individua oggi Andrea Greco su Repubblica: le scadenze fiscali di fine anno e l’esito del referendum di domenica.

In parole povere, la tesi di Repubblica è che il consistente drenaggio di liquidità che avviene verso la fine di ogni anno questa volta potrebbe mettere alle strette gli istituti già in ambasce. L’erario a fine 2016 chiede ai contribuenti quasi 70 miliardi, 13 dei quali solo per le tasse sulla casa. Tutti soldi che usciranno dalle banche; ma i conti correnti di quelle in difficoltà saranno di nuovo rimpinguati, o i clienti preferiranno indirizzare i nuovi depositi verso lidi più sicuri?

Il secondo problema è l’esito del referendum. Si parla di piani d’emergenza predisposti da tutti gli istituti in caso di vittoria del No e conseguente shock finanziario, di cui già si ha qualche saggio. Il problema delle banche che stanno costruendo piani di salvataggio è che questi erano stati concepiti presupponendo un panorama di stabilità finanziaria, a iniziare da uno spread accettabile e un rating del debito pubblico invariato. “Da lunedì – scrive Greco – le cose potrebbero mettersi diversamente. Cosa sarebbe di qui piani? “. 

Insomma tutti i conti sarebbero da rifare e certamente non senso positivo.

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