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Augusto Farneti, Il Velocifero: da ferro vecchio a gioielli della meccanica

Il rito del caffè è sacro, ho bisogno di prenderne almeno uno per carburare e, come ogni mattina mi fermo al Caffè Teatro, in piazza Cavour. Lì lo fanno buono o almeno così pare a me.

Appena seduto al tavolo, ho sentito un “rumore” assordante provenire dal lato opposto della piazza dove, avevo già visto, erano state messe in bella mostra qualche decina di moto e sidecar d’epoca. Una di queste è stata accesa e il proprietario “sgasava” a manetta, facendo “tremare” i muri. Un canto – direbbe qualcuno – di quelli che da tempo non sentivo. E così mi sono avvicinato e ho fatto qualche foto. In particolare sono rimasto a guardarne una, collocata sul gazebo de “Il Velocifero” (così si chiama l’associazione dei proprietari di moto d’epoca che ha organizzato l’evento). Di fianco una scritta “Ciao Presidente, sarai sempre con noi” e un’immagine, quella di Augusto Farneti, il “Professore”.

Vedere quella scritta e la sua immagine (è morto nel maggio del 2014, quasi tre anni fa, stroncato da un infarto), mi ha riportato indietro di qualche anno. Precisamente nei primi anni ’70, quando frequentavo l’Istituto Tecnico Industriale. Una delle materie a me più ostiche era “aggiustaggio”. Si doveva – lavorando con varie lime – ridurre un parallelepipedo di ferro fino a farne un martello, impresa per me assai difficile, tant’è che sono stato rimandato a settembre, così, spesso andavo a fare pratica fuori orario, e incontravo il Professore.

Farneti non era il mio insegnante, io facevo il corso di elettrotecnica e lui insegnava in quello di meccanica, ma ogni volta che scendevo in laboratorio lo trovavo a “spataccare” con qualche motore o a aggiustare qualche moto vecchia. Di solito si occupava del suo hobby – a scuola – nel pomeriggio, avendo impegnato il mattino nelle lezioni. E ho un’immagine precisa, il professore che si puliva le mani con uno straccio; se le puliva dal grasso o dalla nafta usata per lavorare sui motori.

Immancabilmente, finita l’operazione, metteva lo straccio sulla spalla, come facevano i camerieri di una volta. Mi fermavo spesso a parlare con lui e, essendo curioso, gli facevo le domande più disparate. Ed era sempre disponibile a raccontare. E mi parlava di calibri, di lavoro al tornio (fresava qualche pezzo mancante). E sapeva tutto di quel “ferro vecchio” che , quasi per magia, diventava un gioiello perfettamente funzionante dopo che ci aveva messo le mani. Norton, Indian, Guzzi, Gilera, Harley, le conosceva tutte. Poi, finita la scuola, siamo rimasti amici.

A lui è dedicata la manifestazione di oggi, per festeggiare il 40° anno dello Sport Club “Il Velocifero” che il Professore aveva fondato assieme ad altri appassionati di moto d’epoca. E’ un modo per ricordarlo.

In piazza Cavour sono esposti una quarantina di esemplari di moto d’epoca d’interesse storico e collezionistico costruite tra gli anni ’20 gli anni ’60, per raccontare la storia del motorismo. Domenica mattina, dopo il saluto alla città, partenza delle moto per un giro turistico.

Il “Velocifero” ha avuto risonanza anche oltre confine, ricevendo plausi e riconoscimenti a livello mondiale e sembra che questa posizione gli sia congeniale ancor oggi.

http://archivio.chiamamicitta.it/buon-compleanno-velocifero-sport-club/

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