“Passaporto sanitario per entrare in Emilia Romagna? Noi il problema non ce lo poniamo nemmeno”. Così il presidente Stefano Bonaccini esclude a priori che la sua regione possa seguire l’orientamento di Sardegna e Sicilia, che sembrano intenzionate invece a richiedere documentazioni speciali ai turisti che vi si recheranno.
Bonaccini, intervistato questa mattina da Serena Bortone durante la trasmissione “Agorà” di Rai3, ha anche parlato dell’ipotesi di riaprire tutti i confini regionali dopo il 3 giugno: “Mi auguro che sarà così, ma la decisione dovrà essere presa a livelli nazionale solo dopo aver osservato l’andamento dei contagi. Se si deciderà di aprire vorrebbe dire che la situazione è sotto controllo, Ma io non sono un veggente, non so cosa succederà”.
Il presidente dell’Emilia Romagna ha anche rivolto lo sguardo al resto del mondo: “Quando si parla di gestioni autoritarie dell’epidemia che sarebbero preferibili a quelle democratiche, mi pare che i Paesi con maggiori problemi oggi siano quelli di Trump e Bolsonaro, che hanno dato alle loro democrazie l’aspetto più autoritario. Forse dove c’è stata una gestione più partecipata le cose stanno andando meglio”.
Bonaccini si è anche dichiarato favorevole all’idea di impiegare 60 mila “assistenti civici” per controllare gli eccessi della movida: “Non possiamo mettere a rischio i risultati raggiunti per qualche sconsiderato. In Emilia Romagna il 95% delle attività hanno riaperto e non dobbiamo correre il rischio di dover richiudere qualcosa”.
Il presidente dell’Emilia Romagna ha richiamato poi l’attenzione su di un settore che invece non solo non ha riaperto, ma rischia di rimanere chiuso per un bel po’, quello delle discoteche: “Come governo e come regione bisogna assolutamente fare qualcosa, altrimenti molti locali rischiano di non riaprire mai più”.
