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Banda della Uno bianca, Occhipinti resta all’ergastolo

Marino Occhipinti, uno dei componenti della banda della Uno bianca, continuerà a scontare l’ergastolo. L’ex poliziotto era stato condannato alla massima pena perché il 19 febbraio 1998 partecipò assieme ai fratelli Savi all’assalto alla Coop di Casalecchio di Reno in cui venne ucciso Carlo Beccari, la guardia giurata di 26 anni che faceva parte della squadra che doveva ritirare l’incasso del supermercato.

La difesa di Occhipinti aveva chiesto di trasformare la pena dell’ergastolo in 30 anni. Questo gli avrebbe offerto la possibilità di uscire definitivamente dal carcere. 

Ma la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso e confermata la condanna dell’ergastolo.

Occhipinti è dal 2012 in regime di semi libertà. Dopo poco più di 17 anni di carcere può “trascorrere parte del giorno fuori dell’istituto [e] partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale”, come dice la norma. Sarebbe stata una beffa, per i famigliari delle vittime, se avesse ottenuto anche la sostituzione della pena dell’ergastolo con trent’anni di reclusione. Tale condanna avrebbero lasciato una pena residua di sette anni, che il condannato avrebbe potuto terminare di scontare nel proprio domicilio.

Già nel 2015 il Gip del Tribunale di Bologna, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva rigettato la richiesta di sostituzione della pena dell’ergastolo i trent’anni.
Contro quell’ordinanza del GIP i difensori di Marino Occhipinti avevano fatto ricorso alla Cassazione, che però ha dato loro torto.

Oggi è stata pubblicata la sentenza, che rigettando anche qull ricorso, motiva:
“Poiché il ricorrente non è mai stato ammesso al giudizio abbreviato, come pacificamente risulta dagli atti, ed è stato giudicato secondo il rito ordinario, nel rispetto delle norme processuali che disciplinavano, al tempo del processo da lui subito, l’accesso al procedimento semplificato, difetta il presupposto basilare per ritenere applicabili, nel caso di specie, le norme sostanziali più favorevoli in tema di pena, sull’assunto della mera richiesta di accedere al rito speciale: …”.

Marino Occhipinti è nato nel 1965 a Santa Sofia, in provincia di Forlì. Al momento dell’arresto, nel novembre 1994, era in forza alla Squadra Mobile di Bologna, sezione antidroga. Era entrato nella banda dei fratelli Savi nel gennaio 1988, secondo l’accusa perché “riteneva insufficiente il solo stipendio di poliziotto”. È stato accusato di aver preso parte anche ad azioni incruente, come un assalto al casello di San Lazzaro del 4 febbraio dell’88. La moglie di Roberto Savi raccontò di averlo visto a casa sua spartirsi il bottino con i tre fratelli Savi, quella stessa casa di Torriana usata per anni come base operativa e custodia del denaro delle azioni criminali.

Occhipinti aveva lasciato banda prima di azioni come la strage del Pilastro del gennaio 1991 dove tre giovani carabinieri furono uccisi a sangue freddo. Però tenne la bocca chiusa e continuò a vestire la divisa, anche quando le indagini sulla terrificante serie di delitti seguivano piste dimostratesi poi del tutto infondate. Anche in occasione della rapina di Casalecchio gli investigatori avevano pensato a tutt’altro che a una scheggia impazzita operante all’interno delle forze dell’ordine: l’ipotesi fu che a colpire fosse stata una batteria di rapinatori siciliani.

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