Per anni ha assunto centinaia di identità diverse, grazie ad alcuni complici molto esperti nel falsificare documenti e certificati in carta intesta di vari enti. Così facendo, sfruttava la disperazione delle persone e, presentandosi ogni volta con un’identità diversa, riusciva a ottenere, senza tanti problemi, cifre miliardarie (in lire) dalle banche. La carriera da truffatore di Stefano Ramunni, però, non si è certo fermata con il carcere, in seguito all’arresto avvenuto all’inizio degli anni Duemila: a scoprirlo è stato Giulio Golia, inviato de Le Iene, che aveva raccolto la testimonianza di alcune vittime raggirate negli ultimi tempi.
L’uomo, pugliese, era infatti stato scarcerato nel 2016, ma a detta anche del suo ex legale e dei suoi ex complici, neanche dietro le sbarre aveva perso il vizio della truffa: fingendosi un avvocato, si era fatto girare cifre importanti dagli altri detenuti con la promessa di farli uscire prima, mentre i complici intascavano le varie cifre. Alla fine, scoperta la truffa, l’uomo fu trasferito dopo essere stato minacciato di morte dai compagni di cella. L’ex avvocato ha poi raccontato: «Truffava e rubava le identità di tutti, ha truffato anche me. Anch’io, come tanti, ho scoperto che molte operazioni finanziarie e bancarie avvenivano a mio nome, ovviamente del tutto a mia insaputa».
Aveva tre cause pendenti anche presso il tribunale di Rimini. Ultimamente viveva a Pesaro. Accudiva, come badante, una persona anziana e, secondo l’ignara famiglia, aveva pure modi e comportamenti ineccepibili. «Mai avuto sospetti» hanno detto. Il nonno si era addirittura messo a piangere dopo la scomparsa repentina, senza avviso, di quell’uomo. In realtà per il pugliese Stefano Ramunni, alias Claudio La Motta da Torino (così lo conoscevano a Pesaro), fare il badante era solo una copertura in attesa di progettare il prossimo raggiro, attraverso il suo abituale modus operandi: il molteplice furto d’identità.
Infatti usava metodi sempre diversi, mirati ad ottenere dalla banche ingenti quantità di denaro a scapito dei malcapitati di cui aveva assunto l’identità. Ce n’è voluto per risalire all’identità di Ramunni, che si faceva chiamare ogni volta in modo diverso. Giulio Golia (l’inviato delle Iene) alla fine ha scoperto che il truffatore era figlio di una donna, Irene, proveniente da una famiglia nobile, che era rimasta incinta di un monsignore e che era stata diseredata per il disonore. Dopo un anno, Ramunni assunse il cognome della madre, mentre la donna lo cresceva nonostante i terribili problemi di alcolismo. Chi lo conosce da tempo spiega: «È sempre stato una persona disonesta, pronto a truffare il prossimo.
Alla fine, la carriera criminale di Ramunni ha dovuto subire un nuovo stop: è stato arrestato mentre, a bordo di un’auto con il lampeggiante, si spacciava per un funzionario del Vaticano, con tanto di falso documento di identità. In suo possesso ne sono stati trovati molti altri, tutti con nomi diversi ma sempre col suo volto: alcuni di questi, addirittura, erano di istituzioni o enti statali, come l’Agenzia delle Entrate. Ora è detenuto nel carcere di Treviso