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Asa nisi masa: ma cosa voleva nascondere Fellini?

“Asa nisi masa”: questa la formula magica che appare a un certo punto in 8½, di Federico Fellini. Le migliori menti critiche si sono esercitate a distillarne un qualche significato recondito. Ma lui, il Maestro, si è sempre guardato bene dall’agevolare gli esegeti. Secondo l’interpretazione più affermata, si tratterebbe di un termine criptato con alfabeto “serpentino”, cioè un semplicissimo codice cifrato dove ad ogni lettera si aggiunge una sillaba. In questo caso la parola in questione sarebbe “anima”: a-sa, ni-si, ma-sa. Anima intesa non tanto, o non solo, in senso teologico, ma piuttosto in quello psicanalitico. “Un concetto chiave nel lavoro dello psicoterapeuta svizzero Carl Jung (a cui Fellini era affezionato), dove “anima” è il termine per l’aspetto femminile della personalità in uomini, un tema comune a Fellini”. (Wikipedia).

Sarà. L’anima va sempre bene. E il gioco “serpentino” pare documentato. Resta il fatto che al cospetto di tanta scienza nel conterraneo del grande regista monta un sorriso. Il riminese, intanto sa bene della “patacaggine”, quale modo di essere e bussola del fare, che il grande Federico ha sempre coltivato, nonchè rivedicato; e con maggiore orgoglio delle sue sussurrate frequentazioni junghiane. E niente di più “pataca” che inventarsi una formula senza senso lasciando i “forestieri” a stremarsi nel cavarci qualcosa.

Ma soprattutto, il romagnolo del sud in quel magico nonsense avverte subito qualcosa di familiare. E non gli appare un caso che la formuletta scritta sulla lavagna introduca una nelle nostalgie più struggenti del film. Quella del burdlìn che corre a nascondersi sotto il tavolo, dei bambini che scompaiono nel tino pestando felicemente l’uva. E finalmente, nel tepore delle coltri, la bambina svela il rituale per far muovere gli occhi all’arcigno ritratto di un quadro; sguardo che serve per trovare un tesoro nascosto. Scene dove tutti parlano in dialetto. Quello vero e stretto della campagna riminese, non il romagnolo di maniera che si ascolta per esempio in Amarcord.

Nei dialetti di Rimini e di Cesena quel “masa”esiste. Forse riemerso proprio durante un gioco linguistico, ma certo su misura per essere incastonato in un abracadabra che non significa niente, ma vuole nascondere qualcosa. Masè vuol dire infatti nascondere; masa! è il suo imperativo. E Fellini non poteva scegliere una parola più incomprensibile fuori da questi stretti confini, perchè solo a Rimini e Cesena “nascondere” si dice in questo modo.

La stessa Giulietta Masina, bolognese, prima di Federico avrà ignorato quanto potesse suonare vezzeggiativo il suo cognome. Nel resto dell’Emilia-Romagna c’è l’arpònder di Ravenna, ci sono ardupèr, arpiatèr, perfino gornär. Dall’altra parte, a Saludecio già si dice “arpiatè”. Niente di lontanamente simile al “masàre” che ogni tanto scappa al riminese anche quando parla in italiano.

Così come nei dialetti “gallo-romanzi” del nord, dei quali riminese e cesenate fanno pur parte: pciacà, pciacà, pciacugnà, piacà, piacàr, scond, scondì, in Lombardia; stermé, sconde, nasconden in Piemonte; scòndar, scondèr in Veneto. Meno che mai nel centro Italia si sente qualcosa del genere: niscònd a Senigallia e piattà nel resto delle Marche, inguattare in vernacolo toscano, anniscònnè in Umbria, nabbuscà nel Lazio. Non aiuta nemmeno il padre latino: celare, abscondere, occulare, abdere, cooperire, defodere, tegere, ma di “masare” nemmeno l’ombra. 

Allora dove siamo andati a prendercela questa parola? Secondo gli etimologi, dal francese antico musser. L’Accademia di Francia ci informa che tale verbo è documentato in testi scritti almeno dall’XII secolo; “Et dessous une aumusse, l’ambition, l’amour, l’avarice se musse”, satireggia l’abate Reignier alla fine del ‘500: “E sotto un’almuzia (paramento sacro), l’ambizione, l’amore e l’avarizia si nascondono”. Appare in Borgogna con meussai, “sdraiarsi, tacere”; in Piccardia con la pronuncia mucher ; fra i Valloni con moltoî; in Puisaye, fra Borgogna e Franca Contea, si dice musser per “scivolare fuori” per esempio da un piccolo foro. Nella svizzera Coira misiar significa “fuga”. A sua volta, musser avrebbe a che fare con i germanici muchen, musken, “agire in modo nascosto”, o l’antico tedesco sich meuzen, “ritirarsi nell’oscurità”. Però l’etimologia è individuata nella radice gallica * muk- divenuto mucier e poi musser.

Fuori dalla Francia, è la stessa Académie a individuare nel siciliano ammuciari una delle filiazioni di quel mucier. Ma in realtà la progenie è molto più vasta e comprende anche il calabrese mmucciari, il lucano ammuccià, il pugliese (del Gargano) ammuccé. Parrebbero residui delle presenze normanne e angioina nel Mezzogiorno, durate con alterne vicende dal Mille a metà Quattrocento.

Ma che c’entrano Rimini e Cesena? I Normanni e gli Angiò non vi hanno mai messo piede. Come mai ci si “masa” solo qui? Verrebbe da pensare che questo scoglio linguistico sia molto più antico di quello meridionale. O almeno, se è corretta l’ipotesi di quella radice celtica per mucier. I dialetti italiani del centro-nord sono classificati “gallo-romanzi” proprio perchè discendono dal latino come lo parlavano i Celti, gli abitanti della Gallia Cisalpina, dalle Alpi a Senigallia a nord degli Appennini, dal V secolo prima di Cristo in poi. In questi dialetti qua e là è rimasta qualche parola celtica che non trova corrispondenze nel latino. A Rimini e Cesena uno di questi fossili sembra essere baghìn, che in un’area poco più grande di quella del masè designa ostinatamente il maiale, sebbene nel resto d’Italia tutte le parlate dialettali prendano il loro vocabolo dal latino porcus. Qui la radice celtica sarebbe * bak- e dalla parte opposta dell’Europa avrebbe dato origine all’inglese bacon.

Allora forse i nostri antenati discendenti dei Galli Senoni, oltre a onorare in massimo grado il suino, anche per il nascondersi, e per farlo proprio bene, hanno preferito tenersi la loro parola ancestrale, divenuta incomprensibile a tutti gli altri.

Intanto, con la sua aura di mistero, ASA NISI MASA continua a farsi strada nel mondo. Sempre Wilkipedia: “La Rete Europea del Cinema Giovane NISI MASA prende il nome da questa frase.  La band jazz-metal norvegese Shining ha un brano “Asa Nisi Masa” nel suo album del 2007 “Grindstone”. La band punk-cabaret americana Nervous Cabaret ha anche una traccia “Asa Nisi Masa”, nel suo album omonimo del 2005. La band americana Typhoon usa “asa nisi masa” come testo nel suo album del 2018 “Offerings”. Il gruppo freejazz polacco Silberman Quartet ha pubblicato il suo primo album completo intitolato Asanisimasa”. Lo storico riminese Stefano Pivato, già rettore dell’Università di Urbino e assessore alla cultura della sua città, utlizza come mail privata l’account asanisimasa@.

Stefano Cicchetti

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