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Bamboccioni o “luloni”? Rimini svetta nella classifiche dei giovani in famiglia

Il rapporto Istat 2016 sulla condizione giovanile conferma la tradizione tutta italiana in base alla quale numerosi giovani continuano a vivere in famiglia fino ai trent’anni ed oltre.

In base al report infatti, il 62,5% dei ragazzi tra i 15 e i 34 anni vive ancora con mamma e babbo.
Più “intraprendenti” le ragazze, la cui percentuale, nella stessa fascia di età, scende al 54,7%.
A spingere le giovani donne italiane a lasciare la casa di famiglia non è più il matrimonio, come avveniva nei decenni precedenti, ma lo studio.

Guardando i dati relativi agli sposalizi, difficile avere dubbi: nel 2015 ci sono 41mila spose in meno tra i 18 e i 30 anni, mentre l’età media in cui si compie il grande passo è sempre più alta: 34,3 anni per gli uomini, 31,3 per le donne.

Questi sono i numeri nazionali.

Ma Rimini?

Iniziamo col dire quanti sono coloro che hanno un’ età tra 15-35 anni.
Ebbene nella provincia di Rimini sono 68.389 pari al 20,29% di tutta la popolazione.
Di questi 9537 sono coniugati, 208 divorziati, 19 vedovi.
Nel 2012 erano 12279 i coniugati e 227 i divorziati.

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Poi vi sono le coppie conviventi e i giovani che vivono da soli.
In provincia di Rimini ci sono (stime Istat) 8900 coppie conviventi fino a 35 anni e 4016 giovani che vivono da soli.

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Come si nota in provincia di Rimini vi è una percentuale di giovani che vivono in famiglia di circa 4 punti più alta rispetto media nazionale.

Altre pillole statistiche sulle giovani famiglie arrivano proprio oggi dalla Regione Emilia Romagna, che  ha appena pubblicato la ricerca “I bambini, le famiglie e la partecipazione ai servizi per l’infanzia”, prodotto nell’ambito del progetto di ricerca “Povertà e politiche sociali in Emilia-Romagna”, svolto in collaborazione tra il Centro di Analisi delle Politiche Pubbliche (CAPP) dell’Università di Modena e Reggio Emilia e l’Assessorato regionale al Welfare.

Da questi dati emerge che in una Regione caratterizzata per un elevato livello di partecipazione ai servizi per la prima infanzia (29% nel 2015), Rimini è il fanalino di coda (assieme a Piacenza): da noi la percentuale di chi ha bambini (0-3 anni) nei nidi è solo del 20%. 

In tutta la Regione si registra comunque un pesante calo del numero di iscritti nei nidi: -9,2% tra il 2011 e il 2015. Il che va sommato all’aumento di rinunce e ritiri nel corso dell’anno.

Fra le cause del calo individuate dalla ricerca, “la difficoltà delle famiglie nel sostenere il peso delle rette, servizi che non sempre si adattano pienamente ad una società in profonda evoluzione che richiederebbe un servizio sempre più personalizzato, il tasso di disoccupazione femminile che ha subito un aumento negli anni della crisi (dal 3,9% del 2007 al 9,1% del 2015) e all’aumento in regione dei bambini stranieri in età 0-3 anni”. Per molteplici ragioni (reddito prima di tutto, ma anche differenze alimentari e diffidenze culturali) gli stranieri utilizzano di meno i servizi per l’infanzia. 

“La condizione socio-demografica dei bambini di età 0-5 in Italia e in Emilia-Romagna: ieri, oggi e domani” è invece il titolo della ricerca curata da Gianpiero Dalla Zuanna e Silvia Meggiolaro del Dipartimento di Scienze Statistiche dell’Università di Padova. In questo lavoro si scopre che “nella nostra regione le madri giovani con meno di 25 anni sono passate dal 38% del 1979 al 10% del 2014, mentre quelle con più di 34 anni, nello stesso arco di tempo, sono passate dal 10 al 33%. Anche i padri con meno di trent’anni sono rapidamente diminuiti (dal 46 al 16%) mentre i padri ultraquarantenni sono rapidamente aumentati (dal 9 al 24%)”.

Anche chi bamboccione non è più, continua però a rivolgersi ai genitori. Infatti: “Più di metà dei genitori italiani ed emiliano-romagnoli – prosegue la ricerca – affermano di affidare normalmente i loro figli ai nonni non conviventi, dieci volte di più rispetto a quanti affermano di fare uso ordinariamente di baby-sitter retribuite”.

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