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Assassin’s Creed: meglio curare la violenza o eliminare i violenti?

Basato sull’omonimo videogame della Ubisoft, che è anche produttrice della pellicola, il film è costituito da una nuova storia, ambientata però nello stesso universo della serie originale: il condannato a morte Callum Lynch (Michael Fassbender) viene costretto dall’Abstergo (Fondazione dedicata al perfezionamento della specie umana) a rivivere i ricordi di un suo antenato vissuto al tempo dell’Inquisizione Spagnola, Aguilar de Nerha – interpretato dallo stesso attore.

Lo scopo di questo viaggio all’indietro nel tempo, possibile solo fra consanguinei, è quello di rintracciare la Mela dell’Eden, oggetto del millenario conflitto tra le società segrete degli Assassini e dei Templari. La Mela contiene la codificazione del libero arbitrio, e una volta in mano ai Templari verrebbe utilizzata per estirpare ogni eresia dalla faccia della Terra.

Devo ammettere che non avrei mai visto questo film se non fosse stato per l’insistenza di un mio amico, e per quello spiraglio di curiosità che suscitava in me: la curiosità di scoprire come un videogioco possa essere adattato al grande schermo, quando invece avviene quasi sempre il contrario. Quello dei videogame non è certo il mio mondo, eppure ho voluto provare. Inizialmente ero caduto nel pregiudizio, tipicamente “umanistico”, di snobbare quello che troppo spesso appare ai miei occhi come “il mondo dei nerd”; un’etichetta piuttosto semplicistica e aprioristica, è vero, ma che stavolta sono riuscito finalmente a superare.

Le trame di alcune serie videoludiche infatti – in realtà lo sapevo già, ma non volevo ammetterlo – non hanno nulla da invidiare alle saghe più celebri della letteratura. Come accade con i libri, però, ciò non vuol dire necessariamente che la versione cinematografica sia all’altezza dell’originale, e Assassin’s Creed ne è l’ennesima conferma. Al di là del fallimento di incassi a fronte di un importante budget di 125 milioni di dollari, e del giudizio fortemente negativo della critica, il film resta comunque, a mio avviso, un interessante esperimento.

Un esperimento, esatto, proprio come quello che muove l’intera macchina narrativa: trovare il modo di estirpare la violenza negli uomini, vera e propria protagonista del film. Un intento che mi ha fatto subito ripensare ai romanzi sperimentali di Émile Zola, e all’errore più grave che uno scrittore possa fare: illudersi di poter applicare metodi scientifici alle proprie opere, le proprie idee, e alla propria visione delle cose; lo stesso errore che commetteranno la scienziata-templare Sophia (Marion Cotillard) e suo padre Alan Rikkin (Jeremy Irons), amministratore della fondazione Abstergo, nei confronti di Callum.

Il film lascia lo spettatore con questo interrogativo: è meglio cercare di curare la violenza o eliminare direttamente i violenti? È meglio spendere le proprie energie in una guarigione difficile e dolorosa o evitare ogni problema lasciando morire l’ammalato?

Una domanda che ritengo molto attuale e trasversale per la nostra società, caratterizzata dalla mentalità del “tutto e subito”.

Assassin's Creed

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