E’di ieri la sentenza del giudice preliminare Vinicio Cantarini che ha fatto cadere l’accusa di associazione a delinquere per gli imputati coinvolti nel Crac di Aeradria, tra cui il sindaco di Rimini Andrea Gnassi, l’ex sindaco Alberto Ravaioli, gli ex presidenti della provincia Stefano Vitali e Ferdinando Fabbri.Restano in piedi altre accuse, fra cui l’abuso d’ufficio, truffa aggravata e vari reati fallimentari, con posizioni differenziate fra i vari imputati. La data del processo è stata fissata per il 23 gennaio 2018.
In merito alla vicenda, riportiamo le dichiarazioni di Mario Erbetta (capogruppo consiliare di Patto Civico Rimini):
Il garantismo contro il giustizialismo mediatico. Oggi si è avuta la conferma giudiziaria che non tutto è come sembra o come la stampa e una parte dell’opinione pubblica fanno sembrare.
Da avvocato sono allergico alle gogne mediatiche, a condanne anticipate a mezzo stampa.
Sono un garantista e credo fermamente che l’imputato risulti colpevole solo dopo i tre gradi di giudizio previsti dalla Costituzione. E questo indipendentemente da chi sia l’imputato, politico o semplice cittadino. Non entro nel merito degli atti giudiziari e confido pienamente nella magistratura riminese. Quello che mi sento di dire a difesa del sindaco Gnassi che come è stato rilevato dal giudice riminese non può e non deve esistere un reato per l’amministratore che non poteva non sapere.
Il tempo sarà galantuomo e svelerà le eventuali responsabilità che si proveranno giudizialmente. Ma in attesa del responso finale si è innocenti fino a prova contraria e a sentenza definitiva.
E’ un sacro principio Costituzionale a cui tutti si devono inchinare indipendente dalla fazione politica a cui si appartiene.
Sempre sulla stessa vicenda, si esprime l’On. Sergio Pizzolante, anima del progetto Patto Civico
È caduta l’accusa di associazione a delinquere per gli ultimi sindaci, presidenti della Provincia, della Camera di Commercio, della Fiera, dell’Aeroporto e altri imputati.
Non poteva che essere così.
In tempi non sospetti, ero ancora un’esponente dell’opposizione a Rimini, mi pronunciai contro questo capo di imputazione per gli amministratori locali, contro i quali avevo speso anni di impegno politico.
La mia tesi era ed è che una stagione era finita.
La stagione dell’eccesso di finanziamento pubblico e di gestioni pubbliche.
Ma quella fase politica sbagliata doveva essere giudicata dagli elettori e non dai tribunali.
Ero e sono contro una visione tutta penale della vita pubblica.
Non possono essere le procure a definire e giudicare “il limite oltre il quale l’investimento pubblico è nell’interesse della personale carriera dell’amministratore pubblico e non della comunità”.
Quest’ultima è una tesi che si è affermata in alcune procure in giro per l’Italia.
E l’associazione a delinquere è lo strumento con il quale si persegue questo presunto reato politico.
Penso che il giudice di Rimini abbia fatto chiarezza.
Penso che sia una cosa buona perché, al contrario, ci troveremmo di fronte a un’aberrazione.
Perché con questo utilizzo dei presunti reati associativi, sommato al nuovo reato di traffico di influenze, noi dichiareremmo reato l’attività politica stessa.
E quindi seppelliremmo la democrazia rappresentativa trasformandola in democrazia giudiziaria. Come ha detto qualche settimana fa Angelo Panebianco.
Ma la svolta riminese non cancella l’amarezza, per chi ha senso di giustizia, di questi anni che, lo so, sono stati di grande sofferenza per gli imputati e i familiari e non elimina i rischi, in Italia, derivanti da norme sbagliate a dal loro uso distorto.
Anzi la situazione può solo peggiorare se la legge antimafia, oggi al Senato, dovesse poi essere approvata definitivamente alla Camera.
Una legge che dopo l’estensione dell’associazione a delinquere dai reati di mafia a tutti i tipi di reati, applica il sequestro preventivo dei beni al solo sospetto della corruzione! Terribile.
Nemmeno le parole di preoccupazione di Cantone e dello stesso nuovo presidente dell’Anm fanno ragionare Renzi e il Pd.
Il Pd dovrebbe riflettere su questa deriva giustizialista e penalista. E dovrebbe capire che la rincorsa ai Grillini porta alla fine della democrazia.
Restano in piedi a Rimini i presunti reati riferiti alle operazioni di comarketing.
Anche qui non si capisce perché ciò che si può fare altrove non sia possibile farlo a Rimini.
Vedremo.
Intanto, un buon passo verso il buonsenso!