Questa sera lunedì 9 luglio, alle ore 21:30 presso la Corte degli Agostiniani, verrà proiettato Borg McEnroe (2017) del danese Janus Metz, che mette in scena una delle più celebri sfide del mondo del Tennis, ed è stato presentato al Festival di Toronto e alla Festa del Cinema di Roma.
Björn Borg (Sverrir Gudnason) è il miglior tennista al mondo, svedese e campione indiscusso per quattro anni consecutivi a Wimbledon. John McEnroe (Shia Labeouf), invece, è la giovane promessa americana che vuole togliergli lo scettro. Nel 1980, i due si sfidano nella finale del prestigioso torneo inglese, in quella che è considerata da molti una delle partite più avvincenti della storia del Tennis.
Partendo da una delle più epiche e celebrate rivalità sportive, Janus Metz dirige un film apparentemente semplice e lineare, che tuttavia non è volto solo a ricostruire le gesta sportive dei due campioni, bensì fornisce un’attenta e problematica caratterizzazione emotiva che indaga anche oltre la dimensione agonistica dei due atleti.
Borg McEnroe si muove così attraverso l’ormai topico climax cinematografico-sportivo che giunge, in crescendo, a focalizzare l’attenzione su un’unica partita, che diviene emblema dell’intera carriera, oltre che della vita dei due tennisti. Attraverso una puntuale rivisitazione dei fatti di cronaca, oltre che un’evidente abilità romanzesca, Metz riesce a divertire e intrattenere con efficacia, lasciandosi tuttavia andare, a volte, a qualche picco retorico di troppo.
Il regista procede con omogena continuità per tutta la durata del film, senza alcuna titubanza o incertezza, sapendo di poter contare sul fascino sportivo della sfida, oltre che sulle personalità dei due protagonisti, apparentemente antitetiche – uno glaciale e controllato, che sembra quasi un personaggio esistenzialista di Sartre in veste scandinava; impulsivo, irascibile e sopra le righe l’altro, quasi un tennista in versione punk: entrambi i caratteri, comunque, sono ben interpretati dai due attori, aderenti ai loro personaggi dal punto di vista fisico ed emotivo attraverso una recitazione di dettagli e micromovimenti.
Oltre che a un’efficace ricostruzione della grande sfida sportiva, la regia di Metz sembra volersi concentrare nel suggerire che, in realtà, Borg e McEnroe non furono due atleti così diversi come potrebbe sembrare: diverse furono, semmai, le risposte che diedero a problemi estremamente simili, sia dal punto di vista personale che sportivo.
Dopo La battaglia dei sessi, il Tennis torna sul grande schermo con quella che potremmo chiamare “La battaglia degli stessi”, fra due atleti che l’epica sportiva ci ha presentato come antitetici (‘il Martello’ e ‘la Lama’), ma che in realtà, scavando in profondità attraverso la rappresentazione cinematografica, Metz ci presenta come sorprendentemente simili.
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Edoardo Bassetti