Raffaella Sensoli, consigliera regionale del Movimento 5 Stelle, attacca ha presentato una interrogazione “sulla situazione dei contratti di lavoro autonomo camuffati da lavoro subordinato all’interno delle strutture del servizio sanitario.
“Solo nell’ultimo anno sono addirittura 9 gli avvisi pubblici dell’AUSL Romagna che riguardano l’instaurazione di rapporti di lavoro autonomo che riguardano medici – spiega Raffaella Sensoli – Tutti o quasi riguardano la ricerca di personale da inserire nei Pronto soccorso, ormai da tempo in deficit di personale e alla prese con attese spasmodiche per gli utenti. Una possibilità, è totalmente scomparsa l’assunzione nelle forme ordinarie, quella di ricorrere ai medici a partita IVA, prevista da un decreto del 2001 ma che di fatto rappresenta un vantaggio solo per l’AUSL. Questi medici, infatti, lavorano con gli stessi doveri dei colleghi assunti a tempo determinato o indeterminato ma a fine mese emettono una fattura e pagano più contributi. Rapporti di lavoro che, come hanno richiesto anche molte associazioni, dovrebbero essere vietati all’interno del servizio sanitario nazionale perché svilenti della professionalità del medico e non in grado di tutelare i più elementari diritti del lavoratore, come per esempio la malattia o la gravidanza”.
Nella sua interrogazione la consigliera regionale del MoVimento 5 Stelle chiede alla Giunta, “di effettuare una ricognizione per capire quanti medici a partita IVA lavorano nelle strutture sanitarie regionali, con particolare riferimento a quelle dell’AUSL Romagna”.
“Nonostante i proclami del Presidente della Regione che annuncia periodicamente assunzioni considerevoli di medici a tempo indeterminato, nella pratica tardano ad essere stabilizzati i tanti medici che a vario titolo contrattuale hanno e tuttora svolgono attività nelle strutture sanitarie pubbliche regionali – conclude Raffaella Sensoli – Stabilizzazioni che dovrebbero riguardare anche i medici che lavorano con partita IVA e soprattutto bisogna puntare all’instaurazione di rapporti di lavoro stabili e che diano garanzia di continuità assistenziale, che creino un rapporto fiduciario tra strutture sanitarie e cittadini. Non si può pensare di mandare avanti la sanità pubblica con personale precario ed autonomi”.